L'Associazione Scienza & Vita ha sempre a cuore le grandi sfide che attraversano il nostro Paese, come dimostra il tema di questo Quaderno. Motivo di orgoglio, certo, ma soprattutto di responsabilità nell'affrontare questo nucleo vitale, delicatissimo e complesso che è l'istituzione familiare, attraversato - in questo tempo oscuro - da dinamiche dissolutrici, complici particolari modelli culturali.
EDITORIALE
di Paola Ricci Sindoni e Paolo Marchionni
Un motivo di orgoglio, certo, ma soprattutto di responsabilità nell’affrontare questo nucleo vitale, delicatissimo e complesso che è l’istituzione familiare, attraversato – in questo tempo oscuro – da dinamiche dissolutrici, complici particolari modelli culturali, che ne hanno di mira l’irrilevanza e la sostituzione con forme fragili e inconsistenti di legami parentali. Che la famiglia sia segnata da profonda crisi è convincimento di molti e sarebbe irrealistico non vederne gli effetti devastanti all’interno del tessuto sociale in cui viviamo.
Il primo passo da compiere è dunque rivolto a scavare nelle ragioni della crisi, senza farsi prendere dallo scoraggiamento nei confronti di quegli eventi negativi che l’attraversano: la denatalità, in primo luogo, ed ancora la difficoltà dei giovani a trovare lavoro e casa, l’acutizzarsi a tutti i livelli di una crisi sociale che si riflette sull’etica dei comportamenti (si pensi anche soltanto al triste fenomeno del “femminicidio” quasi sempre incubato in difficili situazioni coniugali). Prendere atto di questi fallimenti, indagati con gli strumenti dell’antropologia, della psicologia sociale e delle molte scienze coinvolte, non significa però accettarne con rassegnazione l’ineluttabilità, né contentarsi di lucide analisi diagnostiche, che non prevedano la possibilità di immaginare nuove terapie. Significa invece ripensare, anche alla luce dell’esperienza familiare che tutti accomuna, se e in quale forma la famiglia possa essere considerata un valore privato e sociale di assoluta priorità, che comporta il massimo impegno collettivo al fine di salvaguardarla o seppure guardarla come una forma ormai obsoleta, legata a costumi sociali ormai sorpassati. Una volta accettato che vale la pena spendersi per ridare energia morale alla famiglia, che la stessa Costituzione italiana annovera fra i beni sociali irrinunciabili, occorre comunque compiere ulteriori passi in avanti, come testimoniano i contributi di questo Quaderno.
Il secondo passo, in tal senso, è quello che ci richiama con forza a dare testimonianza delle tante realtà familiari, che pur sopportando il peso economico di questo difficile momento, fungendo da vero e proprio “ammortizzatore sociale” non codificato, sanno proporre uno stile di vita sostenuto dall’amore reciproco, dalla solidarietà generazionale, dall’esigenza di tradurre quotidianamente gesti di sacrificio e di perdono. Queste ricche esperienze, che – come è noto – non fanno notizia e sono oscurate dalle terribili cronache di violenza che riempiono le pagine dei giornali, vanno invece fatte riemergere, devono cioè diventare notizie, affinché il bene prevalga e diventi contagioso. Conoscere esperienze analoghe alla propria, sapere che è possibile, anzi necessario, sostenersi a vicenda nel cammino difficile verso la completezza del proprio essere persone dentro le mura domestiche significa anche pensare che la creatività umana è capace di attivare nuovi modi per entrare dinamicamente in relazione, così da rendere lo spazio della famiglia sempre più abitabile.
È convinzione di molti – come emerge anche dai diversi interventi qui presentati – che non sia più possibile stabilire, pena lo smarrimento in procedimenti astratti, un modello statico di famiglia, come tradizionalmente si era configurata nel tempo, quando anche i ritmi del vivere sociale erano condizionati da ripetitività e staticità di ruoli. Occorre accettare oggi la sfida di ripensarla, tenendo conto di due forze centripete: da un lato, accogliere la mobilità delle relazioni umane, sottoposte all’usura di dinamiche sociali sempre in corsa; dall’altro tenere ferme alcune condizioni ontologiche su cui ancora, oggi come ieri, fondare l’istituto familiare, guardato come frutto del matrimonio tra un uomo e una donna. Dimensione niente affatto scontata, se si pensa a quante ideologie di genere circolano nell’habitat culturale che ci circonda e che tendono ad equiparare la famiglia a molte altre forme di convivenza etero ed omosessuali. Non basta infatti fare appello alle differenti condizioni storiche e sociali per decretare la fine della famiglia tradizionale; occorre saper osservarne con più attenzione la complessità, così da scorgerne, insieme al suo inevitabile mutamento, la ragione fondamentale della sua esistenza che nei secoli, sottoposti come il nostro a mutamenti epocali, ha sempre finito con l’imporsi come forma eccellente di perpetuazione della specie e di conservazione dei valori culturali ed etici che sostengono la società civile.
