Il futuro dell'uomo. Fede cristiana e antropologia. IV Forum del Progetto Culturale
(Oggi e domani)EAN 9788810140048
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Tipo
Libro
Titolo
Il futuro dell'uomo. Fede cristiana e antropologia. IV Forum del Progetto Culturale
Autore
Servizio Nazionale per il Progetto Culturale della CEI
Editore
Edizioni Dehoniane Bologna
EAN
9788810140048
Pagine
320
Data
gennaio 2002
Peso
354 grammi
Altezza
21 cm
Larghezza
14 cm
Collana
Oggi e domani
COMMENTI DEI LETTORI A «Il futuro dell'uomo. Fede cristiana e antropologia. IV Forum del Progetto Culturale»
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Recensione di Pio Pampaloni della rivista Studia Patavina
In successione logica col precedente, questo IV° Forum del Progetto Culturale della C.E.I. affronta scenari e problemi, propri della scienza e della tecnica attuali, che tendono a prospettare una ridefinizione del concetto di “uomo”.
L’intento è stato quello di poter suggerire piste orientative per “rinnovare gli approcci disciplinari tradizionali, aggiornandoli alle questioni che si pongono oggi con maggior forza”(p. 5).
Non sfugge, infatti, né che l’uomo è messo sempre più in questione “nella sua consistenza biologica come nella coscienza di se stesso” (p. 8) né l’estendersi, anche in Italia, di altre civiltà che non hanno “il cristianesimo tra le proprie principali matrici” (p. 11), né la constatazione che l’eredità culturale di una religione non più creduta e non più praticata è “destinata ad estinguersi progressivamente” (p. 12).
Tutto il materiale emerso è coordinato secondo criteri ormai convalidati: “Premessa” (pp. 5-6) del Servizio Nazionale per il Progetto Culturale, “Prolusione” (7-15) del card. Camillo Ruini, “Riflessioni introduttive” (17-54) dei due invited speakers: Alberto Oliviero, docente di Psicobiologia presso l’Università “La Sapienza” di Roma, e Robert Spaemann, professore emerito di Filosofia presso l’Università di Monaco di Baviera. Seguono 51 interventi, espressi dai circa 120 partecipanti, coordinati in parti che rispondono successivamente ai titoli: “L’uomo tra modernità ed escatologia” (55-116), “Lo status del corpo fra metafisica, scienza e tecnica” (117-157), “L’uomo nel sistema delle comunicazioni e del mercato globale” (159-267), “Per una nuova sensibilità morale e pastorale” (269-305). Completano il tutto, prima dell’indice generale, le “Considerazioni conclusive” (307-311) di Andrea Riccardi, docente di Storia contemporanea presso l’Università degli studi di Roma Tre.
Merita di essere sottolineato subito, in questo forum, l’ulteriore miglioramento di metodo e di apporti: c’è un affinarsi in positivo sia della valenza delle relazioni introduttive (a mio giudizio, stupenda quella di Spaemann!) sia dei successivi interventi che risultano, per lo più, seriamente preparati e, perciò, ricchi di indicazioni e di stimoli. Con questi si percorre una vasta area che attraversa: biologia, ingegneria genetica, neuroscienze, filosofia, antropologia, metafisica, tecnica, sistema delle comunicazioni, mercato globale.
Di riflesso, si dà visibilità solare a quell’ampia gamma di problemi di ordine etico e pastorale che irrompono con sempre maggior forza nel contesto sociale e culturale del mondo contemporaneo.
Senza dubbio c’è una “maggiore sintonia tra i partecipanti”, come giustamente rilevato nelle “osservazioni conclusive” (p. 307), senza, per altro, che ciò limiti il confronto tra opinioni diverse od orienti verso un generale riflusso sulle posizioni tradizionali. Si coglie, anzi, tanto nelle analisi prospettate quanto nei tentativi di suggerire piste più consone al contesto attuale un desiderio acuto di comprendere, senza pregiudiziali, l’eccezionale progresso tecnico-scientifico in corso e i limiti di una visione cattolica ancora ancorata, in buona parte, al passato.
Naturalmente, a risentire di più dell’irrompere del nuovo sono proprio l’antropologia e l’etica del cattolicesimo classico. La prima perché si trova di fronte ad una “identità smarrita” o si presenta, ormai, come una sintesi “precaria e balbettante” (pp. 103, 109, 119, ecc.). La seconda perché scossa dal “relativismo” e “pluralismo” etico legati alla razionalità (p. 61ss) e dal fatto che per la prima volta ci si trova di fronte ad un “fare uomini, progettare uomini, eliminare uomini che non corrispondono al design desiderato” (p. 46).
