Il rito di Gesù
-Temi di teologia sacramentaria
(Nuova biblioteca scienze religiose)EAN 9788821308543
Nell’Introduzione l’A. confessa serenamente: «Il volume non è una trattazione compiuta di sacramentaria e non ne ha l’ambizione» (p. 11): e tuttavia le 300 pagine si offrono come un testo da non confinare nei dopocena. Fin dal titolo l’A. ne indica la sensibilità nel costante riferimento cristologico, e alla conclusione regala nell’insieme (pur frammentato) una visione di cui il lettore interessato alla teologia sacramentaria può esprimergli motivata riconoscenza.
Lo studioso salesiano, docente presso la Sezione di Torino della Facoltà di Teologia dell’Università Pontificia Salesiana, riunisce in queste pagine sei contributi di notevole spessore. Solo gli ultimi due sono inediti e particolarmente densi: infatti il quinto e il sesto contributo, sull’Eucaristia e sul matrimonio, coprono una buona metà quantitativa e qualitativa del testo (cf. pp. 151- 304). Il secondo e il terzo, pure consistenti e impegnativi, appartengono piú alla sacramentaria fondamentale, come del resto il primo che si configura come omaggio al «maestro» milanese Giuseppe Colombo (Bozzolo ha conseguito il dottorato in teologia sistematica presso la Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale di Milano). Resta da segnalare il quarto contributo sul battesimo dei bambini, il piú lineare e simpaticamente leggibile perché piú vicino alla vita attraverso il tema policromo del «generare».
Va aggiunto, a livello di presentazione, un cenno alla fisionomia dell’A., mai solitario o presuntuoso: per prospettare con chiarezza e discrezione il proprio pensiero si lascia lanciare dagli autori di cui la sua riflessione si è nutrita negli anni giovanili di studio e di insegnamento, offrendo anche al lettore un ripasso tutt’altro che inutile. Mettendo in fila i sei contributi e ricamando per ciascuno un cenno riassuntivo, si può intuire il panorama globale della proposta: il teologo salesiano desidera far cogliere come nodo centrale del sacramento il reciproco riferimento tra l’antropologico e il teologico, la libertà dell’uomo e la verità di Dio. Dopo le pagine introduttive di presentazione, la ragione teologica e il sacramento cristiano nel pensiero di Giuseppe Colombo ricorda l’insistente richiesta di precisazione che il docente milanese rivolge alla teologia del Novecento a motivo della perdita della «centratura cristocentrica» del sacramento.
Il confronto critico si fa serrato con K. Rahner per l’ecclesiologia e con E. Schillebeeckx e L.-M. Chauvet per l’antropologia. La pars construens della proposta di G. Colombo per precisare la nozione di sacramento, come l’antico alunno la ricorda e la ripresenta, si incentra decisa sulla celebrazione eucaristica, di cui il settenario sacramentale si prospetta come irradiazione. Poi i due contributi di teologia sacramentaria fondamentale. In primo luogo una piú pertinente articolazione dell’evento fondatore e l’azione liturgica (momenti inseparabili e inconfondibili) impone per Bozzolo una rilettura attenta di autori come O. Casel e K. Rahner che restano comunque gli architetti della sacramentaria del Novecento: il primo per il raccordo tra azione liturgica e presenza misterica dell’evento, il secondo per il legame tra azione liturgica e universalità della grazia.
La loro proposta architettonica va criticamente completata dal versante evangelico da E. Jungel con le nozioni di «interruzione» e «agire rappresentativo», e sul versante cattolico da L.-M. Chauvet con «mediazione» e «ordine simbolico». Una ripresa conclusiva aggiunge le sollecitazioni dell’enciclica Fides et ratio per proseguire la riflessione su un raccordo che resta legame originario del cristianesimo. Anche l’ulteriore contributo, sotto il titolo La forma del rito e l’atto di fede, esige impegno particolare per riuscire a integrare il tema del rito sacramentale con quello della fede. Superando l’eredità agostiniana sulla nozione noetica del segno, l’A. preferisce indugiare sul rito che implica l’agire del soggetto e il suo coinvolgimento personale nel Mistero che si dona. Una prima parte del contributo offre una rassegna dei modelli assodati del rapporto tra fede e rito, iniziando dalla manualistica, attraversando il personalismo di Schillebeeckx e la teologia trascendentale di K. Rahner per fermarsi un po’ di piú sul modello innovativo della teologia post-moderna di Chauvet (cf. pp. 111-114).
