Il 20 settembre del 1918, un giovane frate cappuccino del Gargano, che conduce una vita santa nell'anonimato a San Giovanni Rotondo, riceve il dono delle stigmate. Il suo nome inizia a diffondersi e intorno alla sua figura carismatica si crea un popolo di milioni di credenti e di devoti.
Attraverso le storie di miracolati e convertiti, i ricordi inediti dei suoi figli spirituali e alcuni documenti di notevole importanza, Antonio Socci indaga il mistero che si cela dietro alla sconvolgente missione del santo di Pietrelcina che si offrì in sacrificio per assumere su di sé le sofferenze altrui, ricevendone un segno tangibile nelle ferite del suo corpo, e che ebbe secondo molti un ruolo centrale nel preservare la vita di papa Woityla nell'attentato del 1981. E, nella vicenda spirituale e umana di padre Pio, trova risposte sorprendenti alle domande che affollano il cuore di ciascuno di noi: perché la sofferenza? Quale significato ha la nostra esistenza? Che senso ha il dolore degli innocenti?
ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE
Ali Agca e la «bambina» di padre Pio
Il 13 maggio 1981, verso le ore 17,17, in piazza San Pietro a Roma, un killer turco inviato da forze oscure e potenti,
Mehmet Ali Agca, sta per sparare al papa Giovanni Paolo II. Il ventitreenne «lupo grigio» è un professionista, è un ottimo tiratore, è li per uccidere, si trova dietro la prima fila, a distanza molto ravvicinata (solo tre metri dal Santo Padre). È molto calmo e determinato, dunque il bersaglio, indifeso ed esposto davanti a lui, non ha scampo.
Ma allora come e perché l'assassinio è fallito? Se l'avesse ucciso — e le probabilità erano il 99,99 per cento — il suo pontificato sarebbe stato soffocato agli albori. La storia della Chiesa sarebbe stata molto diversa, ma soprattutto lo sarebbe stata la storia mondiale, perché il ruolo che il «papa polacco» ebbe nel successivo crollo incruento del comunismo fu colossale_ decisivo. Tutto dunque sarebbe andato mi sono imbattuto in alcuni documenti che avevo ricevuto nel maggio del 2005, accantonandoli senza prestarvi attenzione.
Sistemando dei libri ho aperto un incartamento che neanche sapevo di avere e che conteneva la straordinaria vicenda di Cristina Montella, la «bambina» di padre Pio. Mi tuffo nella lettura, scopro un continente sconosciuto. E dopo qualche giorno mi metto alla ricerca di colui che ha raccolto tante testimonianze e documenti straordinari su di lei.
Un caldo e luminoso giorno di agosto percorro in macchina verso sud la valle spoletina, che corre sotto Assisi. Sembra di essere in pellegrinaggio: sfioro Santa Maria degli Angeli con la grande basilica che contiene la Porziuncola, poi Rivotorto (una chiesina costruita sopra la stalla in cui Francesco visse alcuni mesi con i suoi compagni), quindi Spello, infine Trevi. E, dirigendomi verso Montefalco, nel mezzo della campagna trovo il santuario della Madonna della Stella.
Vive qui il padre passionista Franco D'Anastasio, un raffinato biblista che è stato per anni rettore del santuario di San Gabriele dell'Addolorata. Proprio sul santo e specialmente sulla sua «presenza carismatica» ha scritto una quantità di pregevoli opere che fanno di lui oggi il suo maggior biografo e storico. Uno dei suoi libri recenti è dedicato alle analogie fra san Gabriele e padre Pio.
Ma negli ultimi anni padre D'Anastasio ha portato a termine una imponente ricerca storica, raccogliendo una montagna di documenti e testimonianze, sulla figura di suor Rita Montella (al secolo Cristina Montella), monaca agostiniana morta in fama di santità il 26 novembre 1992 nel monastero di clausura di Santa Crocesull'Amo, in Toscana.
Padre Teofilo fu un testimone diretto delle misteriose «missioni» congiunte di padre Pio e di suor Rita. E fu in modo rigoroso e profondo il primo a verificare i carismi e la santità di vita di suor Rita, insieme ad altri autorevoli religiosi e religiose. Padre D'Anastasio, raccogliendo tutte queste testimonianze, ha potuto però attingere anche alla sua conoscenza personale della suora da cui, nel corso degli anni, ha appreso informazioni importanti. Una delle quali, davvero sconvolgente, riguarda l'attentato a Giovanni Paolo II di cui peraltro suor Rita era coetanea.
