«Tutto ciò che Dio ha creato è buono» (1Tm 4,4). Il rapporto con le realtà terrene nelle lettere pastorali
(Supplementi alla rivista biblica)EAN 9788810302361
Le “lettere pastorali” non hanno sempre quel riconoscimento che si meritano. La loro paternità non paolina ha facilmente determinato la conclusione che sono contro il vero Paolo, o quasi. Il merito di questo studio, derivato da un dottorato sostenuto al Pontificio Istituto Biblico, è molteplice e si esprime ad incastro: anzitutto si approfondisce un tema affermato nelle “lettere pastorali” e sempre centrale nella rivelazione cristiana, la natura positiva o negativa della creazione; ad un secondo livello viene rimarcata l’importanza teologica e pastorale da riconoscere alle tre lettere, a Timoteo (prima e seconda) e a Tito (terza), contrastando la latente eppur diffusa sottovalutazione; ad un terzo livello, più sullo sfondo, ma in maniera esplicita, si mette in luce la permanente attualità dei problemi affrontati nelle “lettere”, tipici di un’epoca di trapasso e per diversi aspetti vicina alla nostra. Il procedimento dell’A. si concentra dunque subito sull’esame di 1Tim 4,4: «Tutto ciò che Dio ha creato e buono».
Lo legge nell’immediato contesto dei vv. 1-5, dove invece appaiono le opinioni scettiche e negative sul creato e sulle istituzioni come il matrimonio e la stessa assunzione dei cibi (parte I). Poi si passa al contesto ricercando nello spirito del tempo (filosofie e prassi di ambiente) la radice di tali opinioni negative (parte II). Viene infine assai opportuna la comparazione tra il pensiero di Paolo e quello delle “lettere pastorali”, mostrandone la consonanza, ma anche quella innovazione che i bisogni della comunità andavano manifestando, codificata dall’A. nel termine di ‘cittadinanza’, per cui il cristiano partecipa attivamente alle strutture sociali e politiche nello spirito del Vangelo. Crediamo che sia da attenuare l’affermazione un po’ ambigua secondo cui, nelle “lettere pastorali”, «da kerigma il vangelo tende a diventare deposito» (p. 183). In realtà il “deposito” è un’altra faccia del “kerigma”, che appare quando il mistero di Gesù morto e risorto si inoltra nella storia, è il kerigma che si fa tradizione. Richiamiamo ancora un dettaglio. Usando espressamente il termine di “educazione” (p. 160), ci saremmo aspettati la valorizzazione di Tit 2,11, dove appare il termine paideia con il significato più greco che in altre parti del NT.
Condividiamo il giudizio lusinghiero del prof. Biguzzi che elogia il lavoro dell’A., per il tema affrontato e per averlo fatto dedicandosi alle “lettere pastorali”, richiamando esplicitamente la forza del contesto socio-culturale perché il dato biblico possa esprimere meglio la sua vitalità. Noi aggiungiamo l’apprezzamento per lo stile limpido e gradevole. Da segnalare globalmente è il rovesciamento di posizioni esegetiche che vedevano nelle “lettere pastorali” un abbassamento di vigore evangelico rispetto al mondo ambiente. Per il nostro A. si tratta invece di «evitare che la vita cristiana si cristallizzi in una struttura asettica, insensibile alle sfide dell’ambiente e della società» (p. 181).
Tratto dalla rivista "Salesianum" 72 (2010) 2, 366-367
(http://las.unisal.it)