Nella seconda parte, per illuminare e sciogliere il nodo teorico del rapporto fede-rito, l’A. si lascia ispirare dal biblista R. Beauchamp nell’ascolto del Nuovo Testamento, in particolare sul segno dei pani di Gv 6, segno che termina in Colui che i pani li dona. Gesú diventa il segno attraverso la propria morte e si consegna come pane per mezzo della passione. Su questa traccia Bozzolo approfondisce la struttura di significazione e accosta mediazione e immediatezza per far cogliere al lettore, pur con una certa difficoltà, che l’accesso al Mistero è per l’uomo sempre mediato dalla storia. Si stabilisce cosí una circolarità fra rito e atto di fede: il rito sacramentale ha un proprio compito di strutturazione della fede, diventa luogo eminente della manifestazione del Mistero; la fede è atto di decisione che invera il rito oltre ogni possibile ambiguità. Infine lo studioso salesiano conclude la splendida riflessione aggiungendo tre corollari completivi che trovano appoggio nella Scuola liturgica patavina di S. Giustina: si avvicina cosí alla antropologia culturale di A.N. Terrin per il quale «l’essenza del rito è ancora un capitolo aperto. Esso resta essenzialmente un enigma» (p. 130).
Come accennato, decisamente piú leggibile è la proposta dal titolo Nascere e ri-nascere. Sul battesimo dei bambini letto come invito a venire al mondo e venire a Dio: l’esperienza antropologica della nascita e dell’affidamento con l’iniziazione alla preghiera si apre all’evento cristologico del nascere da Dio. Cosí si chiarisce il senso profondo del nascere umano come «venire alla luce» partecipando alla pasqua del Risorto attraverso il battesimo cristiano. Un nodo centrale della teologia sacramentaria è da sempre il rapporto tra visibile e invisibile. Già per la chiesa patristica la forma del sacramento rende visibile, in quanto similitudo, typos, imago – la grazia invisibile che in esso si partecipa. Dopo il cambiamento germanico di paradigma che ha influito su Trento, oggi la fenomenologia offre nuove possibilità. In L’Eucaristia tra fenomenologia e tipologia Bozzolo presenta la riflessione di un noto fenomenologo francese, J.L. Marion, e di un piú che noto teologo bavarese, J. Ratzinger. Ambedue gli illustri pensatori si concentrano sulla manifestazione del Mistero divino come dono e sul carattere di accoglienza responsoriale assegnato all’uomo.
Usando una terminologia particolare per potersi esprimere e farsi comprendere, Marion restituisce il primato gnoseologico alla manifestazione dei fenomeni, additando nell’Eucaristia un «fenomeno saturo» che va rispettato e ricevuto cosí come si dà: una donazione di Gesú come kènosi fino all’abbandono. Chi lo riceve deve atteggiarsi da «adonato», cioè puro testimone dinanzi a un fenomeno unico e persino paradossale. J. Ratzinger, appoggiandosi alla teologia bonaventuriana fortemente innovativa nel configurare la rivelazione in senso evenemenziale, prospetta il simbolo liturgico come luogo di accesso ontologico al Mistero. I simboli rituali, sulla linea del memoriale biblico, non sono realtà autonome: rimandano a un evento storico passato che ci raggiunge oggi e rendono possibile una reale anticipazione del futuro escatologico. L’Eucaristia riletta sulla linea della rappresentanza/sostituzione, è luogo di condensazione della vicenda di Gesú conclusa nella morte in donazione «per molti».
