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Descrizione
L'interrogativo che regge il pensiero scritturale qui presentato è se possa esistere, nella contemporaneità, un appello utopico ad un lingua poetica che sappia accogliere l'alterità, esprimere le sue condizioni di esilio, annunciarne il desiderio di futuro. Intorno a questi nuclei di analisi, La lingua di Cleopatra tesse - è la forza stessa della traduzione interpretata dalla figura shakesperiana - legami strettissimi con il pensiero utopico di Walter Benjamin (e della Scuola di Francoforte), con la filosofia di Jacques Derrida nell'intreccio con il poststrutturalismo di Paul de Man, col pensiero postcoloniale di Gayatri C. Spivak nella sua vicinanza d'ispirazione con l'écriture feminine di Hélène Cixous. La prospettiva è quella che s'interessa così al dibattito teorico sulla traduzione, all'intertestualità, alla (dis)appropriazione autoriale, alla sperimentazione di nuove forme della comunicazione artistica, con la musica, il cinema, il reportage giornalistico.
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DETTAGLI DI «La lingua di Cleopatra. Traduzioni e sopravvivenze decostruttive»
Tipo
Libro
Titolo
La lingua di Cleopatra. Traduzioni e sopravvivenze decostruttive
Autore
Carotenuto Silvana
Editore
Marietti 1820
EAN
9788821185465
Pagine
272
Data
gennaio 2009
Peso
326 grammi
Altezza
21 cm
Larghezza
14 cm
Collana
Con-tratto
Recensioni di riviste specialistiche su «La lingua di Cleopatra. Traduzioni e sopravvivenze decostruttive»
Può «esistere, nella contemporaneità, l’appello utopico a una lingua poetica che sappia accogliere l’alterità, le sue condizioni di esilio, il suo desiderio di futuro»? Con questo interrogativo l’a., studiosa di letteratura inglese, segue le vicissitudini della Cleopatra shakespeariana. Tra decostruzione e letteratura il vol. insegue le tracce di una lingua «altra» nelle traduzioni storiche che si sono fatte nel corso dei secoli, da E. Dickinson sino a J.M. Coetzee. Nel contempo una serrata scrittura dialoga con il pensiero utopico della Scuola di Francoforte, con il paradigma derridiano assunto, quest’ultimo, a password che apre ad «altri» futuri.
Tratto dalla rivista Il Regno n. 22 del 2009
(http://www.ilregno.it)
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