Non mancano, per altro, illuminazioni che si allargano anche ad altri ambiti. Si avverte, infatti, che la stessa liturgia sta diventando sempre più un “corpo estraneo all’interno della nostra vita tecnico-scientifica” (p. 54), che il “rinnovamento catechistico” sembra aver perso “di slancio e di creatività” senza aver saputo indicare “vie nuove” (p. 279), che il pensiero cristiano “viene elaborato e trasmesso in maniera che poteva andare bene nei decenni passati” (p. 203) con il rischio di una sua “totale invisibilità” (p. 213).
D’altra parte all’interno di quanto detto emergono anche alcune perplessità. Se gli interrogativi etici sono giustamente predominanti, mi sembra che si resti ancora prevalentemente nell’ottica di “ciò che non va fatto”, cioè, di un’ etica “dei divieti” (p. 272). Manca, mi pare, un adeguato rilievo di quanto vi è di proficuo nello sviluppo tecnico-scientifico attuale, nonostante che non si sia omesso di far presente che occorre “da parte del pensiero cristiano non solo una nuova capacità di discernimento degli elementi positivi della modernità (andando oltre un atteggiamento unilateralmente critico), ma anche una nuova capacità propositiva, che sia all’altezza delle problematiche e della ricerca attuale” (68, 173)
Per di più, se “la catena generazionale si è spezzata” (p. 278) e famiglia, scuola, parrocchia “non sanno più parlare” alle nuove generazioni (p. 234), non c’è solo da trovare una “sinergia di ricerca e di dialogo tra teologi e scienziati” (p. 65), ammesso che sia possibile data la diversità di metodo, resta anche da individuare su quali strutture contare per una comunicazione ed un’ educazione efficaci in senso cristiano. Anche se è già qualcosa riconoscere l’urgenza di saper quanto meno enucleare quelle “icone bibliche” che finora sono state emarginate (p. 59, 192).
Un altro piccolo appunto riguarda il frequente richiamo al principio di responsabilità (pp. 143-144, 173, 182, 295, ecc.). Esso, infatti, non sembra sempre di così facile e pronta applicazione. Basti pensare che certe “tendenze strutturali della nostra società si impongono in modo autonomo” (p. 70) e che nelle gestioni decisionali, in ambito scientifico e tecnico, non sempre è riconducibile alla coscienza dell’individuo, o degli individui preposti in équipe, una percezione chiara ed immediata delle possibili conseguenze per la persona o per l’umanità.
Comunque, non mi pare giusto pretendere che un forum esaurisca tutta la gamma dei nuovi problemi, è già molto che abbia fatto emergere, anche in ambito cattolico, quel “deficit di progettualità” (p. 74) che dovrebbe essere meglio precisato nelle sue cause e nelle possibili soluzioni.
Alle Dehoniane di Bologna il merito di avere reso pienamente fruibile questo volume con una stampa che, come al solito, risulta gradita e fa onore alla casa editrice.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2003, nr. 2
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
L’intento è stato quello di poter suggerire piste orientative per “rinnovare gli approcci disciplinari tradizionali, aggiornandoli alle questioni che si pongono oggi con maggior forza”(p. 5).
Non sfugge, infatti, né che l’uomo è messo sempre più in questione “nella sua consistenza biologica come nella coscienza di se stesso” (p. 8) né l’estendersi, anche in Italia, di altre civiltà che non hanno “il cristianesimo tra le proprie principali matrici” (p. 11), né la constatazione che l’eredità culturale di una religione non più creduta e non più praticata è “destinata ad estinguersi progressivamente” (p. 12).
Tutto il materiale emerso è coordinato secondo criteri ormai convalidati: “Premessa” (pp. 5-6) del Servizio Nazionale per il Progetto Culturale, “Prolusione” (7-15) del card. Camillo Ruini, “Riflessioni introduttive” (17-54) dei due invited speakers: Alberto Oliviero, docente di Psicobiologia presso l’Università “La Sapienza” di Roma, e Robert Spaemann, professore emerito di Filosofia presso l’Università di Monaco di Baviera. Seguono 51 interventi, espressi dai circa 120 partecipanti, coordinati in parti che rispondono successivamente ai titoli: “L’uomo tra modernità ed escatologia” (55-116), “Lo status del corpo fra metafisica, scienza e tecnica” (117-157), “L’uomo nel sistema delle comunicazioni e del mercato globale” (159-267), “Per una nuova sensibilità morale e pastorale” (269-305). Completano il tutto, prima dell’indice generale, le “Considerazioni conclusive” (307-311) di Andrea Riccardi, docente di Storia contemporanea presso l’Università degli studi di Roma Tre.