La forma liturgica, celebrata come memoriale della donazione di Gesú, è realmente espressione dell’evento e chiave di accesso a esso: in un compenetrarsi tra antico e nuovo diventa unica actio di Cristo e della chiesa; la rappresentanza vicaria diventa realtà. In una decina di pagine conclusive Bozzolo offre una ripresa teorica dei due pensatori sulla donazione di Gesú, dove conoscere e amare si esigono a vicenda. Nell’ultimo contributo Bozzolo mostra una buona conoscenza delle tradizionali difficoltà che presenta il matrimonio se lo si vuole far entrare nel settenario: sotto il titolo Amore coniugale e mistero cristologico. Sulla sacramentalità del matrimonio, l’A. tenta di superarle partendo dall’insegnamento conciliare. Il Vaticano II offre alcune scelte importanti: raccorda il matrimonio al mysterium, esplicita piú chiara l’intrinseca dimensione ecclesiale, collega l’esperienza personale di amore con l’alleanza biblica e quindi con la rivelazione divina.
La teologia postconciliare in una prima fase riprende il problema comune a tutta la sacramentaria, cioè il rapporto tra la precedenza normativa dell’evento fondatore in Cristo e la qualità soggettiva e storica della vicenda personale dell’uomo. Protagonisti si prospettano Schillebeeckx e Rahner che insiste sul matrimonio come realtà di chiesa. In una seconda fase della riflessione teologica è W. Kasper a studiare il rapporto tra l’antropologico e il sacramentale in una società industrializzata. Piú intenso è l’apporto di H.U. von Balthasar per il quale la piccola fecondità del matrimonio si apre alla cattolica ed eucaristica fecondità dell’amore liberante del Verbo e dell’amore corrispondente della chiesa. Per un ulteriore avanzamento dell’indagine R. Tagliaferri si appoggia all’apporto delle scienze umane in tutta la sua complessità. Bozzolo non ne rimane entusiasta e preferisce ritornare al dato biblico seguendo R. Beauchamp, per non perdere la dimensione veritativa degli affetti e la radice affettiva del conoscere. Configura nell’innamoramento un’esperienza di grazia, perché vi è un inoppugnabile appello religioso, bisognoso tuttavia di un «lavoro» che conduce dalla sorpresa iniziale alla fedeltà matura.
Un richiamo ai profeti prepara l’evento cristologico descrivibile con i tratti dell’incontro nuziale, di cui specie il quarto vangelo fa emergere tutta la novità. Su tale sfondo il sacramento celebrato si propone come momento sintetico all’interno di una piú ampia distensione temporale della vicenda di amore della coppia: sempre e allo stesso tempo verità cristologica che diviene forma della libertà dei soggetti e storia umana che diviene luogo del divino. «In sintesi, è nell’accadimento liturgico […] che consiste il sacramento del matrimonio, irradiazione oggettiva del mistero eucaristico e snodo determinante della soggettiva vicenda dell’amore» (p. 304). Alla fine del bel volume il lettore può avere la sensazione di aver visitato da bravo turista un arcipelago di isole indubbiamente interessanti e diversificate: alcune si sono presentate molto vaste e ricche di cime luminose da scalare con un certo impegno; altre si sono lasciate apprezzare con maggior facilità.
Gli resta un cordiale desiderio da esprimere: non si potrebbero avvicinare ulteriormente le sei isole, magari aggiungendone qualche altra, in modo da formare un continente completo e ben amalgamato anche nel linguaggio? La metafora non introduce nessuna pretesa: semmai alla riconoscenza aggiunge la speranza di una trattazione lineare, rivolgendo il desiderio a uno dei pochi teologi italiani in possesso di un robusto filo di riflessione sui sacramenti. Le isole sono preziose, ma se riescono a confluire in un continente danno maggior stabilità anche in teologia.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" n. 3/2013
(http://www.fttr.it/web/studiapatavina)
Il prof. Bozzolo, docente di Teologia sacramentaria presso la Sezione di Torino della Facoltà di Teologia dell’Università Pontificia Salesiana e docente incaricato di Teologia sistematica presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale di Milano, riprende in questo volume la riflessione sul profondo processo di cambiamento che ha segnato la teologia sacramentaria del Novecento fino ai giorni nostri, caratterizzata da una «situazione di esasperato pluralismo» (p. 6).