È così necessario proporre un ulteriore passo: per vivere bene il proprio presente la famiglia ha bisogno di nutrirsi di futuro, di guardare cioè in avanti e di scorgere nelle nuove generazioni il destino naturale del suo accrescersi. Su questo versante si rischia di cadere nella retorica e in forme di speranza irrealistiche ed ingenue. Salvarsi da queste inutili tentazioni significa perciò scorgere nei giovani, che non sono mai la copia delle nostre attese spostate in avanti, l’unico approdo di consegna di una istituzione privata e pubblica, quale è la famiglia, che va trasmessa come compito e sfida per il futuro.
In tale prospettiva si può iniziare questa breve presentazione dei contributi di questo Quaderno, osservando quanto hanno detto i giovani nella tavola rotonda, sapientemente guidata da Domenico Delle Foglie: cinque giovani, molto diversi fra loro per formazione e scelte personali, eppure concordi nel sostenere che c’è ancora, e forse più che mai, bisogno di famiglia, quando si è pronti a modificarne, anche solo in parte, i ruoli e le funzioni, per troppo tempo staticamente riprodotti. Ci ha pensato Fabiana Cristofari ad indicare le coordinate antropologiche capaci di ridare corpo alle relazioni familiari, troppo spesso irrigidite in schemi gerarchici che non funzionano più e rappresentano i corti circuiti per quelle fratture generazionali che interrompono la continuità della vita familiare, con i disastri che conosciamo. In tale prospettiva solo la Verità del proprio esserci al mondo può garantire le forme della libertà che potenziano i legami familiari e li spingono alla piena realizzazione.
Essendo la famiglia il luogo precipuo in cui si cresce nell’educazione sentimentale e dove si complicano i nodi affettivi, c’è necessità di andare a fondo nelle ragioni della crisi, che in primo luogo è crisi della coppia, come sostiene la seconda giovane, Giovanna Costanzo. Non si può arretrare per paura di scardinare fragili equilibri; bisogna invece vestire i panni del coraggio e della sapienza del cuore per rompere dinamiche contorte e riaprirsi al miracolo di nuovi inizi. È quanto ha dimostrato, con la forza suggestiva della sua esperienza, Daniele Mangiola, il giovane che si è preparato al suo nuovo compito della paternità, cominciando con la moglie ad attendere il bambino, educandosi reciprocamente a rivestire questa nuova funzione, che da mero ruolo accolto passivamente, si è trasformata per lui in fonte di rivelazione personale e di arricchimento della vita di coppia.
Alla trasformazione del ruolo parentale dei nonni ha guardato Lucrezia Piraino, una giovane capace di cogliere in queste figure tradizionali delle insospettate risorse valoriali, in un tempo – come il nostro – distratto e poco comprensivo di fronte alle loro grandi capacità di donazione. Che non debbono solo essere considerate come base di appoggio dei figli piccoli, per poi essere dimenticati, ma che vanno a loro volta accolti e sostenuti nella loro specifica stagione vitale. Solo in tal modo la catena generazionale si fortifica e diventa fonte di arricchimento reciproco. All’ultimo anello di questo legame, rappresentato dai figli, i più giovani, ha guardato Luciano Tribisonda, che è riuscito a sfuggire alla tanta retorica politica che gira attorno a questo universo, per puntare alla questione centrale, quella che fa di questo mondo il riflesso delle proprie aspettative e che al contrario esige attenzione e rispetto. Non c’è dubbio, infatti, che sono loro, i giovani, a pagare di più, non solo in termini economici, questo difficile momento congiunturale. A loro gli adulti propongono spesso modelli pseudo-valoriali, rappresentati dalla corsa verso il successo e dalla conquista di desideri individuali. Solo dalla famiglia si può invece ricostruire quel tessuto di valori che fortificano e spingono alla disciplina della speranza e dell’impegno.
Alla priorità che rimetta al centro dell’agenda delle riforme sociali la missione della famiglia sono dedicati gli importanti interventi di due donne impegnate in politica, Paola Binetti e Luisa Santolini. È quest’ultima a sottolineare con crudezza e realismo i mali che affliggono la famiglia e che richiedono l’urgenza dell’impegno legislativo: dalla necessità di creare occasioni di lavoro per i giovani, alle emergenze delle donne lavoratrici, alla cura degli anziani, di fronte a quanti preferiscono, al contrario, rimodularne i problemi con soluzioni parziali che non tengono conto della famiglia come soggetto sociale. Solo la famiglia è chiamata a salvare l’umanità, ritrovando la meraviglia del suo esistere e del suo dipanarsi nel corso delle generazioni, come precisa l’Autrice.
