L' ebraicità di Gesù e dei Vangeli
(Cristiani ed ebrei) [Libro in brossura]EAN 9788810207031
Gesù è un ebreo: circonciso l’ottavo giorno, celebra Pesach, il sabato va in sinagoga, legge la Scrittura in ebraico e pronuncia la benedizione sul pane e sul vino. Ma l’ebraismo di Gesù si è anche distinto da quello del tempo. Il vol. ricostruisce questo percorso in quattro tappe: le origini familiari di Gesù, la preparazione al ministero pubblico nel deserto accanto al Battista, il ministero in Galilea che entra talvolta in collisione con l’osservanza dei farisei, la morte a Gerusalemme e lo scontro con l’autorità religiosa sadducea e il potere d’occupazione romano. La I parte del testo è dedicata all’ebreo Gesù, la II all’ebraicità dei Vangeli. Quest’ultima affronta gli aspetti letterari e teologici, spesso problematici, che legano strettamente i testi su Gesù alla Bibbia e alla teologia ebraica, quali il compimento, la sostituzione e l’antigiudaismo cristiano.
Tratto dalla Rivista Il Regno 2011 n. 16
(http://www.ilregno.it)
Il libro si inserisce nella nuova collana «Cristiani ed ebrei», che si prefigge due scopi: impostare in modo corretto e positivo il rapporto tra cristianesimo ed ebraismo, recependo le indicazioni del Vaticano II; presentare in maniera curata e precisa gli elementi fondamentali dell’ebraismo. L’autore, Alberto Mello, monaco della comunità di Bose, vive e insegna a Gerusalemme; ha anche edito presso la Queriniana: Ebraismo (Brescia 2000).
Tratto dalla rivista Concilium n. 1/2012
(http://www.queriniana.it/rivista/concilium/991)
Mello, monaco della Comunità di Bose che vive da decenni a Gerusalemme, ha dato alle stampe un libro piccolo nella forma, ma pregevole nei suoi contenuti e frutto di una scelta convinta in favore del dialogo ebraico-cristiano. L'indagine, preceduta dalla prefazione del card. Carlo Maria Martini, si divide in due parti: 1) l'ebreo Gesù (574); 2) l'ebraicità dei Vangeli (75-137). L'A., per individuare le connotazioni ebraiche di Gesù, stabilisce quattro tappe essenziali: «a) le sue origini familiari, e quindi l'appartenenza etnica, più precisamente la discendenza davidica, e quindi potenzialmente messianica; b) una preparazione al ministero pubblico nel deserto, accanto a Giovanni Battista, e molto esposta alle ricche sollecitazioni spirituali del monachesimo essenico; c) il ministero in Galilea, cioè un'attività esorcistica e terapeutica che entra talvolta in collisione con l'osservanza della Torà propria dei maestri galilei, cioè farisei; d) la morte a Gerusalemme, che comporta lo scontro con l'autorità religiosa sadducea e con il potere di occupazione romano, dove riappare in pieno il suo radicalismo» (7). Di particolare interesse risulta la spiegazione del rapporto che Gesù ebbe con Giovanni Battista e con il movimento essenico, la cui espressione più radicale fu la comunità di Qumran. «Esistono contatti molto forti, impossibili da negare, tra la figura del Battista e la comunità del mar Morto» (26) ove si tenevano in grande considerazione le abluzioni con acqua, elemento ripreso dai molteplici movimenti battisti. Lo stesso battesimo di Gesù potrebbe essere il frutto di «un rapporto di discepolato tra Gesù e Giovanni, cui il battesimo avrebbe introdotto e che sarebbe stato seguito da un lungo periodo di prova ("quaranta giorni") nel deserto» (26). In seguito, Gesù preferendo dedicarsi alla guarigione degli ammalati e all'accoglienza dei peccatori, prenderà le distanze da Giovanni, che continuò a rappresentare l'interprete di un ebraismo radicale e apocalittico (27). Gesù non fu solo un rabbi, un maestro della Torà, ma anche un "medico", un esorcista, un taumaturgo. Infatti, la maggior parte dei racconti evangelici sono racconti di guarigione. L'ebraismo galilaico in cui visse Gesù, lungi dall'essere mediocre, rappresentava un ebraismo più radicale di quello che si praticava in Giudea e forse anche a Gerusalemme. In un contesto così vivace e fervente sorsero numerosi maestri, contemporanei di Gesù: Chanina ben Dosa, originario di Arav in bassa Galilea; Jochanan ben Zakkai, primo «presidente» dell'assemblea rabbinica di Javne e rifondatore dell'ebraismo dopo la distruzione del Tempio; Choni, il Tracciacerchi (46). La scelta celibataria, la povertà volontaria, il rifiuto dei giuramenti erano caratteristiche del modo di vivere dei "monaci" di Qumran, che probabilmente hanno influenzato le stesse scelte di Gesù.
