Il profeta di Nomadelfia. Don Zeno Saltini
(Tempi e figure)EAN 9788821561283
Da Remo Rinaldi già è stato studiato don Zeno Saltini, sia sotto il profilo del movimento da lui nato, sia sotto l’aspetto biografico. Basti pensare alle opere: I movimenti popolari politici di don Zeno Saltini… (2002); e Storia di don Zeno e Nomadelfia (2 voll., 2003). Ora con questo lavoro, che non indulge certo alla agiografia, né alla adulazione di uno dei più discussi «profeti» del XX secolo, con aderenza storica narra la vicenda sofferta di Nomadelfia fin dalla sua origine, all’indomani del secondo conflitto mondiale.
Don Zeno Saltini (1900-1981) proviene da una famiglia di solida tradizione ecclesiale, che si era calata nel suo temperamento esuberante portato ad una radicalità incondizionata. In particolare per l’inclinazione a concepire l’adesione personale a Gesú Cristo come un imperativo categorico assoluto che sospinge l’uomo ad abbracciare la parola evangelica «sine glossa». E del Vangelo s’infervorava a praticare il cuore del comandamento nuovo: Amare Dio soprattutto e il prossimo come se stesso. Don Zeno Saltini dava l’avvio a Nomadelfia per creare, dopo due millenni di cristianesimo «un popolo nuovo, comunitario, fondato sui principi naturali e soprannaturali dell’universale, fraterna solidarietà umana». In questo orizzonte, padre David Maria Turoldo e altri suoi confratelli lo aiutarono in tutti i modi. La crisi economica che investì l’istituzione lo costrinse a chiudere l’esperienza di avanguardia, coraggiosa e ardita, fondata sulla prospettiva di una civiltà dell’amore, il cui paradigma ispiratore era costituito dal principio della fraternità universale contro ogni regime marxista e liberale. Egli non si accodò mai a nessuna regime di potere, per mantenere la libertà evangelica intorno a Nomadelfia, nella fedeltà alla chiesa.
Ottenuto per grazia la riduzione allo stato laicale, la sua opera fu salvata dall’intervento generoso della benemerita Albertoni Pirelli Maria Giovanna, donna che non lesinò aiuti per trovare una nuova sede a Nomadelfia. In quella circostanza don Zeno scriveva al card. Alfredo Ottaviani: «Ho visto cose che lei non ha visto, ho provato nelle mie carni lacerate ciò che lei non ha provato, sono un rudere che di fatto non appartiene più allo stato clericale, ma un rudere, sebbene sacerdote in eterno, pugnalato dai miei Padri».
Da don Zeno interpellato, mons. G.B. Montini dalla Segreteria di Stato rispondeva, quando tutti gli esponenti di rilievo tacevano: «Il bene, se veramente orientato da spirito cristiano, non dovremmo mai compierlo con spirito amaro e arrogante». La perseverante determinazione e la fede assoluta in Dio, alla chiesa- verso cui fu fedele e libero- infine, s’imposero. Fu riammesso allo stato clericale, e la sua opera poté riprendere il suo cammino, quale testimonianza di una comunità che riconosce nel vangelo la sua costituzione per l’esperienza della vita.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2009, nr. 1
(http://www.fttr.it/web/studiapatavina)
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Vito Lonigro il 21 novembre 2012 alle 18:37 ha scritto:
il volume presenta l'emozionante vicenda terrena di don Zeno, che ha fatto della prima comunità cristiana, il modello possibile di una città reale fatta di uomini e donne che vivono insieme nella concordia.