Suor Rita, subito dopo il 1981, in un colloquio confidò a padre Franco — facendogli promettere di tenere il segreto almeno fino alla morte di lei — di essere stata presente in bilocazione in piazza San Pietro quel 13 maggio 1981. Ma c'è di più: «Assieme alla Madonna deviai il colpo dell'attentatore del papa». Queste le sue testuali parole. Si tratta di una rivelazione che ovviamente lascia sconcertati, che può essere presa in esame solo considerando l'assoluta affidabilità di questa religiosa, la sua vita santa e i doni soprannaturali che ebbe e che sono testimoniati dapersone del tutto degne di fiducia a cominciare da ciò che di lei attestò san Pio da Pietrelcina il quale, come vedremo, proprio con suor Rita ha compiuto alcune delle sue imprese straordinarie.
Chi conosce padre Pio sa che, con lui, l'esperienza di fenomeni prodigiosi era praticamente quotidiana. E che, vivendo noi normalmente nelle tenebre, facciamo un po' di fatica — quando qualcuno ci apre gli occhi — ad abituarci alla luce che pure ci avvolge, all'Eterno che è la vera e definitiva realtà.
Come scrisse don Divo Barsotti parlando delle apparizioni della Madonna: « come se d'improvviso si facesse visibile un mondo sempre presente, ma che abitualmente rimane nascosto; come se gli occhi dell'uomo acquistassero un nuovo potere visivo (...) Dalle apparizioni abbiamo la certezza di un mondo di luce, di purezza e di amore (...). L'apparizione fa presente il mondo redento (...). L'apparizione non è dunque un'azione di Dio sull'immaginazione dell'uomo. Credo che non si possa negare la sua oggettiva realtà. Veramente è la Vergine Santa che appare, veramente gli uomini entrano in rapporto con lei e con il suo Figlio divino (...). La Vergine non può abbandonare i suoi figli prima della manifestazionepubblica e solenne della sua vit-. toria sul male. Madre di tutti, essa non potrebbe separarsi da noi che viviamo nella pena, sottoposti a ogni tentazione, incapaci di sottrarci alla morte».
Ecco dunque una suora di clausura che vive profonde esperienze mistiche, anche di bilocazione, che confida a un sacerdote: «Assieme alla Madonna deviai il colpo dell'attentatore del papa».
A questo sconcertante segreto peraltro si aggiunge un'altra breve frasetta che suor Rita si lasciò sfuggire - in una diversa circostanza, in modo indipendente — alla signora Gabriella Panzani, da tanti anni amica della religiosa. Dunque suor Rita un giorno, mentre si parlava dell'attentato al papa, disse: «Quanto ho dovuto faticare perché non avvenisse di peggio».
Un flash che lascia intravedere il drammatico «prezzo» d'amore che dev'essere stato pagato, fatto di preghiere e di durissime penitenze che questa mistica prendeva su di sé al posto di altri, in questo caso per riparare a un immane sacrilegio. Siamo in quella dimensione di «espiazione vicaria» che suor Rita visse eroicamente e che permise anche a padre Pio di strappare al Cielo tante grazie per gli esseri umani sofferenti e per la Chiesa. Quella frase inoltre ci fa intravedere la risposta a un'obiezione che viene naturale fare: ma perché mai il Cielo, per salvare il papa, avrebbe dovuto aver bisogno di una piccola suora di clausura sconosciuta a tutti? La prima risposta ovviamente è che i disegni di Dio sono imperscrutabili. Forse in questo caso il Cielo potrebbe aver voluto che una persona desse testimonianza di quello che la Madonna ha operato.
Ma un frammento della risposta potrebbe stare anche nel fatto che suor Rita era una creatura terrena, appartenente alla Chiesa militante, e dunque poteva offrire e offrirsi per ottenere alla Chiesa e al mondo quella immensa grazia. Solo gli uomini che sono in questa vita possono farlo e così hanno un «potere» straordinario. Padre Pio sosteneva che l'unica cosa che gli angeli ci invidiano infinitamente è la sofferenza e l'offerta, perché è il modo più forte e sincero di dire a Dio: «Ti amo davvero!».