E su questo tema, Bozzolo precedentemente ha avuto modo di esaminare con acribia la letteratura della teologia sacramentaria postconciliare, e già allora si era reso conto della miriade di interpretazioni del termine «sacramento», con i suoi temi categoriali, formali e di metodo (cf. La teologia sacramentaria dopo Rahner, LAS, Roma 1999). L’intento che sta alla base di tutta l’opera è quello di mettere a fuoco la questione nodale della metodologia sacramentaria – profondamente rivisitata nelle ultime cinque decadi – tracciando l’itinerario percorso, e cioè quello che va «da un approccio ai sacramenti di stampo immediatamente ontologico, che configurava la sacramentaria manualistica come una sorta di metafisica teologica dei sacramenti, a un approccio che si potrebbe chiamare pratico-simbolico, in quanto vuole mostrare il nesso liturgico inscindibile che sussiste tra il donarsi sacramentale della grazia e l’agire liturgico dell’uomo» (p. 9), e, più precisamente, proponendo che «il punto di forza del rinnovamento contemporaneo consiste nel portare l’attenzione della teologia sulle forme concrete dell’agire rituale, per far valere l’idea che l’efficacia salvifica del sacramento deve essere pensata entro l’orizzonte della partecipazione liturgica del soggetto» (ibid.).
E per lui è questa, in estrema sintesi, «l’istanza di fondo della teologia liturgica, che ritiene condivisibile» (ibid.). Il presente volume è costituito da sei saggi, che affrontano la questione sopra accennata da angolature diverse, sebbene convergenti, e nella successione dei temi offre una visione d’insieme relativa «alla ricerca delle categorie e degli approcci che meglio consentono di elaborarla» (p. 11). Il primo e il quarto tema sono stati pubblicati precedentemente, e adesso sono riproposti senza modifiche: il primo La teologia teologica e il sacramento cristiano. Il «luogo» della sacramentaria nel pensiero di Giuseppe Colombo, in «Teologia» 32 (2007) 123-151; il quarto Nascere e ri-nascere. Il Battesimo dei bambini e l’accoglienza della vita, in «Rivista Liturgica» 96 (2009) 187-202. Il secondo e il terzo sono stati rivisti e ampliati: L’evento fondatore e l’azione liturgica, in Associazione Teologica Italiana, Sacramento e azione. Teologia dei sacramenti e liturgia, Glossa, Milano 2006, 37- 84; La forma del rito e l’atto di fede, in S. Ubbiali (ed.), «La forma rituale del sacramento». Scienza liturgica e teologia sacramentaria in dialogo, CLV-Ed. Liturgiche, Roma 2011, 257-287.
I rimanenti articoli, invece, sono inediti. Rifacendosi alla scuola di Colombo, Bozzolo identifica nella «celebrazione dell’Eucaristia il luogo entro cui far emergere il sapere della fede a proposito del sacramento, e cioè il capovolgimento del procedimento praticato dalla teologia moderna», caratterizzata da quella grave dicotomia, purtroppo arrivata fino ai nostri giorni, tra rito e mistero. E per superare tale situazione, fonda il concetto di sacramento nella reciprocità asimmetrica tra azione di Cristo e azione della Chiesa. Il valore della tesi emerge, secondo Bozzolo, se si considera come proprio l’Eucaristia rappresenti la memoria oggettiva dell’azione salvifica del Signore e, quindi, il luogo della nuova alleanza, da cui nasce la Chiesa. Ma le linee di ragionamento di Colombo possono riguardare anche gli altri sacramenti. In questa direzione, Bozzolo costata la pertinenza della riflessione di Colombo, secondo il quale la «nozione di sacramento risulta strutturalmente restituita all’idea di accadimento storico, aperto da due parti, per rimandare da un lato alla storia di Gesù come propria origine e dall’altro alla storia della Chiesa come propria destinazione», sottolineando il punto dal quale la riflessione deve avere un seguito, e forse un’integrazione, e cioè il punto riguardante «il rapporto che sussiste tra l’intenzione di Gesù che dà origine e consistenza al sacramento e segno, nel senso integrale dell’atto» (p. 39).
