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Descrizione
Insieme ai precedenti lavori dedicati al giuramento politico e alla giustizia, questo volume porta a termine un'imponente opera d'interpretazione con cui Prodi ha indagato e messo in luce alcuni tratti costitutivi profondi della civiltà europea, ossia le strutture mentali, sociali, economiche e giuridiche che hanno consentito l'ingresso della società europea nella modernità. Queste pagine mostrano come a partire dal medioevo il mercato si sia affermato in quanto soggetto autonomo, luogo indipendente di determinazione del valore dei beni. Con il mercato mutano i concetti di ricchezza e di proprietà e anche il concetto di furto, inteso come violazione del "giusto prezzo" e delle regole del mercato. La formazione di un potere economico distinto da quello politico, e con questo in continua dialettica, è stato ciò che ha permesso non solo la nascita della civiltà industriale ma anche la nascita delle libertà costituzionali e dei diritti. Ripercorrendo una vicenda millenaria, "Settimo non rubare" finisce per interrogarsi sulla crisi in cui questa civiltà pare irreversibilmente entrata oggi.
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DETTAGLI DI «Settimo non rubare. Furto e mercato nella storia dell'Occidente»
Recensioni di riviste specialistiche su «Settimo non rubare. Furto e mercato nella storia dell'Occidente»
Dopo i lavori sulla giustizia politica e il giuramento, con questo vol. la trilogia trova compimento rivolgendosi al mercato, per indagare ciò che rende unica l’esperienza dell’Occidente. «La tesi da cui parto è che fra il XII e il XV sec. con la nascita del mercato occidentale è mutato, insieme a quelli di ricchezza e di proprietà, anche il concetto di furto (…). Accanto al furto tradizionale appare il furto come violazione delle regole del mercato». La formazione di un potere economico distinto da quello politico, e con esso in continua dialettica, è stato ciò che ha permesso non solo la nascita della civiltà industriale, ma anche quella delle libertà costituzionali e dei diritti. Con un’inevitabile proiezione sulla crisi in cui questa civiltà pare irreversibilmente entrata oggi.
Tratto dalla rivista Il Regno n. 20 del 2009
(http://www.ilregno.it)
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