Natura senza fine
-Il naturalismo moderno e le sue forme
(Scienze religiose)EAN 9788810415023
Come ricordano i curatori del volume, che è il quattordicesimo della collana di Scienze religiose dell’Istituto trentino di cultura - Centro per le Scienze religiose, il libro «nasce sulla scia di un seminario tenuto all’Istituto Trentino di Cultura il 10-11 giugno 2004, intitolato ‘Il naturalismo moderno e le sue forme’» (p. 9).
Il titolo del volume indica la diversità e la complessità delle posizioni su un termine quale natura che, nel contesto delle diverse posizioni filosofiche, evoca una molteplicità di orientamenti che si definiscono naturalismo. Benché vi siano posizioni anche inconciliabili a riguardo, è sempre possibile e molto proficuo che i diversi apporti disciplinari e interdisciplinari siano considerati insieme, così da arricchire studi e ricerche che non si prestano a nessuna lettura unilaterale.
Il volume viene incontro ad un problema di ordine generale e molto avvertito, quello di un dibattito pubblico sempre più vasto sul termine natura.
Ricordiamo che il termine naturalismo è stato spesso distinto e ripartito in una molteplicità di significati. Esso solleva una molteplicità di questioni che rimandano a tematiche ontologiche essenziali. Infatti, non si può eludere il problema se sia possibile rispondere a interrogativi metafisici che, lungi dall’essere lontani dall’uomo, sono impliciti nel problema del rapporto tra la mente e il corpo e tra la causalità naturale e la libertà umana.
Bisogna ricordare che esistono grandi concezioni della natura che attraversano la cultura occidentale, ad esempio quella dell’organismo, quella del sistema in equilibrio che sa trarre vantaggio dai propri stessi limiti, quella della strutturazione meccanica. Evidentemente tali tesi non sono equivalenti, ma dai loro pur diversi sviluppi emerge la convinzione che non sarebbe legittimo separare scienza e filosofia ed opporre troppo precipitosamente lo studio dei fatti e i contesti teorici, poiché proprio questo atteggiamento, che ha deboli fondamenti metodologici, ha finito per nuocere alla scienza e ha dato credito a nuove forme di misticismo esasperato e di poco condivisibile irrazionalismo.
Si può anche ricordare che un aspetto rilevante del dibattito sul naturalismo è costituito dalle ormai «classiche» critiche di Quine al programma fondazionalista del primo Carnap e del neo-positivismo logico. Carnap sosteneva una netta distinzione sia tra analitico e sintetico e sia tra sintassi e semantica. Egli affermava che il raggiungimento di determinati protocolli atomici costituisse un obiettivo essenziale dell’analisi epistemologica. La critica di Quine al programma di fondazione epistemologica di Carnap metteva in crisi l’analiticità della sintassi e poneva in discussione il riferimento a protocolli atomici. Avvicinandosi maggiormente all’analisi scientifica, Quine proponeva il ricorso alla psicologia e alla semantica e il superamento dei predetti dualismi che rimontano all’impostazione razionalisitica di Leibniz e alla concezione trascendentalista di Kant.
Benché molti abbiano accettato la critica al neo-positivismo logico , non tutti quelli che hanno riflettuto sulle idee di Quine ne hanno condiviso tutti gli esiti. Né la filosofia di Quine può essere completamente assimilata al riduzionismo di alcuni orientamenti delle neuroscienze che cercano di ricondurre la semantica al linguaggio della neurofisiologia,mettendo in ombra la complessità dell’esperienza umana concreta, la quale deve implicare un riferimento agli altri e alla comunicazione.
Il dibattito coinvolge fondamentali questioni che riguardano il rapporto tra mentale e neuronale: ammettendo che ogni stato psicologico ha un suo correlato fisico, è anche vero che ad uno stato psicologico possono essere congiunti diversi processi fisici e temporali che hanno lo stesso significato dal punto di vista degli stati di pensiero.
Dunque, sembra che l’esigenza di fondo di molte ricerche avanzate sul problema del naturalismo ci porti a comprendere l’utilità di ricorrere a un modello naturalistico «sufficientemente liberale» (p. 249). Questo atteggiamento meno rigido consente di cogliere l’apporto della fenomenologia e la peculiarità dell’interrogazione etica. Infatti, il puro e semplice riferimento a un’etica naturalistica risulta problematico. Già John Stuart Mill evidenziava come la natura contenga in sé anche limiti che stimolano ad una riflessione ulteriore (pp. 51 e 83). Del resto, si sottolinea nel volume che il naturalismo etico non riguarda solo il mondo moderno, ma ha base nella concezione del mondo propria dell’antichità.
A causa dell’erosione della visione naturalistica dell’età antica, è venuto meno il modello classico del naturalismo etico, ma non l’etica naturalistica nel suo complesso. Come dimostrano le etiche naturalistiche d’indirizzo evoluzionista, l’etica si rivolge alla scienza per trovare una legittimazione che non ritiene di rinvenire più nella metafisica antica. Tuttavia, anche in questo caso, la riconduzione del problema etico a quello biologico può avvenire a livelli di complessità e di esaustività diversi. E anche in questo caso, sembrano meno proficue quelle tesi che tendono più fortemente a identificare etica e biologia fino ad affermare che l’uomo è propriamente un animale e il suo comportamento non fuoriesce dai confini o addirittura dai valori che derivano dal suo inserimento nel mondo biologico.
Interessanti e appropriate sono alcune pagine in cui si analizzano aspetti significativi della filosofia di Spinoza, il filosofo che ha sostenuto con decisione l’identità di Dio e della Natura nella sua infinita produttività. Sotto molti aspetti, Spinoza non sembra il sostenitore di un meccanicismo che dissolve completamente la teleologia, ma un pensatore dal quale trarre spunto per una rinnovata riflessione su concetti come organizzazione e organismo che parte notevole della filosofia seicentesca ebbe difficoltà a inquadrare nei suoi quadri teoretici. Lo stesso Kant ammetteva che il rapporto tutto-parti in Spinoza fosse più complesso di quello pensato dalle filosofie dell’esteriorità e del puro meccanismo. La stessa dottrina del conatus indica una spinta interna, che indica «un progressiva costituzione di una forma superiore dello sforzo, in cui l’individuo realizza da sé un’attività che lo rende sempre più libero dalle costrizioni esterne» (p. 68).
Da un lato, le teorie del comportamentismo logico sembrano cedere il posto a una maggiore attenzione per l’esperienza e gli stati soggettivi, ma, d’altro canto, la connessione tra la dimensione del vissuto psichico e la base fisiologico-neurale sembra sempre più complessa, il che giustifica la compresenza di diverse teorie che devono integrare i loro apporti. Infatti, occorre sempre nuovamente riflettere su come effettivamente si colleghino il vissuto soggettivo e la spiegazione neurofisiologica, dal momento che entrambi hanno una loro legittimità (diversamente intesa e interpretata).
Sono alcune tematiche di un libro che va letto per cogliere molti dei più recenti orientamenti della ricerche sulle questioni della natura e del naturalismo. Inoltre, si potrà leggere un’appendice di testi che può permettere un più facile approccio alle voci più significative del dibattito in corso.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2009, nr. 3
(http://www.fttr.it/web/studiapatavina)