La traversata
-La Chiesa dal Concilio Vaticano II a oggi
(Saggi)EAN 9788804596950
Ogni storia personale ha la capacità di interrogare il lettore non solo attento ma anche disponibile a meravigliarsi. È il fascino originale delle storie raccontate in questo testo da Bartolomeo Sorge. Esse si contestualizzano nella nuova rotta tracciata dal ConcilioVaticano II per la chiesa universale: a) lo spostamento, deciso e decisivo, da un’ecclesiologia societaria, essenzialmente giuridica, a un’ecclesiologia di comunione (è il passaggio dall’immagine della chiesa come societas perfecta a una concezione di chiesa come popolo di Dio); b) la dimensione storica dell’economia della salvezza, che riconsegna alle realtà terrestri tutta la loro dignità (laicità positiva) e che, alla luce dell’incarnazione, vede la comunità dei credenti condividere «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi […] e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore» (GS 1); c) la riscoperta del primato della parola di Dio, non più privilegio dei soli esperti ma «messa nella mani di tutti i fedeli» (p. 19) in quanto essenziale per il percorso spirituale di ciascun membro della comunità ecclesiale.
Da profondo conoscitore delle vicende della chiesa conciliare e postconciliare, grazie anche all’esperienza acquisita attraverso la conduzione di note riviste come La Civiltà Cattolica, Popoli e Aggiornamenti Sociali, l’autore descrive con grande capacità di sintesi la sofferenza, le attese e le iniziative della Chiesa italiana nel passaggio dagli anni del miracolo economico, col processo di trasformazione dell’economia del Paese da agricola a industriale, agli anni di piombo, con la contestazione del ’68. È un periodo che registra, con il tramonto della vecchia cristianità, il dissenso interno alla chiesa: la contestazione delle comunità di base, il ridimensionamento dell’associazionismo cattolico, la “scelta socialista” delle Acli. Ma sono anche gli anni della svolta, in cui il progetto pastorale pluriennale della Cei riafferma il primato della parola di Dio e il rapporto tra evangelizzazione e promozione umana. È l’iniziativa a lungo raggio che ha come obiettivo un profondo rinnovamento interno della chiesa e della sua presenza in Italia, attraverso un coinvolgimento dell’intero popolo di Dio e, in particolare, dei laici, la cui valorizzazione era stata disattesa. I Convegni ecclesiali nazionali della Chiesa italiana, da quello di Roma del 1976 a quello di Verona del 2006, sono stati per l’appunto uno sforzo di sintesi tra cultura della mediazione (la chiesa in dialogo) e cultura della presenza (la chiesa come forza sociale). Nel rimarcare il ruolo-guida della chiesa, nell’ultimo convegno Benedetto XVI ha sottolineato la necessità della presenza sociale e politica dei cattolici e ha sollecitato una piena valorizzazione del laicato ancor oggi ritenuto pervicacemente, da una certa mentalità clericale, come esecutore passivo delle direttive della gerarchia. Il laico è, invece, il collaboratore responsabile dell’unica missione evangelizzatrice attraverso la «testimonianza di una carità di alto profilo» (p. 39). Chiamato a interloquire direttamente con le varie anime della cultura contemporanea e guidato da una responsabile capacità di mediazione, deve saper giungere a quell’unità dei distinti tanto auspicata da Giuseppe Lazzati. Ciò perché il contesto attuale parla al plurale, sia culturalmente che in quanto a convincimenti di natura religiosa.
Il tempo che scorre non solo non cancella ma consolida il tratto significativo di ciascuna delle figure che, in questo testo, l’autore definisce come traghettatori del periodo postconciliare. Chi sono? Piccoli ma significativi tasselli dell’unico grande volto della chiesa, personaggi che hanno svolto un incisivo ruolo di e da testimoni all’interno della comunità ecclesiale, a sottolineare che la chiesa non è un grande movimento storico, né complessa e solida istituzione sociale, né agenzia umanitaria o del buon soccorso, né potenza politica: è corpo vivo, guidato dallo Spirito Santo!
Con la loro fede illuminata e vissuta nel quotidiano, questi personaggi hanno reso Dio presente nell’oggi della storia e hanno riportato così la chiesa alla purezza delle origini, purificandola dalle contraddizioni e dagli scandali del tempo moderno. La loro vita, da semplice krónos, è diventata kairós per l’uomo credente attuale che, a distanza di tempo, continua a guardarli e ritenerli uomini della Provvidenza. Con tanti altri, sono essi ad aver tradotto in vita la lezione del Concilio.
Nell’attingere ai suoi ricordi e al suo diario personale, l’autore ripropone i tratti carismatici di tre grandi pontefici: Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II. Nella piena fedeltà al ministero petrino, essi hanno dato una linea chiara al percorso della comunità ecclesiale loro affidata dallo Spirito Santo. Basti pensare a Paolo VI che, in un contesto di fine della societas christiana e relativo processo di secolarizzazione, ha ritenuto evidenziare la distinzione dei compiti religiosi da quelli civili e puntare sul primato di Dio e della fede (la santificazione) e sulla formazione cristiana (nuova evangelizzazione). È quella che venne definita “la scelta religiosa”: un rinnovamento della comunità cristiana in un nuovo rapporto fede-storia, chiesa e stato, cattolici e politica. Dopo il breve periodo di Giovanni Paolo I, pastore dal fare semplice e immediato, «timido, ma vivace; severo, ma arguto; sorridente, ma pensoso» (p. 74), l’avvento di Giovanni Paolo II ha significato per la chiesa il porsi come presenza e forza sociale, affermando l’esistenza di principi e valori etici assoluti in un contesto postmoderno che aveva smarrito l’orientamento verso la verità. Di qui, il ministero itinerante con l’opera di promozione della fede a livello mondiale.
