Pietro Pavan. Le metamorfosi della dottrina sociale nel pontificato di Pio XII
(Santa Sede e politica nel Novecento)EAN 9788815233332
L'autrice di questo testo Caterina Ciriello docente presso la Pontificia Università Urbaniana e la Pontificia Università S. Tommaso d'Aquino presenta una figura di spicco della storia della Chiesa del secolo scorso: il cardinale Pietro Pavan (1903-1994). Il lavoro prende in considerazione alcuni aspetti della vita e dell'opera del prelato nel contesto dei grandi cambiamenti politico-sociali italiana e della Chiesa del Novecento nei decenni che vanno dal periodo fascista fino alla seconda guerra mondiale e al dopoguerra. Il testo inserito nella collana diretta da A. Melloni: Santa Sede e politica nel novecento è il frutto di una tesi di dottorato (2007) e si propone di ripercorrere l'opera del teologo di origine veneta che si è messo al servizio del magistero sociale della Chiesa sotto il pontificato di Pio XII. Così si sintetizza e si analizza con vasta documentazione, in parte inedita, l'opera di Pavan, in particolare quando ricoprì il ruolo di direttore dell'Ufficio studi dell'Istituto cattolico di azione sociale (Icas) e di segretario delle Settimane sociali italiane.
Pavan fu chiamato a Roma dall'allora monsignor Montini nel 1944. Fu un fine intellettuale, professore di Economia sociale all'Università Lateranense, contribuì a due importanti documenti del magistero sociale della Chiesa contemporanea: l'enciclica Pacem in terris Giovanni XXIII (1963) e la dichiarazione del Concilio Vaticano II Dignitatis Humanae (1965) sulla libertà religiosa. Uomo colto e di dottrina, sviluppò la sua riflessione sia nella direzione dei problemi del sindacalismo, sia nell'attenzione al mondo rurale. Fu anche uomo di azione, i suoi incontri furono i segni di importanti incarichi per missioni delicate. Nel secondo dopoguerra fu il rappresentante ufficioso della Santa Sede all'interno dei movimenti europeistici che cercavano di promuovere un'Europa unita in ambito economico e politico. Ebbe un ruolo fondamentale anche nella cosiddetta "Operazione Sturzo": il tentativo nel 1951 di far alleare la Democrazia cristiana con la destra conservatrice e antirepubblicana per le elezioni comunali a Roma. Pavan era conosciuto e stimato da Alcide de Gasperi, ma il patto fallì. Non perse, in conseguenza a questo fatto, il rapporto di collaborazione con Pio XII, che anzi si rinforzò. Nel 1958 pubblica La democrazia e le sue ragioni, un testo nel quale sono raccolti i commenti ai radiomessaggi di guerra di Pio XII aventi come tema la democrazia e l'ordine sociale delle nazioni.
Il volume è suddiviso in tre parti. La prima pone sotto analisi la relazione tra Pavan e la Chiesa. Si parla dei suoi incarichi nell'ambito dell'Icas. Questa istituzione nel corso di un paio di decenni, che corrispondono circa al ventennio fascista, divenne di fatto l'organo che coordinò tutte le organizzazioni sociali dell'Azione cattolica italiana in riferimento all'azione economico-sociale dei cattolici italiani. In questa prima parte del testo si rileva il rapporto tra Pavan e le Acli, la Coldiretti, il Centro italiano femminile, la Confederazione cooperativa italiana, il Centro nazionale dell'artigianato, l'Unione cristiana imprenditori dirigenti. Le Settimane Sociali inoltre sono proprio degli eventi di matrice socio-politica. Pavan, in qualità di segretario, se ne occupa dal 1946 al 1952. Proprio nel secondo dopoguerra i cattolici italiani si impegnano nella rinascita morale, nella ricostruzione civile del paese e nella presenza all'interno delle nascenti istituzioni.
Nella seconda parte l'A. presenta l'evoluzione del pensiero di Pavan, soprattutto riguardo alla società e alle istituzioni. Per lui il centro rimane la dignità della persona umana. Fondamentale è il suo contributo alla comprensione del sindacalismo come ciò che riguarda la «necessità e il dovere di combattere le ingiustizie; è la comunanza di interessi, la scoperta dell'importanza del principio della solidarietà che scaturisce dalla fonte propria dell'uomo, cioè la sua naturale socialità» (191). Tutto il suo pensiero in merito è contenuto nel testo del 1951 L'ascesa del lavoro: il movimento sindacale. Sensibile ai problemi del mondo rurale, Pavan considera i contadini come i lavoratori più "trascurati", quindi possibile oggetto di propaganda comunista. Egli si impegna per ridare dignità alla terra e a chi la lavora, si batte affinché vengano inviati da tutte le regioni resoconti sulla situazione agricola. Lo scopo è quello di arrivare alla riforma agraria, non imposta dall'alto, ma che regoli i rapporti sulla base della diversità delle colture, del terreno che ha bisogno di vari interventi logistici. Una riforma che porti pace, equità, giustizia. La terza parte del libro è dedicata ad aspetti politici dell'azione di Pavan, quali la promozione dei cattolici italiani verso un impegno responsabile, attivo, sociale e culturale, insieme a tutto il popolo italiano (cf 267). Il lavoro nell'ambito dell'Azione cattolica offre il terreno propizio per sviluppare queste idee e questo impegno. La terza parte del saggio tocca anche un altro aspetto fondamentale della società e della politica del dopoguerra: la questione meridionale.
