Giusto 51 anni fa, nel febbraio 1957, Mao Tze Tung emise il famoso proclama «che cento fiori sboccino e cento scuole di pensiero si contendano», un apparente inno alla libertà di pensiero che invitava tutti gli studenti ad esprimere critiche costruttive nei confronti del regime comunista. In realtà si trattava di una trappola: infatti tutti coloro che liberamente espressero una qualsiasi osservazione all’operato di Mao vennero bollati come “elementi di destra” o “controrivoluzionari” e condannati ai lavori forzati.
Il giovane Harry Wu, inizialmente entusiasta del nuovo corso dato da Mao alla Cina del primo dopoguerra e intimamente convinto della necessità di eliminare la povertà cronica delle masse popolari cinesi, si rende presto conto che la felicità prospettata dal Partito Comunista Cinese è null’altro che un’utopia che diminuirà le differenze di classe solo impoverendo tutti, non certo migliorando le condizioni dei più disagiati. Mentre le riforme di Mao provocano una carestia che ucciderà 40 milioni di cinesi, Harry Wu passa di umiliazione in umiliazione: le estenuanti sedute di autocritica, le deliranti accuse (compresa quella di aver allenato la squadra di baseball universitaria “in senso capitalista”), l’obbligo a rinnegare i genitori (il padre era funzionario di banca), fino alla condanna a tempo indeterminato ai lavori forzati.
Il volume racconta dettagliatamente le vicissitudini del protagonista nei campi di lavoro (i famigerati, ma non abbastanza conosciuti in Occidente Laogai), la continua discesa nei gironi infernali dell’abiezione, con la fede in Cristo quale unica speranza di salvezza, mentre gli aguzzini cercano di creare l’uomo nuovo comunista: un essere puramente materiale, senza alcun desiderio oltre a quello di nutrirsi e sopravvivere, a qualunque costo. Nulla di più lontano dal paradiso in terra promesso dalla propaganda di Mao, ma anche nulla di più lontano dall’uomo socialmente impegnato che il comunismo sognava: gli schiavi dei Laogai pensano solo a se stessi, alla propria sopravvivenza, senza alcuna prospettiva né temporale né sociale. Sono regrediti allo stato bestiale, pronte ad inseguire i topi per depredarli del cibo da essi nascosto nelle loro tane.
Quando si arriva alla Rivoluzione Culturale (1966) la situazione non fa che peggiorare: l’arrivo di giovani infatuati che scaricano la propria furia rivoluzionaria su genitori ed insegnanti, umiliandoli pubblicamente, se non addirittura deportandoli ed uccidendoli, non avrebbe aiutato le masse impoverite, né convinto gli intellettuali “reazionari”. La Rivoluzione Culturale fu un susseguirsi di slogan vuoti che istigavano alla violenza ed alla delazione. E per Harry Wu, trasferito a Pechino ed a un passo dal riacquistare la libertà, significò tornare ai lavori forzati. Nemmeno al morte di Mao (1976) comportò alcun sensibile miglioramento: anzi, i prigionieri evitavano addirittura di chiedere notizie della scomparsa del Presidente cinese, perché avrebbero potuto essere accusati di esserne ansiosi o di far parte della “Banda dei Quattro”, anch’essa “controrivoluzionaria”, naturalmente.
Passano vent’anni prima che il protagonista riacquisti la sua libertà, poi altri quattro prima che gli venga concesso un passaporto. Riuscito a trasferirsi negli Stati Uniti, non dimenticherà la propria terra e diventerà uno dei principali testimoni della tragedia nascosta dei Laogai, un crimine che avvantaggia non solo la Cina capital-comunista, ma anche molti Paesi occidentali che approfittano della forza lavorativa praticamente gratuita (ovviamente: si tratta di schiavi) per importare le merci a basso costo.
Tratto dalla rivista Radici Cristiane n. 33 - Aprile 2009
L'autore di questo libro ha trascorso 19 anni della sua vita in uno dei mille laogai, i campi di concentramento cinesi ancora in funzione, e attualmente è il Presidente della Fondazione Laogai, una onlus che anche in Italia cerca di sensibilizzare l'opinione pubblica sulla drammatica situazione di milioni di detenuti costretti a vivere nei gulag della Cina comunista. Queste pagine raccontano la sua vita da prigioniero iniziata con l'arresto nel 1960 e terminata nel 1979, quando comincia la sua testimonianza contro il sistema comunista cinese.
Tratto da Il Timone n. 73 - anno 2008
(http://www.iltimone.org)