Nell’approfondimento del «rito di Gesù», l’autore è convinto che la conquista più importante della sacramentaria del Novecento è la «presa di coscienza che il genuino significato teologico dell’azione liturgica non può essere ripristinato, se non restituendo al sacramento il suo rilievo interno al momento fondante della fede: come parte costitutiva della sua configurazione storica e come dinamismo intrinseco al realismo del suo rapporto con Dio» (p. 41). Nel contempo, Bozzolo riconosce che tale impostazione ha corretto una lettura del gesto rituale di stampo rubricistico e una formulazione intellettualistica del contenuto sacramentale, ed è critico nel costatare che al faticoso «ripristino del momento celebrativo come luogo sorgivo per l’intelligenza non corrisponde un’uguale convergenza teorica circa il metodo da seguire perché l’atto rituale presieda effettivamente al sapere dogmatico sulla res sacramenti senza ridursi a un semplice presupposto di partenza, e perché d’altra parte, in nome del primato della lex orandi, la riflessione liturgica non venga meno al rigore del momento critico e all’elaborazione del profilo ontologico della questione in esame» (ibid.).
Il docente di Torino mette in guardia dalle diverse impostazioni contemporanee, che segnalano qualche difficoltà a ripristinare una «comprensione teologica dell’azione rituale a non riassorbire un polo nell’altro: la storia nel mistero eterno, il rito nell’esperienza trascendentale, l’azione umana in quella divina, la res sacramenti nel simbolo rituale» (p. 42). Pertanto, il punto critico della ricerca riguarda esattamente la possibilità di pensare il legame originario tra l’evento fondatore e l’azione liturgica, che è il tema sviluppato nel secondo articolo. E, per approfondire l’argomento, suggerisce la lettura critica di quegli autori che hanno contribuito in maniera più decisiva alla riformulazione del problema e all’elaborazione delle categorie, alle quali la teologia attuale presta maggior credito per lo sviluppo di una rinnovata teologia del rito cristiano, ad esempio: Odo Casel, Karl Rahner, ma anche Eberhard Jüngel e Louis-Marie Chauvet. Raccogliendo e approfondendo i contributi di questi studiosi, il nostro autore arriverà alla conclusione che il rapporto tra fides et ratio esige attenzione per ciò che riguarda la struttura segnica della comunicazione, e si rifà all’enciclica di Giovanni Paolo II, che afferma: «In aiuto alla ragione, che cerca l’intelligenza del mistero, vengono anche i segni presenti nella rivelazione.
Essi servono a condurre più a fondo la ricerca della verità e a permettere che la mente possa autonomamente indagare anche all’interno del mistero. Questi segni, comunque, se da una parte danno maggior forza alla ragione, perché le consentono di ricercare all’interno del mistero con i suoi propri mezzi di cui è giustamente gelosa, dall’altra la spingono a trascendere la loro realtà di segni per raccoglierne il significato ulteriore di cui sono portatori. In essi, pertanto, è già presente una verità nascosta a cui la mente è rinviata e da cui non può prescindere senza distruggere il segno stesso che le viene proposto» (n. 13). Per Bozzolo, tale affermazione ci fa intravedere il nesso tra il modo di manifestarsi della rivelazione e la fenomenalità propria dei sacramenti e, in particolare, del loro analogatum princeps, che è l’Eucaristia.