Focalizzando l'attenzione su alcuni aspetti dell'opera di Pavan, l'A. riprende in particolare la concezione di uomo che il prelato formulava in termini di "soggetto" attivo della politica. La base antropologica a cui egli si rifà è il "personalismo" e la filosofia di J. Maritain a lui contemporaneo. Su questa linea Pavan sostiene che democrazia e cristianesimo non sono inconciliabili, ma anzi sono percorsi che pongono al centro della riflessione e dell'azione la persona umana in tutti i suoi aspetti soggettivi e sociali, personali e culturali, individuali ed economici. Il professore "sociologo" della Lateranense è stato capace di dare risposta alle esigenze dei più deboli e in particolare dell'uomo nella sua dignità; la sua vita e la sua opera è stata tesa alla difesa del valore trascendente della persona umana e alla sua altissima dignità. Un testo importante di monsignor Pavan del 1939 era proprio intitolato Il valore trascendente della persona umana. L'uomo, come ricorda l'A. riprendendo Pavan, «deve perseguire il fine precipuo della sua esistenza, cioè arricchire questa sua spiritualità, ma deve farlo in quella continua lotta interiore che è l'autentico dramma umano tra il bene e il male che convivono nel profondo, nel suo intimo» (169). L'antropologia di Pavan mette perciò in relazione la spiritualità dell'uomo, l'essere "spirito" della persona umana, con la sua libertà: «la libertà si rivela inscindibilmente congiunta con la spiritualità, il modo proprio di operare dello spirito» (170). La libertà si manifesta soprattutto nei rapporti umani e questi sono alla base della famiglia, della società e dello Stato. La famiglia, in particolare, può diventare immagine di Dio «che si rispecchia in essa come bellezza nella donna, come bontà nell'uomo, come vita nei genitori, come santità che rifulge nell'innocenza dei figli» (171). Se la famiglia è la prima cellula della società, a sua volta la società è per Pavan «quell'unità che si realizza nella coordinazione di mezzi atti al raggiungimento di un fine determinato. Questi mezzi sono le attività proprie dei singoli, di cui essi dispongono; il fine, invece è il bene comune, che poi si concretizza nel dare ad ognuno i sufficienti beni indispensabili alla vita umana» (172). Parole di grande attualità e utilità per lo scenario sociale e politico nel quale ci troviamo. Il discorso sulla società trova ampia analisi nel libro pubblicato nel 1949 La società a servizio dell'uomo. Dalla società ha origine lo Stato in quanto «frutto della spiritualità umana ed ha come fine principale quello di contribuire positivamente al perfezionamento della persona. Lo stato non è il prodotto dell'arbitrio umano, ma una istituzione che si attua nel tempo in rispondenza ad un piano provvidenziale» (172).
Un altro aspetto importante nella sua riflessione sul rapporto tra società e persona umana è il tema dei diritti. Pavan parla innanzitutto di diritti naturali quali il fondamentale diritto alla vita, il diritto al culto, al matrimonio, al lavoro, il diritto alla scelta dei beni materiali, il diritto al dovere. Inoltre, accanto a questi, vi sono i diritti civili che non sono semplici concessioni che lo Stato fa ma «sono gli stessi diritti naturali rielaborati dall'autorità statale in conformità alle esigenze della convivenza civile; sono cioè veri diritti individuali soggettivi pubblici» (182-183). Queste ad altre riflessioni sul tema dei diritti trovano luogo in un testo del 1950 L'uomo nel mondo economico. Il regime democratico è l'unico in grado di difendere realmente i diritti civili così come sono sanciti dai primi articoli della Costituzione Italiana. Essi sono: la libertà di coscienza, di culto, di manifestazione del proprio pensiero, la libertà personale, di movimento, di soggiorno, di scelta del proprio stato, diritto di stabilire che lavoro fare, la garanzia in caso di arresto arbitrario, diritto alla proprietà. Conclusiva ed emblematica del rapporto tra lo Stato e il cittadino è la convinzione che l'uomo, quando diviene cittadino, rimane sempre un uomo (cf 183).
Dalla lettura di questo libro della Ciriello la figura di Pavan appare in tutta la sua significatività culturale ed ecclesiale, come ne è prova anche la testimonianza offerta dall'allora cardinale Joseph Ratzinger in un convegno tenutosi a Roma nel 1999 che lo definì "il mio amico sapiente".
Tratto dalla rivista "Rassegna di Teologia" n. 4/2013
(http://www.rassegnaditeologia.it)
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