È vero che Gesù è rimasto ancorato all'ebraismo del suo tempo, tuttavia non ha mai aderito a nessun partito. Nei Vangeli riscontriamo tre punti fondamentali di halakhà su cui si sviluppò la discussione fra Gesù e i farisei: a) l'osservanza del sabato; b) le norme di purità; c) la legge matrimoniale (48). Di fatto, Gesù si è mostrato più radicale dei farisei (giuramento, divorzio, critica del tempio), ma più permissivo e misericordioso degli esseni o dei chassidim (sabato, purità, amore dei nemici). In quanto persona non conformista, Gesù si è rivelato un autentico "profeta" (71).
Nella seconda parte del libro l'A. si dedica a individuare il carattere ebraico dei quattro Vangeli. Matteo è il Vangelo che presenta i maggiori contatti con la cultura ebraica: non per nulla la tradizione lo ha considerato il Primo Vangelo ed è il più utilizzato nella liturgia (76). Inoltre, le radici ebraiche della Chiesa nascente sono confermate dalla successione dei vescovi di Gerusalemme: fino al 135 d.C. tutti i vescovi erano ebrei (78). Le forme primitive di giudeo-cristianesimo si possono associare a quattro apostoli: a) Pietro rappresenta gli ebrei osservanti della kashrut,la purità dei cibi (At 10; Gal 2). b) Paolo non impone la Legge ai gentili, ma lui stesso si considera ancora tenuto a osservarla. c) Giacomo di tendenza conservatrice in At 15 non richiede la circoncisione agli etnico-cristiani, ma li esorta a osservare i "precetti noachici" (il sangue, gli animali soffocati, l'impudicizia). d) Giovanni considera superata la Legge, sostituita dall'unico comando dell'amore vicendevole. von Balthasar ha schematizzato queste quattro posizioni così: Pietro (fede) Giovanni (amore); Giacomo (legge) Paolo (libertà). Sono i poli di un "quadrato apostolico". Anche i Vangeli sono quattro; Ireneo parlava di un evangelo "quadriforme": Marco è l'evangelo petrino; Luca quello paolino; Matteo quello di Giacomo; Giovanni è autonomo (79-80).
Il primo scrittore del NT è Paolo, che però ha trascurato quasi del tutto la memoria storica e l'insegnamento di Gesù. Il Vangelo di Marco intende colmare proprio questo vuoto, al punto che sembra correggere Paolo con Pietro, operando una sintesi tra la tradizione delle chiese elleno-cristiane (Paolo) e quella delle chiese giudeo-cristiane (Pietro). «Il risultato è una cristologia che unisce l'etica giudaica del Regno, predicata da Gesù, con la soteriologia misterica della morte-risurrezione predicata da Paolo. Perciò l'emersione del Primo Vangelo è di un'importanza incalcolabile per la formazione del cristianesimo primitivo e della Chiesa nascente. Ma, in un certo senso, si può dire che è anche un ritorno alle origini giudaiche del cristianesimo, contro il rischio di una sua riduzione a un mistero ellenistico» (87).
Decisa è la posizione che l'A. sostiene sull'ipotesi della fonte Q (= Quelle, "fonte"): è un'invenzione scientifica dei tedeschi non verificabile (89).
Numerosi sono gli esempi che l'A. fornisce per dimostrare l'autentica ebraicità di Gesù e dei Vangeli, fino a concludere quanto sia deprecabile ogni forma di inimicizia alimentata contro il popolo ebraico. «La polemica cristiana antigiudaica è un fatto che risale alle origini: non per questo deve continuare a essere un elemento costitutivo della nostra storia. Dopo gli orrori del XX secolo, questo ci è vietato in tutti i sensi» (136s).
La lettura di questo libro alimenta il piacere di conoscere meglio la Bibbia e Colui che in essa si rivela. Amare Gesù equivale ad amare il suo popolo.
Tratto dalla rivista "Rassegna di Teologia" n. 4/2013
(http://www.rassegnaditeologia.it)
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