I volumi presentano tutti i canoni del Codex Iuris Canonici (CIC) con traduzione e un approfondito commento, autentica miniera di informazioni per studenti e docenti di diritto canonico, studiosi e operatori del diritto. A distanza di 15 anni dalla seconda edizione, la terza tiene conto del triplice profilo lungo il quale il Chiappetta si è mosso: la legislazione universale, il diritto particolare e/o complementare e la normativa pattizia. L'attività legislativa della Chiesa ha conosciuto una notevole produzione normativa post-codiciale, sia con documenti dottrinali ed esortativi, sia con documenti propriamente legislativi, sia con interventi legislativi volti a completare aspetti delle leggi codiciali stesse in ambiti specifici della vita della Chiesa.
L'aggiornamento ha, poi, riguardato la normativa complementare della CEI, che ha avuto un notevole sviluppo sia nell'applicazione del diritto universale sia in riferimento specifico al diritto concordatario con lo Stato italiano. E, infine, si è mantenuta la particolare attenzione al diritto pattizio-concordatario cui l'autore, sin dalla prima edizione, aveva dedicato ampio spazio. Tale complesso panorama normativo ha imposto un vero e proprio aggiornamento del Commento, tenuto conto delle mutazioni legislative apportate ad alcuni canoni del Codice, come pure in considerazione di ulteriore e nuova legislazione postcodiciale in applicazione al Codice stesso. Si è poi aggiunta un'opera di revisione formale e sostanziale. Dal punto di vista formale, si sono apportate, per quanto è stato possibile, correzioni materiali, completamenti nelle citazioni letterarie e nelle indicazioni bibliografiche per consentire più facilmente al lettore l'accesso diretto alle fonti e agli autori moderni, non senza il tentativo di una maggiore uniformità redazionale. Dal punto di vista sostanziale, si è tenuto conto del progresso della dottrina e della giurisprudenza su questioni e posizioni ormai superate o comunque da aggiornare in accordo con gli sviluppi maggioritari della scienza canonistica; nell'esposizione di alcuni aspetti sui quali vi è stato un diretto intervento interpretativo o esplicativo, si è indicata specificamente la linea preferenziale o esclusiva da seguire, specie nei casi risolti con riposte autentiche o indirizzi.
ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE
I processi
IL VII LIBRO DEL CODICE
Contiene il diritto processuale, ossa l'insieme delle norme istituite dalla Chiesa per l'amministrazione della giustizia, sia nel campo giudiziario che in quello extragiudiziario (processi o piuttosto (processi in senso stretto), procedimenti amministrativi, nei quali il termine «processo» assume un senso più ampio).
1) La ripartizione della materia
Il VII libro del Codice è diviso in cinque parti:
1° I giudizi in generale: cann. 1400-1500.
2° Il giudizio contenzioso: cann. 1501-1670:
- Ordinario: cann. 1501-1655
- Orale: cann. 1656-1670.
3° Alcuni processi speciali: cann. 1671-1716:
a) Processi matrimoniali: cann. 1671-1707:
- Cause per la dichiarazione di nullità del matrimonio: cann. 1671-1691
- Cause di separazione dei coniugi: cann. 1692-1696
- Processo per la dispensa dal matrimonio rato e non consumato: cann. 1697-1706 - Processo di morte presunta del coniuge: can. 1707.
b) Cause per la dichiarazione di nullità della sacra ordinazione: cann. 1708-1712.
c) Modi per evitare i giudizi: cann. 1713-1716.
4° Il processo penale: cann. 1717-1731.
5° Procedure nei ricorsi amministrativi e nella rimozione o nel trasferimento dei parroci: cann. 1732-1752.
Nella suddetta ripartizione della materia, sono usati promiscuamente tre termini: causa, giudizio e processo. Sostanzialmente essi coincidono, per cui sono usati come sinonimi di un medesimo concetto, considerato sotto aspetti diversi.
La causa è la controversia che l'autorità competente è chiamata a risolvere mediante l'applicazione della legge (il diritto sostantivo).