Tale nesso va ritrovato tra la res, comunione con Dio che si dona, e la sua significatio, la forma della sua manifestazione (p. 74). Da qui, l’autore arriva a due conclusioni: la prima, riguarda l’integrazione nel «linguaggio del magistero di una delle riscoperte fondamentali della sacramentaria del Novecento, ossia l’appartenenza di una logica (ratio) sacramentale al darsi stesso della rivelazione», che «ha permesso di correggere la tendenza della teologia moderna a concepire il sacramento come apparato strumentale dotato di un rapporto con l’evento salvifico sostanzialmente estrinseco, con cui la volontà divina avrebbe connesso al segno sacramentale l’efficacia della grazia», e la seconda «riguarda un modo di pensare la rivelazione che ne mette in risalto il carattere di avvenimento vivo, irriducibile a un semplice fatto del passato cui il cristiano potrebbe in qualche modo guardare oggettivisticamente come un presupposto su cui riflettere». Infine, si tratta ora di cercare di sviluppare in modo preciso l’idea di questa corrispondenza tra res et significatio, che permette di cogliere l’unità tra rivelazione e sacramento, e questo è proprio lo scopo dell’autore, quando, verso la fine di questo secondo saggio, sottolinea ancora di più il rapporto tra Gesù e il rito, il rito di Gesù e l’inclusività dell’evento e realismo del rito.
Credo che si possa affermare che Bozzolo, più di una volta, manifesti un atteggiamento critico riguardo «la tendenza diffusa nella sacramentaria contemporanea a studiare il rito come struttura semiotica autonoma, cui il cristianesimo aggiungerebbe soltanto un contenuto peculiare» (p. 89). Secondo l’autore, «bisogna far valere che la struttura del sacramento cristiano ha una significatio che deve far emergere nella sua indeducibile peculiarità: non perché non abbia nulla in comune con la grammatica delle diverse forme di ritualità diffusa nelle religioni, ma perché l’eccedenza della sua effettuazione non consiste soltanto in ciò che mostra, bensì inscindibilmente nel modo di mostrarlo» (ibid.). Bozzolo ribadisce che la «teologia deve trarre il sapere originario a proposito del sacramento ed è quello che si realizza nell’atto stesso della sua celebrazione. La celebrazione liturgica non è mai un presupposto che la ricerca teologica possa semplicemente lasciarsi alle spalle, una volta raggiunta l’evidenza dei suoi significati. La riflessione del sapere concettuale, infatti, non è mai separabile dall’esperienza che ne sostiene il realismo e che è quell’atto di fede mediato nell’incontro con il Signore […] e che nell’atto esteriore del rito, la struttura di mediazione che nel simbolo liturgico si realizza è possibile solo in nome di una presenza di Dio all’uomo, che non può essere nominata se non ricorrendo al linguaggio dell’immediatezza […].
Tale riferimento all’immediatezza non indebolisce la portata dell’azione sacramentale, ma piuttosto contribuisce a correggere il rischio che potrebbe essere sotteso all’analisi del linguaggio e del segno rituale, il rischio cioè di ritenere che l’uomo apprenda chi è Dio semplicemente attingendo ai segni che glielo rappresentano» (p.123). E con tali motivazioni, approda ad elencare tre corollari, a mo’ di conclusione del terzo saggio, che hanno lo scopo di apportare precisazioni di metodo e di contenuto. Tali corollari riguardano il rapporto tra il rito liturgico e l’istanza antropologica, la coerenza tra il metodo e l’oggetto della ricerca, il nesso tra la forma del rito e la tradizione ecclesiale (cf. p. 129). Dopo questi primi tre saggi, di natura epistemologica, relativi al rapporto tra teologia sacramentaria e liturgia, l’autore ci propone gli ultimi tre articoli: sul Battesimo, sull’Eucaristia e sul Matrimonio. L’argomentazione teologica sistematica per quanto riguarda i temi è originale. Bozzolo affronta la questione del quarto saggio, Nascere e Ri-nascere, nella cornice del Battesimo dei bambini, pensato all’insegna della generazione, cercando di mettere a fuoco la particolare connotazione che viene ad avere la partecipazione al mistero pasquale di Gesù, celebrato da tutta l’economia sacramentale, quando si realizza a fronte di quel momento nodale dell’esistenza che è la nascita (cf. p. 141). Gli ultimi articoli sono molto più elaborati.