Paola Binetti, dal canto suo, forte delle sue competenze professionali, fissa la sua attenzione a ciò che avviene dentro l’universo familiare, che comunque, nel bene e nel male, è creatore di legami. Tale vincolo non è qualcosa di aggiunto alla nostra identità, è il cuore della nostra identità. Il lungo cammino educativo ha qui la sua fonte ed il suo obiettivo: quello di renderci compiutamente persone, quello di far sviluppare e fiorire il nostro essere frutto di una relazione generativa. La famiglia, che vive di cose concretissime, produce, insieme e attraverso esse, un bene immateriale, e cioè il legame e la relazione che oggi come non mai vogliamo poco costrittivi, liberi da copioni e capaci di esprimersi in maniera affettivamente ricca. Questo valore aggiunto della famiglia, rispetto ad altre forme anche organizzate di vita, è il dono e la prospettiva che la famiglia dà all’educazione: quello di generare umanizzando, di «personalizzare», dando, a coloro che genera, il senso della unicità ed irripetibilità entro una appartenenza significativa.
La famiglia non riproduce ma genera, – lo si evince dal contributo di Paola Ricci Sindoni – dà senso creativo (pro-creare), dà un volto specifico ai suoi nati, non contribuisce solo alla sopravvivenza della specie, come è nel mondo animale. La singola persona, il singolo figlio ha valore assoluto, assoluta dignità, è insostituibile, come ciascuno di noi capisce immediatamente pensando alla sua famiglia. Ciascuno di noi appartiene alla sua famiglia, non solo per il ruolo che ricopre o per l’abilità che possiede, ma nella totalità e unicità del suo essere. Per i genitori, per i nonni e per tutta la famiglia ogni figlio è unico, speciale, anche se provato dalla sorte nel fisico o nella mente. Nessun gruppo umano ha questa radicalità, per questo le relazioni familiari sono primarie, alla radice di tutte le altre. Nella famiglia avviene questo processo «miracoloso» di umanizzazione e personalizzazione: sono le relazioni familiari, insomma, nel legame uomo-donna, genitori-figli, tra generazioni passate e presenti che producono questo bene unico e prezioso.
Fabio Rossi dedica il suo contributo alla figura del bambino, consegnandoci uno spaccato significativo tratto dalle rappresentazioni cinematografiche legate a questa immagine forte e fragile, presente in molte opere del Novecento. Non c’è dubbio che la settima arte sia il riflesso di modelli culturali imperanti che, da un lato, interpretano l’infanzia nel ruolo di vittima di storie complesse della vita coniugale e, dall’altro, offrono l’immagine del bambino come figura rivoluzionaria, in grado di ribaltare gli stereotipi e rilanciarne le inaudite potenzialità.
È dalle molte fragilità nate dentro questo incredibile scenario quotidiano che è la vita familiare, che Stefano Tardani guarda, individuando nel trauma del tradimento – una delle più comuni cause di separazione – una ferita profonda dalla quale riscattarsi con le armi della comprensione e del perdono.
Questa pratica non sarebbe possibile senza un indagine delle differenze psicologiche tra uomo e donna nei confronti di questo trauma, differenza che Massimo Gandolfini analizza presentando un’interessante analisi scientifica sulle differenze tra il cervello femminile e quello maschile, fondate su alcune determinanti neurobiologiche dell’identità sessuale.
Sullo sfondo dei contributi dell’intero Quaderno possono essere letti i due pezzi del vescovo Domenico Mogavero e del teologo Vincenzo Majuri, quest’ultimo rivolto a garantire un fondamento biblico e teologico alla famiglia, da sempre nel cuore della Chiesa Madre e Maestra.
Mons. Mogavero, dal canto suo, ha inteso offrire uno scenario interculturale, al cui interno è necessario guardare come al futuro delle famiglie occidentali, sempre di più chiamate a convivere con nuclei familiari di diversa cultura e religione. Non si contenta, il vescovo di Mazara del Vallo, di presentare delle generiche linee pastorali, ma di prospettare alcune interessanti pratiche dialogiche, che sempre di più debbono interessare l’agnostica Europa, che non può che valorizzare le potenzialità culturali del Mediterraneo, terra di profezia come la chiamava Giorgio La Pira.
Ed è con il medesimo spirito che possiamo invitare il lettore a gustare le pagine di questo Quaderno, convinti che il futuro della famiglia non passa soltanto dalle auspicate politiche di sostegno, ma anche da uno sforzo di immaginazione, che non significa dispersione nella fantasia e nell’astrattezza, ma investimento di energie creative che rimescolino i confini di emozione e ragione, di desiderio e impegno, di coraggio e audacia, così che la famiglia divenga sempre di più luogo di crescita umana e palestra di vita piena.