Il libro delle promesse e delle predizioni di Dio
(Bibliotheca patristica eucharistica)EAN 9788820972325
Esaurito
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DETTAGLI DI «Il libro delle promesse e delle predizioni di Dio»
Tipo
Libro
Titolo
Il libro delle promesse e delle predizioni di Dio
Autore
Quodvultdeus
A cura di
Lorenzo Dattrino
Editore
Libreria Editrice Vaticana
EAN
9788820972325
Pagine
616
Data
gennaio 2002
Peso
790 grammi
Dimensioni
14 x 21 cm
Collana
Bibliotheca patristica eucharistica
COMMENTI DEI LETTORI A «Il libro delle promesse e delle predizioni di Dio»
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Recensioni di riviste specialistiche su «Il libro delle promesse e delle predizioni di Dio»
Recensione di Celestino Corsato della rivista Studia Patavina
Il volume pubblica il testo in edizione latina, con traduzione a fronte in lingua italiana, del Liber promissionum et praedictorum Dei (il curatore opta - p. 8 - per il genitivo, anche se poi a p. 44 lo edita con il de + ablativo) che, secondo l’opinione vulgata, è attribuito a Quodvultdeus.
Proprio la “discussa” attribuzione dell’opera allo scrittore africano del V secolo - sia nella tradizione manoscritta che negli studi degli ultimi decenni - ha conosciuto complesse vicende.
Accogliendo favorevolmente l’ipotesi di René Braun, proposta dapprima nell’edizione per la collana di SCh (nn. 101 e 102; Paris 1964) e successivamente per quella di CCL (n. 60; Tournhout 1976), la maggioranza degli studiosi ha optato per l’autenticità dello scritto. Non sono mancate tuttavia le voci discordi che la CPL (19953) registra parzialmente (cf., per il Liber, il n. 413). Al ‘corpus’ quodvultdeusiano, oltre al Liber promissionum qui edito (scritto negli anni 445-455, secondo il Braun), sono state attribuite anche 2 Lettere, indirizzate ad Agostino nel 428 (epistolario agostiniano: ep. 221 e 223), e un gruppo di 12 Sermoni pseudo-agostiniani (recentemente, però, portato a 13), pronunciati negli anni immediatamente precedenti l’occupazione vandalica di Cartagine 434/437-439).
Aderendo alle tesi del Braun, il Dattrino ritiene che “il corpus di scritti attribuito a Quodvultdeus sia un materiale catechetico omogeneo africano che riflette la catechesi battesimale in Africa nel secolo V: iniziazione ai catecumeni e riti battesimali relativi al Simbolo” (p. 22).
Di certo possiamo affermare che questa produzione letteraria, frutto della “sollicitudo pastoralis”, va situata e compresa nel clima instauratosi in Africa agli inizi dell’occupazione da parte dei Vandali, di fede ariana. Il nostro autore, vescovo di Cartagine, ben presto costretto all’esilio in Campania, ci apre una finestra sulla vita religiosa e civile della chiesa africana, messa a dura prova dalle conquiste barbariche e dalle controversie conseguenti - sul piano dottrinale - tra fede ortodossa ed eresia ariana.
Oltre alle ipotesi sulla paternità e datazione dello scritto articolato in 153 capitoli, il Dattrino accenna brevemente - nella sua Introduzione al volume - alla struttura e natura del Liber, che si prefigge lo scopo di esaminare lo sviluppo dell’umanità nella storia, alla luce di “testimonianze, raccolte e ordinate da tutte le divine Scritture” concernenti “le predizioni e le promesse… distinte in tre fasi, dall’inizio del mondo fino alla sua fine nei diversi popoli: ante legem, sub lege, sub gratia” (I,2: pp. 70-71). L’opera del vescovo cartaginese, fondandosi sulla testimonianza di Dio stesso che ha parlato nella Bibbia, mostra come le promesse e le predizioni divine si sono attuate così da spingere il credente a ritenere che quelle ancora inadempiute si avvereranno in futuro: “Quis igitur durus adhuc et ferreus sensus est qui dubitet impleri pauca cum tot iam cernat impleta” (prologus, p. 48). Dio è stato di parola per il passato, lo sarà, nella guida dell’umanità, anche per l’avvenire.
Alle tre parti suaccennate che scandiscono le fasi della storia umana secondo la distinzione ternaria di Paolo (l’epoca dei patriarchi, della legge mosaica, di Cristo e degli apostoli: qui si evince la ferma convinzione, da parte del vescovo cartaginese, dell’unitarietà dei due Testamenti), l’autore ha aggiunto due parti complementari, quantitativamente meno estese, con testimonianze di profezie riguardanti l’escatologia, cioè la sorte futura della chiesa e il destino dell’umanità nel finale giudizio di Dio: Dimidium temporis con predizioni vetero e neo-testamentarie relative al periodo che ancora resta alla fine del mondo con l’apparizione dei “signa antichristi”; Gloria regnumque sanctorum con testimonianze del NT sul premio dei beati.
