Collaboratori della vostra gioia...
-Saggi in onore di p. Francesco Duci
(Teologia viva)EAN 9788810409725
Capita sovente ai volumi collettanei in onore di qualche maestro di avere la percezione di una pluriformità di percorsi. Ma su questo volume, scritto per l’occasione degli ottant’anni di un maestro di teologia, padre Francesco Duci scj, l’impressione è assai più forte. Fra gli autori dei quindici saggi vi è un nucleo di teologi europei di rilievo (Christof Theobald – Parigi, Klaus Müller – Münster, Kurt Appel – Vienna, Pierangelo Sequeri – Milano, Hansjürgen Verweyen – Freiburg), un gruppo di redattori e collaboratori de Il Regno e uno di professori presso la Facoltà teologica dell’Emilia-Romagna (Marcello Neri, Giandomenico Cova, Giuseppe Scimé, Erio Castellucci), con argomenti che spaziano fra teologia, media, letteratura e testimonianze. Non meno sorprendente il titolo che coniuga due grandezze raramente messe in relazione: la teologia e la gioia. La coerenza dei testi si propone al lettore con una propria forza, ma la conoscenza diretta del festeggiato fa capire con immediatezza la pertinenza dell’insieme e la verità della letizia d’essere introdotti da un sicuro maestro entro i misteri della fede.
Per quanti hanno partecipato alle sue lezioni a Bologna (allo Studentato teologico dehoniano, all’Antoniano, allo Studio teologico ora Facoltà, all’Istituto superiore di scienze religiose), essere presi per mano da p. Duci significava entrare nella sorprendente bellezza della teologia in cui si cominciavano a distinguere le nervature essenziali della costruzione, gli abbellimenti occasionali della storia, le grandi narrazioni visive frutto di accesi dibattiti, le scorie sedimentate, la luce della fede che attraversava ogni figura. Una percezione che ha accompagnato stabilmente i suoi allievi nelle diverse vie disciplinari e professionali successivamente praticate.
Un primo nucleo d’interesse è legato alla teologia praticata, a un insegnamento che non ha bisogno di pubblicazioni, anche se se ne nutre con competente avidità. «È proprio il concetto di “produzione” teologica, strettamente legata alla dinamica della pubblicazione – annotano i due curatori, Marcello Neri e Maurizio Rossi – a essere estraneo alla teologia di Francesco Duci. La teologia non “produce”, ma nasce dalla meraviglia di una scoperta che è interrogazione alla libertà dell’uomo, e pensa la meraviglia, la scoperta, l’interrogazione, l’uomo, non come ambiti distinti e separati, ma come l’unitarietà originaria dell’evento cristiano. Dopo averla pensata, la dice perché solo in questo gesto espressivo e comunicativo, nella destinazione ad altri da sé, sa di trovare la gioia che Dio è proprio così e non altrimenti: come lo vive, sente, attesta, quell’uomo di Nazaret, il Figlio, detto il Cristo» (11).
Un secondo riferimento certo è il Vaticano II. «A partire da questo concilio la Chiesa cattolica inizia a concepirsi e a delinearsi come Chiesa universale policentrica. Il riconoscimento della libertà religiosa (Dignitatis humanae) è l’estrema espressione della volontà della Chiesa di porsi, con sottintesa autocritica, in un rapporto adeguato con il mondo moderno» (Müller, 59) anche se tale rapporto è enunciato e non esaustivamente pensato, dando luogo a confronti piuttosto aspri anche ultimamente. «Alla base di tali controversie si colloca la nuda e cruda domanda su quanta innovazione sia in grado di sopportare una religione della rivelazione, e su come essa si rapporti alla scoperta della sua stessa storicità».
Un terzo riferimento riguarda l’atteggiamento interiore ossia la spiritualità con cui si affronta il pensiero teologico. Nel caso di p. Duci si tratta dell’eredità della devozione. Un deposito tutt’altro che tramontato nella sua intuizione di fondo. Si potrebbe tradurlo oggi nella domanda estetica a cui la riflessione teologica si avvia. Qualcosa di assai vicino alla tradizione anselmiana di cui tratta il saggio di Sequeri. «L’estetica è sensibilità: senza felice pervasività del sensibile la verità di Dio non consegue la sua giustizia, l’etica dell’atto creatore manca il suo senso». Per la coscienza credente «l’anticipazione certa di ciò che ha da essere non è il semplice pensiero di Dio, né l’immaginazione della beatitudine eterna. Essa è proprio il sentimento della felicità per la felicità di Dio: che è la gioia della gioia altrui. L’emozione di questo sentire, che sigilla la qualità etica del godimento, è l’evidenza estetico-affettiva del compimento alla massima altezza possibile del senso» (83).
Trasmettere il fascino di una teologia non apologetica, ma critica della fede, di un umano che anche nella sua connotazione postmoderna trova fra i suoi fondamenti l’apertura e la domanda sull’evento Gesù è stato la sfida dell’insegnamento di p. Duci, ma anche il senso della pratica dell’opinione pubblica nella Chiesa e nella società cercata da Il Regno e dall’insieme delle riviste del Centro editoriale dehoniano.
Tratto dalla Rivista Il Regno 2008 n. 22
(http://www.ilregno.it)
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