Filo conduttore e tema ricorrente del vol. è l’amore per la vita, che costituisce l’aspetto fondamentale della natura umana e conduce l’uomo verso il bene e la piena realizzazione. Nella convinzione che tale amore per la vita vada espresso sempre, in ogni genere di circostanza e soprattutto nelle situazioni-limite caratterizzate da precarietà e sofferenza.
Tratto dalla Rivista Il Regno 2010 n. 20
(http://www.ilregno.it)
La bioetica si concepisce come un progetto di speranza per l’uomo, come amore per la vita e come possibilità di realizzazione di un’umanità migliore. Tuttavia per attuare tale progettualità essa ha bisogno di conservare chiara la sua identità, di essere essa stessa umanizzata, di amare la vita per saper riconoscere il bene e non cedere a ideologie o interessi di parte. E il concetto di «vita» nella visione biblico-teologica è molto ampio, declinato in vita biologica-fisica- corporale, vita spirituale o personale, vita divina ed eterna.
Tratto dalla Rivista Il Regno 2010 n. 18
(http://www.ilregno.it)
Il libro di S. Cipressa, docente di teologia morale presso l’Istituto superiore di scienze religiose a Lecce, raccoglie alcuni saggi dell’autore scritti e pubblicati in tempi diversi, ma tutti ispirati «dall’amore per la vita che costituisce l’aspetto fondamentale della natura umana e conduce l’uomo verso il bene e la piena realizzazione» (p. 11). Suddiviso in tre parti – la prima: Valore della vita e suo orizzonte (pp. 13-93), la seconda: Bioetica e biofilìa (pp. 95-123), la terza: Esperienza della sofferenza e amore per la vita (pp. 125-180) – il volume è attraversato da un accorato invito a concepire e a praticare la bioetica come un «progetto di speranza per l’uomo, come amore per la vita e come una possibilità per realizzare un’umanità migliore» (p. 8).
A giudizio dell’autore, infatti, una bioetica non biofila, cioè non orientata a difendere, a promuovere, a custodire e a servire la vita «soprattutto nelle situazioni limite caratterizzate da precarietà e sofferenza» (p. 11), contraddice la sua stessa identità, misconoscendo il carattere multidimensionale della vita umana e la sua irriducibilità a dato puramente biologico (cf. pp. 50-52; p. 112). In questa linea, le riflessioni di Cipressa privilegiano un registro espressivo di tipo parenetico-esortativo piuttosto insolito nei testi di bioetica, dove prevale un approccio più analitico ed argomentativo alle questioni. Molto frequenti e insistiti, inoltre, sono i richiami al magistero della chiesa, con una netta preferenza per l’insegnamento di papa Giovanni Paolo II. Il lettore meno competente in materia può quindi apprezzare l’immediatezza con cui l’autore presenta i capisaldi dell’etica della vita della chiesa cattolica (cf. in particolare, le pp. 15-60).
L’interlocutore più esperto, invece, non può non avvertire un certo imbarazzo di fronte alle numerose affermazioni apodittiche dell’autore. La complessità degli argomenti trattati, la pluralità delle interpretazioni possibili e l’ampia gamma delle opzioni etiche disponibili nell’attuale dibattito culturale, a nostro giudizio invocherebbero un’analisi più dettagliata e più precisa sotto il profilo metodologico. Si pensi soprattutto alla necessità di distinguere e di articolare con maggiore attenzione i diversi livelli del discorso bioetico, evitando il rischio di confondere il piano meta-etico con quelli normativo (etico e giuridico) ed educativo-formativo. Da questo punto di vista, la terza parte del volume, dove si nota lo sforzo di operare una lettura fenomenologica dell’esperienza della sofferenza (cf. in particolare le pp. 127-152), risulta più convincente e più invitante.
Tratto dalla rivista "Credere Oggi" n. 6 del 2011
(http://www.credereoggi.it)
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