L’autore africano ha inteso offrire un’opera esegetica per illuminare catecumeni e fedeli “sul valore dell’Incarnazione del Figlio di Dio e sul destino dell’intera umanità”, proponendosi di far conoscere ciò che Dio ha testimoniato nell’Antico e nel Nuovo Testamento. A contatto con le Scritture ispirate (i verba-gesta Dei risultano la fonte centrale dell’opera) e interpretate nelle parti “figurative” (mysticis figuris) secondo una tipologia divenuta ormai tradizionale, il cristiano (“spiritalis auditor” e perciò in grado di comprendere il senso vero della parola biblica: II,21) si rafforza nella professione della genuina fede ecclesiale - contro le pressioni e le minacce dei nuovi padroni della terra d’Africa che vogliono ‘imporre’ il credo cristiano di espressione ariana -, e acquisisce familiarità con esse al fine di maturare e nutrire la propria vita spirituale. Nella narrazione della storia sacra, intrecciata di promissio-praedictio (fatta e prefigurata; creduta e veduta nel libro di Genesi, Esodo, Giudici…, oppure “implenda; credenda”) e… di personaggi-eventi-istituzioni che possiedono un senso tipologico-spirituale (è questo il motivo della raccolta delle testimonianze scritturistiche; registrate nell’ampio e fitto Indice biblico, pp. 543-570), l’autore aggiunge anche citazioni prese dal mondo profano (di poeti pagani, di Virgilio, della Sibilla), spiegate cristianamente.
Senza la pretesa di entrare nel “merito” di alcune puntuali contestazioni linguistico-filologiche sollevate da alcuni studiosi alle scelte editoriali del Braun, il curatore del presente volume riproduce, “rivedendolo”, il testo critico latino di SCh del 1964 (confrontato con quello del 1976 in CCL).
La mole editoriale del volume, che intende proporsi al “vasto pubblico” (p. 17), ha consigliato il Dattrino a ridurre le note di commento all’essenziale, per lo più referenze dei testi biblici citati o spiegazioni brevi che rinviano talora a studi di altri autori. Abbiamo rilevato, qua e là, lievi mende tipografiche (nella norma!?): maiuscole per minuscole, accenti, modi non omogenei di citare lo stesso articolo o libro.
Alla traduzione dell’opera “Promesse e predizioni”, pubblicata nel 1989 da parte di A.V. Nazzaro (collana di Testi Patristici 82, Città Nuova, Roma), si aggiunge ora questa traduzione con edizione dello stesso scritto che ha visto impegnato il Dattrino in una seria e utile divulgazione del libro patristico, “quasi un manuale ad uso del catecheta per la narratio della Bibbia” (p. 23).
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2003, nr. 1
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
Proprio la “discussa” attribuzione dell’opera allo scrittore africano del V secolo - sia nella tradizione manoscritta che negli studi degli ultimi decenni - ha conosciuto complesse vicende.
Accogliendo favorevolmente l’ipotesi di René Braun, proposta dapprima nell’edizione per la collana di SCh (nn. 101 e 102; Paris 1964) e successivamente per quella di CCL (n. 60; Tournhout 1976), la maggioranza degli studiosi ha optato per l’autenticità dello scritto. Non sono mancate tuttavia le voci discordi che la CPL (19953) registra parzialmente (cf., per il Liber, il n. 413). Al ‘corpus’ quodvultdeusiano, oltre al Liber promissionum qui edito (scritto negli anni 445-455, secondo il Braun), sono state attribuite anche 2 Lettere, indirizzate ad Agostino nel 428 (epistolario agostiniano: ep. 221 e 223), e un gruppo di 12 Sermoni pseudo-agostiniani (recentemente, però, portato a 13), pronunciati negli anni immediatamente precedenti l’occupazione vandalica di Cartagine 434/437-439).
Aderendo alle tesi del Braun, il Dattrino ritiene che “il corpus di scritti attribuito a Quodvultdeus sia un materiale catechetico omogeneo africano che riflette la catechesi battesimale in Africa nel secolo V: iniziazione ai catecumeni e riti battesimali relativi al Simbolo” (p. 22).
Di certo possiamo affermare che questa produzione letteraria, frutto della “sollicitudo pastoralis”, va situata e compresa nel clima instauratosi in Africa agli inizi dell’occupazione da parte dei Vandali, di fede ariana. Il nostro autore, vescovo di Cartagine, ben presto costretto all’esilio in Campania, ci apre una finestra sulla vita religiosa e civile della chiesa africana, messa a dura prova dalle conquiste barbariche e dalle controversie conseguenti - sul piano dottrinale - tra fede ortodossa ed eresia ariana.
