Un vescovo in dialogo con la sua chiesa: Mario Sturzo e le sue lettere pastorali
(Progetti educativi)EAN 9788809063358
La ricerca di Buscemi nasce dall’amore e dal vivo desiderio di fedeltà alla sua Chiesa siciliana, di cui sa apprezzare la ricca storia, ammirarne i personaggi di grande levatura culturale, teologica e sociale, sentendosi coinvolto in prima persona ad indagarne le scaturigini soprattutto spirituali. E per questo nelle lettere pastorali di mons. Mario Sturzo, vescovo della diocesi di Piazza Armerina, in Sicilia, egli intravede la proposta di un iter di vita profondamente cristiana, impegnata tanto nel sociale quanto nella ricostruzione morale e civile del Meridione d’Italia. Sturzo è un noto nome di battaglia, che ha il suo corifeo nel fratello Luigi, statista lungimirante, coraggioso fondatore del Partito Popolare Italiano, artefice del tentativo di ricomposizione morale dei cocci dispersi di cattolici del dopoguerra. Mario invece, dotto e santo, dalla personalità poliedrica, si buttò silenziosamente a capofitto nell’azione pastorale, e per un quarantennio seminò carità e grazia tra i fedeli.
Filosofo, teologo, letterato, poeta, intelligente critico d’arte, sublime figura d’asceta, brillò come vivida luce nella diocesi tanto per la sua classica oratoria quanto per i numerosi suoi scritti, che spaziano in tutti i rami del sapere. Non fa meraviglia quindi che, quando il 12 novembre 1941 passò a miglior vita, corale fu il cordoglio dell’Italia colta, unanime il consenso sull’ottima gestione delle multiformi opere di carità e impegno catechetico della diocesi, esaltante il giudizio sulla sua spiccata personalità di vescovo santo. Buscemi chiaramente si lascia travolgere dall’entusiasmo per il suo personaggio, di cui si propone di chiarire il contesto storico, socioculturale ed ecclesiale, frugando miratamente, ma con parsimonia, tra i suoi scritti, per permettergli di parlare ancora, direttamente, con quella stessa vibrazione di cuore e di voce, davanti a situazioni dolorose e preoccupanti, che invitavano ed ancora invitano ad «un ritorno al Vangelo, alla fede della Chiesa e ad una fattiva collaborazione per cambiare la società». Ben in risalto viene pure messa la sua totale remissività, apparsa sull’Osservatore Romano il 19 aprile del 1931, al decreto del Sant’Uffizio, che lo accusava di relativismo, di kantismo, di simpatia all’idealismo di Croce e Gentile, di deviazionismo dalla filosofia perenne di San Tommaso e di altro ancora, ponendo così praticamente fine alla sua geniale attività di pensiero: «Ho considerato sempre, si sfogava con un discepolo, la mia attività filosofica come un contributo alla cultura cattolica per rinnovarla ed adattarla ai tempi, conservando però tutto quello che di eterno c’è in essa. Se il S. Padre mi richiama, ciò significa che non è questa la via del mio apostolato; da oggi in poi la valvola della filosofia è chiusa per sempre».
Tuttavia si deve onestamente dire che tante sue idee e intuizioni teologiche, pastorali, filosofiche, che allora crearono tanto allarme in Curia, e tante sofferenze in lui, sono oggi patrimonio comune del pensiero ecclesiale e culturale. A Buscemi va il merito di aver saputo in sei agili e luminosi capitoli, presentarne la biografia e la dottrina disseminata in tante lettere pastorali, con obiettiva documentazione e precise puntualizzazioni, che fanno del messaggio di un vescovo d’altri tempi, un coraggioso antesignano di rinnovata evangelizzazione contemporanea.
Tratto dalla rivista "Salesianum" 72 (2010) 3, 597-598
(http://las.unisal.it)