Sophia. Paideia sapienza e educazione (Sir 1,27)
-Miscellanea di studi offerti in onore del prof. Don Mario Cimosa. Ediz. multilingue
(Nuova biblioteca scienze religiose)EAN 9788821308215
L’Opera miscellanea si apre con la presentazione del Card. G. Ravasi (6-10), che oltre a passare in rassegna il contenuto del volume, ricorda l’attività di docenza e il campo di studio preferito del prof. Cimosa, e cioè la Bibbia greca nella versione dei Settanta. La prefazione all’opera è affidata al prof. A. Schenker, emerito dell’Università svizzera di Friburgo, che in poche pagine (11-14) offre un quadro complessivo del ruolo e dell’importanza della Bibbia greca dalla sua origine ai nostri giorni, sia sul versante testuale che ecclesiale, evidenziando il doveroso crescente interesse per questo importante campo di studio, così come si riscontra appunto nell’attività di ricerca svolta da Cimosa.
E dunque a questo ambito scientifico, è dedicata la prima delle tre parti, in cui è suddiviso il libro, dodici dei venticinque contributi complessivi di cui è composto (soprattutto in italiano, ma anche in inglese, tedesco e francese). Il primo è offerto da M. Müller dell’Università di Copenhagen, Biblia semper interpretanda est. The Role of the Septuagint as a Hellenistic Version of the Old Testament (17-31). L’Autore ricorda come negli ultimi decenni si sia passati dal considerare i LXX unicamente come una traduzione greca dell’originale ebraico ad una espressione imprescindibile della storia della recezione delle tradizioni bibliche, e come attraverso il suo utilizzo nel NT sia avvenuta di fatto la sua canonizzazione, con tutte le conseguenze anche di stampo teologico.
Proprio questa dimensione teologica, incentrata in particolare sul tema del carattere ispirato dei LXX, è affrontata dal secondo contributo, di D. K. Kranz, del Pontificio Ateneo Regina Apostolorum (Roma), The “Religious Status” of the Septuaginta: the End of a Paradigm (33-53), che alla fine offre un utile schema riassuntivo per mostrare il passaggio che c’è stato tra il vecchio e il nuovo paradigma nel considerare storicamente e teologicamente i LXX (52). Il terzo saggio, di E. G. Dafni, dell’Università di Salonicco, offre il suo apporto sul piano dell’interculturalità, attraverso un confronto lessicale e tematico con l’Eutifrone di Platone: Osios und Osiotes in der LXX und Platos Euthyphron (55-87). Il quarto è costituito da raffinate note testuali sul greco e l’ebraico di 2Sam 12 (la storia dell’adulterio di Davide), ad opera di T. Muraoka, emerito dell’Università di Leiden, Philological Notes on the David-Bathsheba Story II (89-113). Il quinto contributo è ancora dello Schenker, una ricerca sul testo archetipo per 2Re 21,9 e 2Cr 33,9, Zwei Textzeugen aus vor-chronistischer Zeit in den Büchern der Könige (115-123). Il sesto è di T. X. Terrence, del St. Peter’s Pontifical Institute di Bangalore, Resurrection: A Real Preoccupation of the Septuagint? (125-153), il quale mette in evidenza come la terminologia del greco dei LXX sia più esplicita nel parlare della resurrezione, usando termini specifici che ancora non erano disponibili nella Bibbia ebraica. È di V. Tumaini Itikwire, docente al Segerea Senior Seminary di Dar-Es-Salaam, il settimo contributo, un lavoro di critica testuale sul Quarto Canto del servo di YHWH, The Textual Criticism of Is 52:13-53:12 (155-164), che però dà poco spazio alla discussione sull’importante variante al v. 14 (“sfigurato”, oppure, come riporta IQIsa, “io ho unto”). L’ottavo, ad opera di C. Dogniez (della Sorbona), si occupa delle Odi aggiunte al Salterio greco nel Codice Alessandrino, soprattutto del processo che ha condotto alla compilazione di questo tipo di composizioni inniche, Pour une poi?sis de la compilation: Les Odes du Psautier grec (165-180). G. Dorival, dell’Università di Aix-Marseille, è l’autore del nono saggio, uno studio del Sal 151, che era presente già nei LXX e poi è stato trovato anche nella versione più sviluppata in ebraico tra i testi del Mar Morto: Le psaume hors numérotation (ou Psaume 151) (181-195).
