Eucaristia terapia d'amore
(Vita parrocchiale) [Libro in brossura]EAN 9788801037210
Il grande poeta e pensatore russo, V. Ivanov, ha finito la sua vita ricca di contatti culturali a Roma, insegnando e scrivendo. Gli suoi occhi restavano sempre aperti alle bellezze d’arte e proiettava in esse le sue meditazioni religiose. In questo senso egli scoprì una relazione spirituale fra tre capolavori della pittura rinascimentale italiana: il giudizio finale di Michelangelo nella Capella Sistina, la trasfigurazione sul monte Tabor di Raffaello nei musei vaticani e l’ultima cena di Leonardo da Vinci a Milano. La statura di Cristo sull’affresco di Michelangelo dell’ultimo giudizio esprime questa attitudine: Via, lontano da me, maledetti, voi tutti che operate il male (cf. Mt 25,41).
È ciò che Ivanov chiama mistica “anarchica”, di negazione. Non è proprio Cristo, ma l’anima di un giovane ideale, il quale, scoprendo nel mondo il male, pensa di poter distruggerlo. Tale è anche la mistica buddista che cerca di distruggere in un nirvana tutto ciò che non è assoluto. Dopo un periodo di giovinezza “anarchica”, coloro che amano la bellezza giungono alla mistica “della speranza”, espressa da Raffaello nella Trasfigurazione: è la visione del mondo futuro, spirituale, vissuta nella fuga sul monte per dimenticare i mali e le sofferenze presenti. Infine, l’ultimo grado dell’attitudine mistica si contempla nella Cena di Leonardo da Vinci. Gesù inclina la testa per dire “sì” a tutto ciò che viene dalla Provvidenza del Padre, anche al tradimento di Giuda. Ma nel-lo stesso tempo offre il pane di vita, istituisce l’eucaristia. Con ciò tutto è trasformato, ogni bellezza desiderata è già presente. Ivanov conclude: “Noi vediamo qui la sofferenza del mondo, ma anche l’oro della coppa e, attraverso le finestre strette, penetra l’azzurro della sera; La Bellezza di questa pace d’azzurro discende nel triclinio del sacrificio…”. Il ricordo di queste riflessioni mi venne proprio quando ho guardato il testo che segue in questo libro. L’autore propone una serie di meditazioni sull’eucaristia così che il sacramento del pane e del vino vi appare nel suo senso completo, antropologico e cosmico.
Non è soltanto un “medicamento” contro il male, neanche la sola garanzia per il futuro, ma come sacramento di vita dà senso e significato a tutta la nostra vita. Il testo è un invito a stare con Gesù Cristo, dinanzi alla sua presenza. Per questo la gioia è incontenibile e la festa è grande. Corpo, affetti, virtù sono diretti a Lui affinché ci possa essere un reale incontro salvifico in cui Cristo stesso somministra a ciascuno di noi la sua terapia d’amore, se stesso, il suo corpo ed il suo sangue, l’Eucaristia. L’atteggiamento giusto è quello del farsi silenzio cioè capacità di ascolto e di accoglienza È come se al cuore dell’esperienza cristiana del silenzio noi scopriamo il mistero del “centro eccentrico” della nostra realtà personale. Questo centro è il mistero di Dio, più grande di noi, eppure non fuori di noi. La fede si rivela come una porta che ci permette di entrare nella vita di Cristo. C’è perché ci è stata donata gratuitamente, ma attende di essere aperta-vissuta per verificarne il suo contenuto, la sua ricchezza e la sua dinamicità.
Nell’amore Dio in Gesù Cristo oltrepassa ogni limite, nel senso che va al di là di ogni progettazione umana; esso raggiunge l’irraggiungibile, l’immenso, la fol-lia dell’amore: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unige-nito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16). Gesù infatti, in quanto Figlio di Dio, è la rivelazione piena del Padre; in quanto uomo, è l’espressione visibile e sensibile di Dio, adatta alla realtà storica e terrena dell’uomo. Gesù non ha fatto altro che manifestare il Padre e parlare del Padre, poiché è venuto nel mondo affinché l’uomo conoscesse Dio come Padre e fosse sanato dal suo Amore. Sia nell’annuncio sia attraverso i gesti Gesù Cristo ha rivelato il cuore del Padre, ha comunicato il suo perdono.
La medesima comunione che Dio possedeva nell’infinità del suo essere l’ha trasmessa a noi, quando suo Figlio è venuto sulla terra ad ha assunto in sé la nostra natura umana, facendo di noi una partecipazione della sua figliolanza. Non solo siamo oggetto dell’amore di Dio, ma siamo diventati carne della sua carne, ge-nerati dal suo spirito, figli nel suo Figlio unigenito. Il testo ci fa cogliere la sorprendente verità dell’immensità di tale amore, che arriva fino a river-sare su di noi la pienezza della sua vita in modo tale che in noi Dio possa riconoscere e contemplare le sembianze del Figlio eterno; in noi che eravamo abbruttiti dal peccato, ha fatto risplendere la bellezza del volto di suo Figlio. L’autore ci fa entrare nel cenacolo per percepire e farci commuovere di fronte a questa verità. Qui ognuno si sente a casa. Se non ci si siede non si potrà pretendere di condividere, vedere, capire per dire, raccontare e vivere l’incontro con il Maestro di casa non di cattedra sebbene insegni.
Qui si manifesta l’ora di Gesù, l’ora della terapia di amore, l’ora dell’eucaristia, memoria della croce. L’autore ci fa cogliere il significato della ripresentazione dell’uno unico e sempre identico mistero pasquale che per la forza e la potenza della virus operis si realizza qui ed ora. Ecco perché il sacramento non dice distanza; non è indice di un tempo passato, che ci si sforza di colmare; non proclama una lontananza in qualche mo-do geografica che ci si impegna a vincere: il sacramento dell’eucaristia descrive in mezzo a noi la verità della presenza del corpo dato e del san-gue sparso. Essa è la cena del Signore (2Cor 10,21) dove noi comunichia-mo al corpo di Cristo, entriamo a far parte della sua morte, comunichia-mo al sangue del Signore (2Cor 10,16). Il momento della memoria sacramentale dice l’autore è un momento aperto su tutta la vita. È la terapia d’amore utilizzata da Cristo, l’eucaristia che rende la Chiesa segno del suo amore proiettandola nella Gerusalemme che dovrà manifestasi, nell’escatologia futura. Un testo che stimola il credente a riconsiderare nella propria vita di fede l’essenzialità del grande sacramento che custodisce la Chiesa e che dispensa a tutti i fedeli, i quali salvati dall’amore so-no pronti a cantare con la vita un canto nuovo.
Tratto dalla Rivista "Fides et Ratio" n. 1/2009
(http://www.issrguardini.taranto.it)
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