Oltre alle ipotesi sulla paternità e datazione dello scritto articolato in 153 capitoli, il Dattrino accenna brevemente - nella sua Introduzione al volume - alla struttura e natura del Liber, che si prefigge lo scopo di esaminare lo sviluppo dell’umanità nella storia, alla luce di “testimonianze, raccolte e ordinate da tutte le divine Scritture” concernenti “le predizioni e le promesse… distinte in tre fasi, dall’inizio del mondo fino alla sua fine nei diversi popoli: ante legem, sub lege, sub gratia” (I,2: pp. 70-71). L’opera del vescovo cartaginese, fondandosi sulla testimonianza di Dio stesso che ha parlato nella Bibbia, mostra come le promesse e le predizioni divine si sono attuate così da spingere il credente a ritenere che quelle ancora inadempiute si avvereranno in futuro: “Quis igitur durus adhuc et ferreus sensus est qui dubitet impleri pauca cum tot iam cernat impleta” (prologus, p. 48). Dio è stato di parola per il passato, lo sarà, nella guida dell’umanità, anche per l’avvenire.
Alle tre parti suaccennate che scandiscono le fasi della storia umana secondo la distinzione ternaria di Paolo (l’epoca dei patriarchi, della legge mosaica, di Cristo e degli apostoli: qui si evince la ferma convinzione, da parte del vescovo cartaginese, dell’unitarietà dei due Testamenti), l’autore ha aggiunto due parti complementari, quantitativamente meno estese, con testimonianze di profezie riguardanti l’escatologia, cioè la sorte futura della chiesa e il destino dell’umanità nel finale giudizio di Dio: Dimidium temporis con predizioni vetero e neo-testamentarie relative al periodo che ancora resta alla fine del mondo con l’apparizione dei “signa antichristi”; Gloria regnumque sanctorum con testimonianze del NT sul premio dei beati.
L’autore africano ha inteso offrire un’opera esegetica per illuminare catecumeni e fedeli “sul valore dell’Incarnazione del Figlio di Dio e sul destino dell’intera umanità”, proponendosi di far conoscere ciò che Dio ha testimoniato nell’Antico e nel Nuovo Testamento. A contatto con le Scritture ispirate (i verba-gesta Dei risultano la fonte centrale dell’opera) e interpretate nelle parti “figurative” (mysticis figuris) secondo una tipologia divenuta ormai tradizionale, il cristiano (“spiritalis auditor” e perciò in grado di comprendere il senso vero della parola biblica: II,21) si rafforza nella professione della genuina fede ecclesiale - contro le pressioni e le minacce dei nuovi padroni della terra d’Africa che vogliono ‘imporre’ il credo cristiano di espressione ariana -, e acquisisce familiarità con esse al fine di maturare e nutrire la propria vita spirituale. Nella narrazione della storia sacra, intrecciata di promissio-praedictio (fatta e prefigurata; creduta e veduta nel libro di Genesi, Esodo, Giudici…, oppure “implenda; credenda”) e… di personaggi-eventi-istituzioni che possiedono un senso tipologico-spirituale (è questo il motivo della raccolta delle testimonianze scritturistiche; registrate nell’ampio e fitto Indice biblico, pp. 543-570), l’autore aggiunge anche citazioni prese dal mondo profano (di poeti pagani, di Virgilio, della Sibilla), spiegate cristianamente.
Senza la pretesa di entrare nel “merito” di alcune puntuali contestazioni linguistico-filologiche sollevate da alcuni studiosi alle scelte editoriali del Braun, il curatore del presente volume riproduce, “rivedendolo”, il testo critico latino di SCh del 1964 (confrontato con quello del 1976 in CCL).
La mole editoriale del volume, che intende proporsi al “vasto pubblico” (p. 17), ha consigliato il Dattrino a ridurre le note di commento all’essenziale, per lo più referenze dei testi biblici citati o spiegazioni brevi che rinviano talora a studi di altri autori. Abbiamo rilevato, qua e là, lievi mende tipografiche (nella norma!?): maiuscole per minuscole, accenti, modi non omogenei di citare lo stesso articolo o libro.
Alla traduzione dell’opera “Promesse e predizioni”, pubblicata nel 1989 da parte di A.V. Nazzaro (collana di Testi Patristici 82, Città Nuova, Roma), si aggiunge ora questa traduzione con edizione dello stesso scritto che ha visto impegnato il Dattrino in una seria e utile divulgazione del libro patristico, “quasi un manuale ad uso del catecheta per la narratio della Bibbia” (p. 23).
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2003, nr. 1
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
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