Un altro studio di critica testuale è quello condotto da J. D. Meade e P. J. Gentry, del Seminario Teologico Battista di Louisville (Kentucky), che muovono delle obiezioni alla scelta fatta sulla parola h?lelot di Qoh 1,17 da parte dell’editore della Biblia Hebraica Quinta, Evaluating Evaluations: The Commentary of BHQ and the Problem of in Ecclesiastes 1:17 (197-217). A. Passoni Dell’Acqua, della Cattolica di Milano, invece prende in considerazione alcuni aspetti del lessico della colpa e della remissione nei LXX, per mostrare come si è passati dal vocabolario giuridico a quello teologico: Lessico giuridico e vocabolario teologico: colpa e ira nel Pentateuco dei LXX (219-235). L’ultimo contributo di questa prima parte più “tecnica” è uno studio di J. Corley, del Saint Patrick’s College and Pontifical University di Maynooth, sul cosiddetto “Inno al Logos” contenuto in Sir 37,16-18, tenendo presente sia il testo ebraico che greco, e confrontandolo con l’analogo inno presente in Isocrate: Sirach’s Hymn to Logos (Sir 37:16-18) in Light of Hebrew and Greek Thought (237-255). Nella seconda parte del volume troviamo sette contributi, variamente dedicati al genere sapienziale e specialmente al Salterio. Il primo contributo è quello di T. Hieke, dell’Università Johannes Gutenberg di Mainz, che applica ai Sal 103; 13 e 30 lo schema tripartito per l’esegesi dei salmi proposto da W. Brueggeman (“orientamento, disorientamento, riorientamento”): Orientierung - Desorientierung - Neuorientierung. Gebetsprozesse im Alten Testament anhand der Psalmen 103; 13 und 30 (259-281). Nel secondo, M. Tábet, della Pontificia Università della Santa Croce di Roma, tratta un tema tipico della teologia sapienziale, quello delle “due vie”, e lo fa ricordando come esso sia ben conosciuto in molte antiche culture; in ambito biblico si sofferma ad analizzare tale prospettiva nel Sal 1, per poi mostrarne lo sviluppo fino alla letteratura cristiana del II sec.: La teologia delle “due vie” nella letteratura salmica e sapienziale dell’Antico Testamento (284-296). Nel terzo, S. A. Panimolle, emerito dell’Università di Sassari, riprende, e difende con ulteriori argomenti, un’opzione esegetica della sua prima ricerca biblica, riguardante l’espressione giovannea “? χ?ρις κα? ? ?λ?θεια” (cf. Id., Il dono della Legge e la grazia della Verità [Gv 1,17], Roma 1973), che egli interpreta appunto come un’endiadi: “la grazia della verità nell’Antico Testamento” (297-307). Nel quarto troviamo un contributo di G. Barbiero (Pontificio Istituto Biblico) e J. Mayyattil, i quali, a partire dalla traduzione di Sal 122,5 (“Là rimangono troni di giustizia”), considerano questo salmo (insieme al Sal 132) come una rivendicazione del primato dinastico e giuridico di Sion in epoca post-esilica.