Il quinto, L’Eucaristia tra fenomenologia e teologia, approfondisce il tema del sacramento come invisibilis gratiae visibilis forma, secondo la prospettiva di due grandi pensatori contemporanei, Jean-Luc Marion e Josef Ratzinger. Sulla scia di Marion, Bozzolo cerca di approfondire, tra gli altri, i seguenti punti: l’Eucaristia come donazione fino all’abbandono e la fenomenalità dell’Eucaristia come fenomenalità dell’abbandono. E per quanto riguarda la concezione ratzingeriana sul rapporto tra rivelazione, tipologia e liturgia, l’autore cerca di chiarire la posizione di questo teologo relativamente alla forma e al contenuto dell’Eucaristia. Inoltre, integra la concezione di Ratzinger con gli elementi di antropologia del simbolo, il posto della liturgia nella realtà e il tema del sacrificio e della rappresentanza. Bozzolo conclude il saggio affermando che «come la cena di Gesù è il fondamento dell’Eucaristia, ma non è ancora e non può essere la prima messa, così il parteciparsi sacramentale del sacrificio del Logos incarnato, che tutti ci rappresenta portandoci realmente dentro di sé, non sostituisce, ma esige l’adempimento del nostro sacrificio, del tutto responsoriale, ma non puramente passivo.
Ancora, l’uomo non accede alla manifestazione visibile della grazia invisibile operante nella forma sacramentale come a una autodonazione pura e assoluta che lo lasci nella posizione della spettatore, ma entro l’atto che lo convoca in modo irrevocabile a decidere di sé» (p. 214). Nel sesto e ultimo saggio, Amore coniugale e mistero cristologico, l’autore cerca di raccogliere alcuni elementi teorici, che aiutino a comprendere il significato della sacramentalità del matrimonio, recependo anzitutto la dottrina del Concilio Vaticano II, confrontandosi con alcune delle proposte teoriche più ragguardevoli emerse nel dibattito successivo e suggerendo, infine, alcuni possibili punti di approfondimento della riflessione (p. 216). In sintesi, il volume nel suo insieme, svela le opzioni metodologiche dell’autore, consapevole della discussione in atto. Tranne il quarto e il sesto saggio, gli altri lasciano intravedere, in qualche modo, la questione liturgica, e soprattutto il rapporto tra evento fondatore e azione rituale, tra rito e celebrazione, rapporto che ora interessa diversi studiosi, in vari contesti culturali. La riflessione portata avanti contribuisce al dibattito contemporaneo sulla questione della ritualità cristiana, nello specifico quello sulla forma e sul contenuto del segno sacramentale, riconosce e accoglie l’intuizione e l’orientamento della Sacramentum caritatis, di Benedetto XVI (cf. n. 34), in si cui sottolinea il rapporto tra l’intelligenza della fede e l’azione rituale liturgica, ma non solo, tiene presente anche il rapporto tra fides et ratio, in linea con Giovanni Paolo II (cf. Fides et ratio, n. 65), tra la rivelazione divina e i sacramenti, con l’intento di affermare una ratio sacramentalis nel modo di manifestarsi della verità di Dio.
Tuttavia, su questa lunghezza d’onda, sarebbe auspicabile che l’autore proseguisse il suo lavoro di confronto categoriale con gli studiosi della teologia liturgica contemporanea, i quali sono impegnati nella ricerca della presenza del mistero nel rito, della comprensione della sua forma rituale, della natura della partecipazione attiva e del necessario rapporto tra l’intelligenza della fede e l’agire rituale, per evitare, da una parte un certo atteggiamento intellettualistico ed estrinseco, e dall’altra uno spiritualismo che pretende di prescindere dall’orizzonte rituale della celebrazione, come il luogo dell’incontro con il Signore «per ritus et preces», sorgente dalla quale i fedeli possono attingere uno spirito veramente cristiano (cf. Sacrosanctum concilium, n. 14b).
Tratto da "Rivista Liturgica" n. 3/2013
(http://www.rivistaliturgica.it)
-
15,00 €→ 14,25 € -
22,00 €→ 20,90 € -
12,00 €→ 11,40 € -
35,00 €
-
23,00 €→ 21,85 € -
13,00 €→ 12,35 € -
19,00 €→ 18,05 €
-
38,00 €
-
-
35,00 €
-
-
-
-
-
3,50 €→ 3,32 €