La Chiesa nella terra d'Abramo. Dalla diocesi di Babilonia dei latini alla nunziatura apostolica in Iraq
(Saggi)EAN 9788817022293
Questa storia, particolarmente interessante, come attesta la sua riedizione a due anni dalla prima del 2006, è stata pensata, come afferma l’A. «durante i giorni dei bombardamenti di Bagdad», dopo l’inizio dell’attacco degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, il 19 marzo 2003 (11). Il lavoro deriva in gran parte dallo studio delle carte conservate nell’Archivio della Nunziatura, compiuto in «quegli anni drammatici», a cavallo tra il vecchio regime di Saddam Hussein e l’attuale «ancora anomala identità politica» di quel paese, 2001-2006, che sono quelli della nunziatura dell’A. nella capitale irachena. Esigenze culturali e passione ecclesiale si intrecciano nel testo scritto in maniera agile e al tempo stesso, denso di riferimenti cronologici e geografici. La edizione seconda e la traduzione in francese del 2009 indicano l’interesse suscitato sulla vicenda dei cattolici in quella regione tormentata e per loro sempre più difficile.
Lo sguardo storico comprende tre secoli, da quando fu istituita la sede epi-scopale latina nel 1629 per decisione di papa Urbano VIII (1624-1644) alla partenza dell’A. nel 2006, chiamato a Roma per altro incarico nella Segreteria di Stato. Nella prima parte (16-62) viene illustrata quella «plantatio Ecclesiae» che ebbe nel carmelitano spagnolo Timoteo Perez il primo vescovo latino dal 1638. A lui seguirono altri sei, tutti francesi, giacché ben presto la monarchia francese fece valere i suoi interessi in quella regione. Lì i religiosi lavoravano intensamente a favore delle popolazioni cattoliche, tra incomprensioni e periodi di ostilità. Ai «vescovi francesi» toccò risiedere in Persia, fino al 1719. A Bagdad i vescovi risedettero fino al 1773. Poi per un cin-quantennio la sede rimase vacante e solo dal 1820 la popolazione ricevette ancora una volta il suo vescovo. Nel 1837 la sede fu elevata in responsabilità e fu nominato il primo arcivescovo con il ruolo di delegato apostolico per la nazione caldea e per la Persia. È la seconda parte della ricostruzione storica (63-129). Lo sviluppo di queste competenze portò beneficio ai cattolici della Siria, Mesopotamia, Kurdistan e Asia Minore e successivamente Egitto, Arabia, Turchia (69). Significativi furono gli impulsi dati da Pio IX che, tra l’altro, configurò in maniera specifica i problemi ecclesiastici di quella regione e per essa, nel 1849, nominò un delegato apostolico con compiti distinti da quelli del vescovo residenziale. Il quinto delegato fissò la sua residenza a Mossul dal 1875 e lì rimasero i suoi successori fino al 1936.
Quell’area mesopotamica emerge dalle ricche annotazioni dell’A. con il suo fervore apostolico svolto dalle numerose presenze di religiosi, nelle iniziative per la formazione del clero, nella compresenza di cristiani di rito diverso, nella convivenza di varie Chiese cristiane, nella conversione al cattolicesimo di cristiani nestoriani; tutto rientra nelle attenzioni del delegato apostolico. I cambiamenti del sec. XX, conseguenti il primo conflitto mondiale e la fine dell’impero ottomano, portarono alla nascita dell’impero dell’Iraq sotto il controllo britannico, con le sue complesse vicende politiche: la sua «tribolata storia» è l’orizzonte dentro il quale si delinea la presenza della S. Sede attraverso il suo legato (131-149). La Congregazione per le Chiese Orientali assunse un ruolo notevole nella direzione di quelle Chiese, sotto i pontificati di Pio XI e di Pio XII: nel 1936 la sede della delegazione apostolica fu definitivamente trasferita a Bagdad e l’opera degli ultimi delegati fu particolarmente impegnata dall’esodo di numerosi cristiani che svuotano, di fatto, alcune diocesi, dal progetto di favorire gli incontri dei vescovi cattolici iracheni senza distinzione di rito, dalla valorizzazione della presenza dei Gesuiti, nonostante l’affermarsi della mentalità islamica nel paese. Scoppiato il secondo conflitto mondiale, l’Iraq fu parzialmente coinvolto e l’azione umanitaria dei delegati apostolici si dispiegò ampiamente, secondo le precise direttive di Pio XII. Poi il colpo di stato del 1958 e la procla-mazione della repubblica nel 1959 portarono l’Iraq ad orientarsi verso l’URSS e gli altri stati comunisti (151-185).
Nel 1966, dopo il Concilio Vaticano II al quale parteciparono otto vescovi caldei, due siro-cattolici, un armeno e un latino, Paolo VI, il 14 ottobre, istituì la nunziatura con pieni rapporti diplomatici con la Repubblica irachena e dal 1972 provvide «a distinguere la rappresentanza diplomatica dall’attività pastorale, mettendo fine ad uno storico connubio tra le istituzioni» (194). L’ultimo capitolo è, appunto dedicato agli ultimi tre decenni in cui si susseguirono otto rappresentanti pontifici con il titolo di pronunzio e dal 1994 nunzi, e alla loro azione di fondamentale importanza per dire la presenza della S. Sede in quella regione, di fronte ad avvenimenti come la guerra Iraq-Iran, la crisi palestinese, l’occupazione del Kuwait e le conseguenze della prima guerra del Golfo; il pesante embargo imposto dalle Nazioni Unite all’Iraq, infine la seconda guerra del Golfo. Non vi è dubbio che per ogni studioso di cattolicesimo in quell’area del Medio Oriente, il volume di mons. Ferdinando Filoni sarà un riferimento ineludibile e una guida valida per le ricerche e l’approfondimento delle molte questioni, che sono in questa storia.
Tratto dalla Rivista di Scienze Religiose n. 2/2009
(http://www.facoltateologica.it/rivistadiscienzereligiose.html)
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