Merita di essere sottolineato subito, in questo forum, l’ulteriore miglioramento di metodo e di apporti: c’è un affinarsi in positivo sia della valenza delle relazioni introduttive (a mio giudizio, stupenda quella di Spaemann!) sia dei successivi interventi che risultano, per lo più, seriamente preparati e, perciò, ricchi di indicazioni e di stimoli. Con questi si percorre una vasta area che attraversa: biologia, ingegneria genetica, neuroscienze, filosofia, antropologia, metafisica, tecnica, sistema delle comunicazioni, mercato globale.
Di riflesso, si dà visibilità solare a quell’ampia gamma di problemi di ordine etico e pastorale che irrompono con sempre maggior forza nel contesto sociale e culturale del mondo contemporaneo.
Senza dubbio c’è una “maggiore sintonia tra i partecipanti”, come giustamente rilevato nelle “osservazioni conclusive” (p. 307), senza, per altro, che ciò limiti il confronto tra opinioni diverse od orienti verso un generale riflusso sulle posizioni tradizionali. Si coglie, anzi, tanto nelle analisi prospettate quanto nei tentativi di suggerire piste più consone al contesto attuale un desiderio acuto di comprendere, senza pregiudiziali, l’eccezionale progresso tecnico-scientifico in corso e i limiti di una visione cattolica ancora ancorata, in buona parte, al passato.
Naturalmente, a risentire di più dell’irrompere del nuovo sono proprio l’antropologia e l’etica del cattolicesimo classico. La prima perché si trova di fronte ad una “identità smarrita” o si presenta, ormai, come una sintesi “precaria e balbettante” (pp. 103, 109, 119, ecc.). La seconda perché scossa dal “relativismo” e “pluralismo” etico legati alla razionalità (p. 61ss) e dal fatto che per la prima volta ci si trova di fronte ad un “fare uomini, progettare uomini, eliminare uomini che non corrispondono al design desiderato” (p. 46).
Non mancano, per altro, illuminazioni che si allargano anche ad altri ambiti. Si avverte, infatti, che la stessa liturgia sta diventando sempre più un “corpo estraneo all’interno della nostra vita tecnico-scientifica” (p. 54), che il “rinnovamento catechistico” sembra aver perso “di slancio e di creatività” senza aver saputo indicare “vie nuove” (p. 279), che il pensiero cristiano “viene elaborato e trasmesso in maniera che poteva andare bene nei decenni passati” (p. 203) con il rischio di una sua “totale invisibilità” (p. 213).
D’altra parte all’interno di quanto detto emergono anche alcune perplessità. Se gli interrogativi etici sono giustamente predominanti, mi sembra che si resti ancora prevalentemente nell’ottica di “ciò che non va fatto”, cioè, di un’ etica “dei divieti” (p. 272). Manca, mi pare, un adeguato rilievo di quanto vi è di proficuo nello sviluppo tecnico-scientifico attuale, nonostante che non si sia omesso di far presente che occorre “da parte del pensiero cristiano non solo una nuova capacità di discernimento degli elementi positivi della modernità (andando oltre un atteggiamento unilateralmente critico), ma anche una nuova capacità propositiva, che sia all’altezza delle problematiche e della ricerca attuale” (68, 173)
Per di più, se “la catena generazionale si è spezzata” (p. 278) e famiglia, scuola, parrocchia “non sanno più parlare” alle nuove generazioni (p. 234), non c’è solo da trovare una “sinergia di ricerca e di dialogo tra teologi e scienziati” (p. 65), ammesso che sia possibile data la diversità di metodo, resta anche da individuare su quali strutture contare per una comunicazione ed un’ educazione efficaci in senso cristiano. Anche se è già qualcosa riconoscere l’urgenza di saper quanto meno enucleare quelle “icone bibliche” che finora sono state emarginate (p. 59, 192).
Un altro piccolo appunto riguarda il frequente richiamo al principio di responsabilità (pp. 143-144, 173, 182, 295, ecc.). Esso, infatti, non sembra sempre di così facile e pronta applicazione. Basti pensare che certe “tendenze strutturali della nostra società si impongono in modo autonomo” (p. 70) e che nelle gestioni decisionali, in ambito scientifico e tecnico, non sempre è riconducibile alla coscienza dell’individuo, o degli individui preposti in équipe, una percezione chiara ed immediata delle possibili conseguenze per la persona o per l’umanità.
Comunque, non mi pare giusto pretendere che un forum esaurisca tutta la gamma dei nuovi problemi, è già molto che abbia fatto emergere, anche in ambito cattolico, quel “deficit di progettualità” (p. 74) che dovrebbe essere meglio precisato nelle sue cause e nelle possibili soluzioni.
Alle Dehoniane di Bologna il merito di avere reso pienamente fruibile questo volume con una stampa che, come al solito, risulta gradita e fa onore alla casa editrice.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2003, nr. 2
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
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