“Qui ho conosciuto purgarorio, inferno e paradiso. La storia di un prete-coraggio nella Calabria dominata dalla 'ndrangheta” di Goffredo Fofi e Giacomo Panizza è un libro sul coraggio dei piccoli gesti, che diventano enormi e importantissimi se a farli sono in tanti, e se facendoli si contribuisce a combattere le mafie.
Don Giacomo Panizza è il prete-coraggio del sottotitolo. Chi lo conosceva già prima di essere ospitato da Roberto Saviano a Vieni Via Con Me alzi la mano. Di origini bresciane, viene assegnato in uno dei quartieri più difficili di Lamezia Terme, nella provincia di Catanzaro, in Calabria. E qui, come da titolo, conosce il purgatorio, l’inferno e il paradiso.
Certo che le differenze tra Brescia e Lamezia Terme sono tante, ma entrambe fanno parte dello stesso paese. E come esistono persone disabili a Brescia, ne esistono anche a Lamezia Terme. E proprio a stretto contatto con queste persone disabili Don Giacomo Panizza inizia il suo lavoro in Calabria. In Calabria ci “lavorano” anche i Torcasio, una delle famiglie più pericolose, malavitose e temute della zona. E succede che a Don Giacomo Panizza viene assegnato uno stabile sequestrato alla ‘ndrangheta per scopi sociali. Succede che questo stabile è proprio della famiglia Torcasio. E succede pure che per entrare in questo stabile Don Giacomo Panizza deve suonare ogni volta al campanello dei Torcasio. Le minacce che gli vengono rivolte e gli atti violenti e i sabotaggi di cui anche i disabili stessi sono vittima, segnano la vita e la storia di questo prete coraggioso.
“Qui ho conosciuto purgatorio, inferno e paradiso. La storia di un prete-coraggio nella Calabria dominata dalla 'ndrangheta” di Goffredo Fofi e Giacomo Panizza è un libro sul vivere la propria vita anche in terre e situazioni difficili, spesso dominate da mentalità e personalità mafiose e criminali, che con minacce e azioni violente cercano di imporsi come sovrani assoluti del territorio, senza pietà o paura alcuna. Chi vuole fare di testa propria e non seguirne le logiche infami, viene appunto tacciato per un infame. Che chiunque abbia un po’ di buon senso messo da parte in qualche angolo remoto non può che chiamare coraggioso. E ad alta voce, anche. Pubblicamente. Perchè per sconfiggere le mafie non servono gli eroi. Basta che la gente comune abbia un po’ di coraggio. Anche nel fare piccole cose che possono contribuire al cambiamento e alla libertà dalle violenze dei pochi sui molti, dal perdurare di logiche mafiose e non democratiche.
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Claudio Impinna il 13 settembre 2012 alle 12:20 ha scritto:
Alla prima lettura mi è apparso pesante e piuttosto contorto. Mi riprometto di rileggerlo con attenzione e senza pregiudizi dati dalla prima lettura