Odorico da Pordenone in Cina
-Rilettura dei capitoli cinesi della «Relatio»
EAN 9788820991531
L'autore è un laureato in Lingue orientali a Ca' Foscari (Venezia), che dopo un anno di studi a Pechino e un trentennio come guida turistica a innumerevoli gruppi di turisti e studiosi occidentali in lungo e in largo per tutto l’immenso territorio cinese, essendosi innamorato del suo corregionario Odorico da Pordenone, ha voluto mettere a frutto la sua vastissima conoscenza linguistica, storica, geografica, letteraria, artistica delle società e delle civiltà che all’incirca dal VII secolo dopo Cristo fino ai nostri giorni sono fiorite in quel continente per commentare i capitoli attinenti la Cina della Relatio del francescano pordenonese il quale, com'è noto, proveniente dall’India e dall’Indonesia verso il 1323, sbarcò a Guangzhuo, l’odierna Canton, e risalendo il Manzi, o Cina meridionale, verso il 1325 giunse a Khanbaliq (Pechino) alla corte del Gran Khan e imperatore Yesu¨n Temu¨ r, dove si trattenne per un triennio. I capitoli interessati sono una ventina, dal 29 al 46 con l’aggiunta del 49, suddivisi in tre parti: «In Cina, dal Sud al Nord» (pp. 9-77), «Alla corte del Gran Khan» (pp. 79-190), «La via del ritorno, un aneddoto e un ricordo» (pp. 191-242), a cui fanno seguito due pagine sulla pronuncia del cinese secondo la traslitterazione «pinyin », le note ai capitoli (pp. 245-266), la bibliografia (pp. 267-274), un glossario con caratteri anche cinesi (pp. 275-291), l’indice generale. I capitoli della Relatio ai quali seguono le pagine del commento sono riportati dal testo Libro delle nuove e strane e meravigliose cose. Volgarizzamento italiano del secolo XIV dell’«Itinerarium » di Odorico da Pordenone, a cura di Alvise Andreose (ed. Centro Studi Antoniani, Padova 2000).
L’intento di De Biasio nel commentare questi capitoli e` «per dimostrare che i dati forniti da Odorico non potevano essere ne´ inventati di sana pianta (ipotesi massimalista) ne´ copiati (ipotesi minimalista), bens?` ottenuti solanto in modo autoptico» (p. 5), e questo anche in reazione polemica a una certa «scuola inglese» (il riferimento e` a Frances Wood dell’universita` di Exeter), che continua imperterrita a mettere in dubbio la presenza in Cina sia di Marco Polo sia di Odorico da Pordenone (cf. ad es., pp. 29, 102, 115, 214). La lettura del commento ai singoli capitoli e` quanto mai avvincente, non solo a motivo dello stile narrativo colloquiale adottato dall’autore, ma particolarmente per la ricchezza unica di informazioni storiche, geografiche, etimologiche, etnografiche, antropologiche, ecc., che supportano le sintetiche annotazioni del diario odoriciano, che senza quel corredo di sfondo resterebbero per un normale lettore problematiche, se non incomprensibili.
Parecchi nomi propri di luoghi, di fiumi e di persone, infatti, imprecisi o storpiati nel testo originale, vengono interpretati e corretti dal commentatore alla luce delle antiche storie dinastiche, dei censimenti, degli annali ufficiali e delle enciclopedie cinesi di quei tempi, facendo così risaltare la verità oggettiva del narrato della Relatio, confrontata in molti passi con le scritture analoghe di viaggiatori e mercanti di fine Duecento e primo Trecento quali Marco Polo, Guglielmo di Rubruck, Ibn Battuta, sir John Mandeville e altri. Del resto, il vivo e costante interesse diretto di Odorico per mercati, mercanti, generi alimentari, spezie, misure, pesi, ecc. in ogni luogo visitato fa pensare a una sua missione specifica presso questo genere di persone (cf. p. 24). L'erudita rilettura di De Biasio gli consente inoltre di far risaltare alcuni dati di costume della societa` cinese che per primo Odorico fece conoscere all’Occidente, ad es., la grande coppa di giada dei monti Du installata per le libagioni nella sala del palazzo imperiale nel 1266, da lui chiamata con la lingua uigura «grande mare di khas» (cf. pp. 100-104), oppure la barbara storpiatura dei piedi delle bambine perché non oltrepassassero i 9 cm, quale misura ideale per la bellezza femminile (pp. 234-236).
Ma al di là di questi meriti, l’opera di De Biasio, che è anche uno studioso, è apprezzabile per l’attenzione prestata in molte pagine ai problemi religiosi, come al confronto «ecumenico» tra la religione popolare buddhista con le innumerevoli statue del Buddha e la pietà cattolica verso la Madonna e i santi; le difficoltà per un prete cattolico di comprendere il loro politeismo, la dottrina della reincarnazione, o il senso dell’anima e dell’immortalità come viene inteso nel taoismo; di grande interesse pure la registrazione delle antichissime testimonianze archeologiche della presenza nella Cina di manichei, di ebrei e più tardi soprattutto di nestoriani, dei quali viene tracciata una plurisecolare vicenda dal 635 alla corte dei khanati, poi della dinastia Tang, infine dei mongoli Yuan, fino al 1370 (cf. pp. 203-211), in competizione con i lama tibetani precettori ufficiali del principe ereditario. Al termine della lettura viene spontaneo l'auspicio che lo stesso De Biasio, o un altro studioso come lui preparato, possa commentare anche la prima parte della Relatio di Odorico.
Tratto dalla rivista Il Santo. Rivista francescana di storia dottrina arte" LIV, 2014, fasc. 1-2
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