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Descrizione
Gabriel Zaid, poeta e letterato ma anche saggista acuto e originale, è uno degli intellettuali più noti in Messico. Per la sua capacità di prevedere trasformazioni economiche e sociali è stato chiamato "la Cassandra del Messico". E anche un efficace interprete della cultura globale nel mondo contemporaneo, come dimostra mirabilmente questo libro elegante e ironico in cui i meccanismi del mercato culturale vengono messi a nudo. I personaggi della vita pubblica modellano la loro figura sociale per attirare le luci dei riflettori proiettando un'immagine attraente. Gli esperti di public relations vendono segreti per diventare famosi e trovare un posto nello star system. Ciononostante, il segreto ultimo della fama sta nel ridursi a oggetto. Un oggetto di richiamo, identificabile e universalmente conosciuto. Le stelle del cinema creano con il loro corpo i personaggi che interpretano, e a loro volta sono creati come personaggi pubblici dai loro registi e dai loro agenti. Si trasformano in oggetti, sculture viventi. Curiosamente, anche uno scultore famoso può finir trasformato in statua. "La fama è un accumulo di malintesi" che poco a poco cesella il monumento pubblico - come diceva Rilke di Rodin. Le prime opere letterarie (i detti, le canzoni) furono anonime perché l'attenzione si concentrava sul segreto delle parole memorabili. Circolavano di bocca in bocca e l'autore si perdeva di vista.
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Graffianti considerazioni di Gabriel Zaid, poeta, letterato, saggista di origine messicana sui meccanismi del mercato culturale, impietosamente e ironicamente messi a nudo. Come quelle sul personaggio pubblico che per essere tale deve proiettare un’immagine così attraente di se stesso da trasformarsi in scultura vivente. O come quelle sul mercato editoriale, così preso dalla produzione che non ha tempo di leggere i libri che sforna. O anche quello sulla foga degli autori a proporre opere omniae: «Pochissimi hanno qualcosa di importante da dire dopo le loro prime mille pagine. Nessuno, dopo le sue migliori prime diecimila pagine. La maggior parte dei poeti ha scritto meno di un centinaio di poesie memorabili. Nascondere un testo memorabile in opere insensatamente complete significa distruggerlo. La cosa ragionevole consiste nel distruggere il resto».
Tratto dalla Rivista Il Regno 2010 n. 18
(http://www.ilregno.it)
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