Il peso politico della Chiesa
(Attualità e storia)EAN 9788821562006
Francesco D’Agostino è ordinario di Filosofia del Diritto presso l’Università di Roma Tor Vergata; Giulio Giorello è ordinario di Filosofia della Scienza presso l’Università degli Studi di Milano. L’opera si apre con una breve prefazione dell’Editore, il quale si premura di specificare che l’intuizione che ha portato alla realizzazione del volume prende spunto da un passaggio del discorso di Benedetto XVI in occasione del Convegno ecclesiale nazionale a Verona nel 2006, quando il Pontefice ebbe modo di affermare che “la Chiesa non è un soggetto politico”, rimandando all’emergere di questioni etiche presso settori sempre più vasti dell’opinione pubblica ha determinato il ritorno di interesse per la dimensione pubblica della religione in generale e della Chiesa cattolica in particolare In questa ottica, Il peso politico della Chiesa pone a confronto due posizioni teoreticamente distanti e Francesco D’Agostino e Giulio Giorello sviluppano i propri ragionamenti senza pretese di esaustività, ma allo stesso tempo in maniera rispettivamente organica e consequenziale.
Nel primo dei due contributi, è Francesco D’Agostino a tracciare le linee di una “politica per i cristiani”. Nell’agone etico delle diverse intenzionalità, «la nostra identità si costruisce sempre grazie al medium della relazionalità, cioè con gli altri e attraverso gli altri, secondo dinamiche di estrema complessità». In questo senso, la politica è una necessità naturale che non gestisce, ma costruisce l’esperienza sociale, consentendo alla ‘datità’ naturale di esplicitare tutte le proprie potenzialità. Ricordando che in quanto necessario, ma non spontaneo, l’ordine politico ha bisogno di un reggitore, l’autore sostiene che la fragilità della vocazione politica è sempre esposta alla tentazione del male, e che solo la preghiera per le autorità abbia in effetti la forza di desacralizzare il potere. La preghiera laicizza il potere e afferma la libera autonomia della persona al servizio del bene comune. Il potere isola e crea fratture nell’affermare la misura del bene e del male; al contrario, la fede risemantizza il potere e lo orienta al servizio. In tal senso, la Chiesa non è portatrice di un potenziale bene oggettivante con forza uniformatrice, ma di un’illimitata possibilità relazionale, sempre nuova, attraverso la quale valorizzare la persona.
Francesco D’Agostino pone poi l’accento sui rischi di una politica eticamente neutrale e meramente procedurale, e con toni senza dubbio decisi, l’autore ammonisce quei cristiani «che cedono spesso alla tentazione di trasformarsi, contro ogni loro migliore intenzione, in pallidi, attardati e un po’ passivi apologeti della democrazia procedurale». Il cristiano deve fare costante riferimento al bene umano inesauribile, che per Francesco D’Agostino assume connotati di oggettività, e «solo chi assume esplicitamente o implicitamente questo principio, giunge a comprendere la specificità del dialogo politico, come dialogo volto al bene della comunità e a suo modo “infinito”, cioè storicamente aperto e costantemente chiamato a rinnovarsi». Il secondo contributo, decisamente più breve del primo, è affidato a Giulio Giorello e ha come titolo “Antipolitica per donne e uomini liberi”. L’autore si rifà alla tradizione utilitaristica, affermando che le regole e le norme di una data società traggono significato e valore dalla loro utilità, dal momento che «non c’è nessuna garanzia epistemologica di un fondamento di una pratica o di una istituzione in una qualche tradizione».
In un contesto di complessità e pluralismo, l’autore guarda con preoccupazione all’affermazione di visioni del mondo che abbiano a proprio fondamento una precisa idea di bene e che si strutturano in pratiche e istituzioni. Tracciando un percorso che dal rifiuto dell’infallibilità passa alla tolleranza, l’autore sostiene che la vera linea di demarcazione che dalla tolleranza permetta il salto verso il dialogo va tracciata non tra chi crede e chi non crede, ma tra chi crede o non crede ispirandosi ai principi di tolleranza e chi crede o non crede assumendo una presupposizione di infallibilità. «Va benissimo –scrive Giulio Girello– che fiorisca qualsiasi tipo di “speranza”, ovvero che per il bene del prossimo sia formulata qualsiasi proposta, ma che la proposta non diventi un’imposta». Le argomentazioni di Giulio Giorello, che vogliono essere una disamina ad ampio spettro sul principio di libertà, non toccano direttamente la prospettiva cristiana, ma si limitano a descrivere quello che per l’autore è un rischio insito in difese ideologiche attive e passive di particolari scelte di vita.
Tratto dalla rivista Apollinaris n. 3-4/2009
(http://www.pul.it)
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