È dedicato al libro di Giobbe il quinto saggio, di T. Lorenzin, della Facoltà Teologica del Triveneto, il quale discute e controbatte l’ipotesi che i cc. 32-37 siano di un altro autore rispetto al resto del libro: I discorsi di Elihu (Gb 32-37): un’aggiunta secondaria? (331-350). Nel sesto contributo L. Mazzinghi, della Facoltà Teologica dell’Italia centrale (Firenze) e del Pontificio Istituto Biblico (Roma), presenta la figura di Abramo a partire dall’unica ricorrenza nel libro della Sapienza, che risente della tradizione giudaica alessandrina e perciò dell’eredità filosofico-culturale ellenistica: La figura di Abramo in Sap 10,5: una rilettura delle Scritture tra giudaismo e ellenismo (351-364).
Nell’ultimo di questa seconda parte A. Passaro, della Facoltà Teologica di Sicilia (Palermo), sostiene che occorre leggere insieme i Salmi 7 e 8, affinché siano compresi uno alla luce dell’altro; la giustizia che viene chiamata in causa per ristabilire l’ordine compromesso (Sal 7), riconsegna all’uomo una creazione come quella presente nello stato originario (Sal 8 e Gen 1), The Power of God and the Glory of Man. A Unitary Reading of Psalms 7 and 8 (365-371). Nella terza parte del volume il taglio è piuttosto di teologia biblica catechetica e pastorale, un settore altrettanto coltivato da Cimosa, specialmente nelle sue vesti di presbitero e teologo salesiano. Il primo dei sette contributi è un commento ai nn. 72-89 dell’Esortazione Apostolica postsinodale Verbum Domini di Benedetto XVI (11 novembre 2010), sul ruolo della Parola di Dio nella vita ecclesiale, ad opera di G. De Virgilio, della Pontificia Università della Santa Croce di Roma (375-390).
Nel secondo, E. dal Covolo, Rettore della Pontificia Università Lateranense, propone una riflessione sull’interpretazione spirituale della S. Scrittura, come questa sia stata l’approccio privilegiato alla Bibbia dai Padri – specialmente nella pratica della lectio divina – fino al Medioevo, fino ad ispirare la Divina Commedia di Dante, anche attraverso i Giachimiti: Dai Padri della Chiesa a Dante Alighieri. L’interpretazione spirituale delle Scritture (391-398). Un esempio di questo tipo di interpretazione patristica viene mostrato nel terzo contributo, di G. Bonney, della Università Pontificia Salesiana, che vi premette una lettura del brano di Giobbe secondo l’attuale metodo storico-critico, così da far risaltare maggiormente la differenza: il rischio di non consultare i commenti dei Padri è quello perdere la ricchezza interpretativa contenuta nella tradizione vivente della Chiesa, The Exegesis of Job 36:29-33 in the Moralia in Iob of Gregory the Great (399-421). Più esplicitamente sul piano catechetico sono i tre successivi contributi; c’è quello di C.-M. Sultana, dell’Università di Malta, che tratta dell’uso della Bibbia nella catechesi nel XX sec. in Germania, Francia e Malta, Catechesis in Europe during the 20th Century (423-450); poi quello di C. Bissoli, emerito dell’Università Salesiana (Roma), che sull’esempio soprattutto della Germania e delle sue “Kinder-Schulbibel”, dedica l’attenzione al tema della catechesi biblica per i bambini e i ragazzi: La Bibbia per ragazzi nell’attuale riflessione e pubblicistica. Con riferimento peculiare al mondo tedesco (451-466). L’ultimo contributo (prima di quello conclusivo sul quadro bio-bibliografico del prof. Cimosa) è di C. Buzzetti, emerito dell’Università Salesiana, prematuramente scomparso nel 2011, e queste pagine – come giustamente afferma Ravasi nella presentazione – rappresentano «una sorta di testamento personale e spirituale» (9) di Buzzetti, segno della sua profonda dedizione alla divulgazione biblica: Gesù educatore? Linee di pastorale biblica per un confronto tra educatori (467-482). Una miscellanea dunque ricca di studi e approfondimenti, soprattutto per lo studio dei LXX e della letteratura sapienziale.
Tratto dalla rivista Lateranum n.2/2013
(http://www.pul.it)