L’autore, notoriamente stimato come uomo e sacerdote di frontiera nella difficile situazione della realtà palermitana, dove l’istituzione pubblica, colpevolmente assente e latitante, era stata soppiantata dalla mafia, si è strenuamente speso per ridare sia un nuovo significato al fare politica da credenti, come pure a dare un nuovo volto alla legalità e un nuovo slancio alla giustizia in quella esperienza degli anni ’80 che fu chiamata “la primavera di Palermo”. Esperienza condivisa con Salvatore Pappalardo, vescovo di quella comunità ecclesiale, la cui intelligenza pastorale si è tradotta in impegno forte finalizzato alla riscoperta di valori ideali, alla coraggiosa riforma delle istituzioni che ha visto il ricambio della classe dirigente, all’esercizio di una cittadinanza responsabile intesa come ethos, terreno comune di incontro e di progettazione: un forte stimolo, quindi, per le istituzioni pubbliche e per i cittadini a passare dalla passività all’iniziativa.
Attraverso i volti di questi personaggi che hanno scritto magnifiche pagine della storia della chiesa dei nostri giorni, l’autore richiama alcuni temi. Innanzitutto, la passione per l’eterna buona notizia, il Vangelo di Cristo: essa va necessariamente mediata da un laicato, cristianamente responsabile e maturo. È il profondo convincimento che ha accompagnato monsignor Enrico Bartoletti, segretario della Conferenza Episcopale Italiana dal 1972 al 1976, spesosi per il rinnovamento di una chiesa preoccupata di portare Cristo e di servire, anziché di ottenere il riconoscimento dei diritti ecclesiastici. Meno giuridica e più carismatica, come pure libera da compromessi per un contributo positivo e costruttivo. E la passione apostolica di un laicato maturo, unitamente al grande amore per la chiesa e per l’uomo, sono i tratti caratteristici della figura di Giuseppe Lazzati, che ha saputo magnificamente coniugare nella propria vita quotidiana professionalità e spiritualità. «Ha vissuto ciò che ha insegnato» (p. 134), con l’unico intento di ridare senso alla politica e nel rispetto dell’autonomia delle realtà temporali.
Questi traghettatori esprimono storicamente il volto di quella chiesa che
«non pone la sua speranza nei privilegi offertigli dall’autorità civile. Anzi essa rinunzierà all’esercizio di certi diritti legittimamente acquisiti, ove constatasse che il loro uso potesse far dubitare della sincerità della sua testimonianza o nuove circostanze esigessero altre disposizioni» (GS 76). I suoi veri e solidi punti-forza sono «l’audacia della Parola (parresia) e la testimonianza della vita (profezia)» (p. 186). E proprio il luminoso esempio di Pedro Arrupe, «uomo dalla profonda spiritualità e dall’innato ottimismo» (p. 95), come pure l’autorevolezza del magistero di Carlo Maria Martini, coniugano magnificamente la duplice funzione del Vangelo: quella critica (denuncia di ciò che non va) con quella profetica (un senso alla vita e alla storia). La vita della chiesa dei tempi moderni è stata fecondata da testimoni convinti che l’umano e il divino convergono nella croce di Cristo, che è sì fatica e sacrificio ma soprattutto resurrezione.
Il coraggio di non tacere dinanzi a situazioni di ingiustizia e a una cultura nichilista ha richiesto talvolta un prezzo doloroso: il martirio. Tra i numerosi martiri, Vangelo vivente del nostro tempo, vengono ricordati il vescovo Oscar Arnulfo Romero, «equilibrato, non fanatico; fedelissimo alla chiesa e al papa, non un libero battitore; uomo di preghiera e umile, nient’affatto attaccato al proprio giudizio e alle proprie idee; soprattutto con un grande amore per i poveri» (p. 117-118) e don Pino Puglisi, il cui impegno è stato sempre orientato a estirpare il fenomeno-mafia nelle sue radici culturali, di mentalità e di costume. Con un’immagine molto eloquente, ambedue «vengono uccisi non perché credono, ma perché amano: non in odium fidei, si direbbe, ma in odium amoris» (p. 159). Altro esempio di profezia evangelica incarnata nella storia è la figura di dom Helder Camara, uomo dall’indiscussa fedeltà al Vangelo, alla chiesa povera e serva, ai poveri del nostro tempo: quelli che vivono in uno stato di indigenza ma anche quelli che sono privati della libertà o vivono nel terrore o sono schiavi dell’omertà. La liberazione cristiana, secondo il vescovo brasiliano, è «liberazione da tutte le schiavitù del peccato personale e sociale […]. È liberazione che si va realizzando nella storia […] e che abbraccia le differenti dimensioni dell’esistenza: sociale, politica, economica, culturale e il complesso delle relazioni» (p. 112).
Lungi dal voler essere una semplice quanto sterile cronistoria di personaggi o un’occasione celebrativa, fin dall’inizio del suo racconto l’autore tiene a sottolineare l’intento che sottostà al testo: la necessità di una nuova generazione di traghettatori, figli di un chiesa profetica che non rincorre il favore dei potenti, né ricchezze, privilegi, prestigio culturale, ma che si nutre solo della capacità per-formativa della Parola che salva. È un testo, dunque, che motiva alla speranza e spinge a far camminare la profezia per le strade di questo mondo attraverso nuovi testimoni: solo essi, sostenuti da una fede matura, saranno capaci di trasformare le strutture sociali.
Tratto dalla rivista "Aprenas" n. 3-4/2011
(http://www.pftim.it)
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