Il sesto volume dell’Epistolario di san Giovanni Bosco contiene 422 lettere (di cui 117 inedite) scritte nel biennio 1878-1879. Esse documentano l’attività di don Bosco su vari fronti, insieme all’espansione della sua opera in Italia, Francia, Argentina e Uruguay. “Con le quattro lettere disponibili mediamente per settimana – scrive Francesco Motto – si comprende come sia facile seguire don Bosco passo passo nei suoi impegni giornalieri, nei suoi interessi quotidiani, nei suoi viaggi in Italia e Francia, nelle sue gioie e nei suoi dolori. Il biennio 1878-1879 per lui è ricco di eventi, tanto lieti quanto amari, ad iniziare dalle speranze e dalle tensioni successive alla scomparsa ai primi di febbraio del papa, amico, Pio IX” (p. 5).
Alcune caratteristiche appaiono in questo biennio rispetto agli anni precedenti: gli orizzonti sempre più vasti di don Bosco e la progressiva responsabilizzazione dei collaboratori, soprattutto di don Michele Rua, corrispondente privilegiato durante i viaggi fuori Torino.
Prevalgono tematiche relative al governo generale dell’Opera, all’animazione del personale salesiano, alle nuove fondazioni, alle difficoltà inerenti e alla ricerca costante di fondi.
Emergono due particolari situazioni: la prima legata alla salvaguardia delle scuole ginnasiali di Valdocco, chiuse momentaneamente per decreto governativo nel maggio 1878, la seconda dovuta all’aggravarsi del contenzioso coll’arcivescovo di Torino mons. Lorenzo Gastaldi. Sulla chiusura delle scuole dell’Oratorio don Bosco intraprende una fiera battaglia anche legale, ben documentata nelle corrispondenze, che si protrarrà fino al 1881 con esito positivo. L’intensificazione delle incomprensioni e dei reciproci irrigidimenti nelle relazioni tra Curia torinese e Direzione salesiana è dovuta a una serie di fatti emersi in questi anni, come la pubblicazione anonima di un libello anti-gastaldiano, la campagna di raccolta fondi per la costruzione della chiesa di San Giovanni Evangelista, l’ordinazione sacerdotale del conte Carlo Cays, le tensioni tra don Bonetti, cappellano dell’oratorio femminile Santa Teresa di Chieri, e il parroco locale. Tutte queste vicende rimbalzano a Roma e alimentano una fitta corrispondenza di indole apologetica ed esplicativa da parte di don Bosco.
Nonostante la prevalenza dei problemi amministrativi e gestionali, nelle lettere di don Bosco emergono spesso significativi tratti di spiritualità e indicazioni di indole ascetico-religiosa: “una spiritualità in azione” (p. 24). Spicca particolarmente la personalità di don Bosco, la sua abilità nel trattare gli affari. Soprattutto la sua visione e il suo carisma emergono in modo sempre più marcato e articolato.