Il giudizio - dal verbo «giudicare» - è la decisione definitoria emessa dall'autorità che ha trattato la causa.
Il processo - dal verbo «procedere» - è il giudizio nel suo svolgimento o sviluppo (processus iudicii): indica l'iter ossia la serie degli atti, attraverso i quali il giudizio giunge alla sua conclusione.
Il Codice parla anche di procedura: propriamente, essa è l'insieme delle norme (diritto formale) che disciplinano il giudizio e che devono essere osservate nello svolgimento del processo.
2) Significato e necessità del diritto processuale canonico
Sono note le diverse tendenze che si manifestarono negli anni post-conciliari, in merito al processo canonico.
La prima. in una posizione nettamente estremista, contestava la legittimità di un diritto processuale ecclesiastico - anzi di qualsiasi diritto normativo canonico - perché ritenuto contrario alla natura e alla missione della Chiesa, alla essenza del messaggio evangelico.
La terza tendenza infine, aperta alle nuove istanze maturate nel Concilio Vaticano II, sosteneva la necessità di conservare al processo la sua struttura tecnico-giuridica, ma nello stesso tempo ne auspicava un opportuno rinnovamento, da attuarsi con una decisa semplificazione delle norme e, soprattutto, con un chiaro senso di pastoralità.
Com'era logico aspettarsi, prevalse nella revisione del Codice questa terza tendenza, la sola che mostrava saggia prudenza ed equilibrio.
Senza dubbio, nella società religiosa come in quella civile, il processo costituisce sempre, in sé, qualcosa d'irregolare, di anomalo, poiché presuppone la trasgressione della legge. la violazione dei diritti altrui, una situazione di conflittualità o almeno di dubbio, d'incertezza, di fatto o di diritto, che occorre risolvere, chiarire. Il can. 1446, § 1, esorta formalmente i fedeli a fare ogni sforzo perché, salva la giustizia, siano evitate le liti in mezzo al popolo di Dio e si compongano pacificamente al più presto. Fa inoltre obbligo al giudice. con insistenza, di tentare la conciliazione delle parti mediante un'equa soluzione della controversia (cane. 1446, § 2; 1676; 1695). Nel can. 1733, § 2, si prevede infine l'istituzione di un ufficio o consiglio di conciliazione, allo scopo di comporre equamente le controversie che dovessero sorgere con l'autorità.
Ma poiché, purtroppo, le violazioni della legge e dei diritti altrui sono, in buona o mala fede, un fatto di esperienza quotidiana, il quale crea nella comunità una situazione socialmente pericolosa, è necessario, con tutta evidenza, che l'ordine e la giustizia vengano ristabiliti secondo precise norme e formalità, a garanzia di un'efficace tutela del diritto.
Il potere giudiziario, del resto, è una delle tre funzioni essenziali della potestà di governo, che appartiene iure proprio alla Chiesa (can. 135, § 1), istituita da Cristo come comunità storica, socialmente organizzata (can. 204, § 2). Risulta da più testi della Sacra Scrittura che tale potere è stato conferito espressamente alla Chiesa dal suo Divin Fondatore: cfr. Bit 18,17-18; 1Cor 4,21; 5,3-5, ecc.
3) Principali innovazioni
Il libro VII del vigente Codice si presenta notevolmente rinnovato di fronte al corrispondente libro IV del Codice anteriore. Le più importanti innovazioni - richiamate dallo stesso Gruppo di Studio, al quale verme affidata la revisione della materia processuale (cfr. Carrtm 2 [1970], pp. 183-194; 6 [1974], pp. 39-44; 8 [1976], pp. 185-200) sono le seguenti.
Una netta semplificazione delle norme procedurali, che risulta dallo stesso numero dei canoni del nuovo Codice: 353, di fronte ai 500 del Codice precedente, con una riduzione di ben 147 canoni. CIÒ ha permesso di sopprimere molte norme ormai superate e altre superflue o complicate, che nuocevano alla chiarezza.