Alle persecuzioni e ai massacri che i cristiani subiscono sotto un'ampia varietà di regimi e ideologie, si aggiunge il pregiudizio e l'ostilità delle élite occidentali. I cristiani sono oggi la comunità più perseguitata del pianeta e contro la Chiesa è socialmente permesso un odio che sarebbe ritenuto intollerabile verso qualunque altro gruppo religioso, etnico o sociale. L'anticristianesimo si nutre di un'ideologia che da duecento anni porta il suo attacco al cuore della fede: la figura di Gesù, l 'attendibilità storica delle cronache evangeliche, la credibilità dei testimoni oculari, quindi le fondamenta stesse della Chiesa. Ma ci sono veri motivi per negare i resoconti dei Vangeli e le ragioni della fede in Gesù di Nazaret' Oppure tutte le più aggiornate acquisizioni storiche, archeologiche, filologiche, scientifiche "perlopiù ignorate" risultano essere clamorose conferme in favore dell''imputato Gesù'' In questo suo nuovo polemico saggio, Socci denuncia le menzogne e le connivenze, espone motivi e interessi da cui è nata l'ideologia anticristiana (finora rimasti nell'ombra) e ci dimostra che le moderne scoperte archeologiche e la ricerca storica di questi decenni confermano la veridicità dei fatti evangelici, e di tutti i particolari dell'esistenza terrena di Gesù, compresi i suoi miracoli e la sua resurrezione. E confermano la credibilità dei testimoni.
PREMESSA
di Antonio Socci
Davanti a una figlia
Questo libro esce con più di un anno di ritardo. Avrei dovuto consegnarlo il 30 settembre 2009. In effetti lo stavo terminando quando, il 12 settembre, mia figlia Caterina, 24 anni, a dodici giorni dalla sua laurea in Architettura, per un arresto cardiaco inspiegabile è entrata in coma. Così tutti miei piani di lavoro sono saltati.
Da allora, anche dopo il suo risveglio, lei — fanciulla stupenda e coraggiosa — compie nella sua carne ciò che manca ai patimenti di Cristo, a beneficio della Chiesa, cioè di tutti noi.
Dunque accanto alla mia principessa crocifissa, con il suo bel volto e le sue ferite che riflettono quelle di Gesù. come preghiera per la sua guarigione ho concluso questo libro.
Che non è l'opera di uno specialista, di un esegeta, di un papirologo, di uno storico: è semplicemente un'inchiesta giornalistica. E, se volete, un'apologia.
Per la quale mi sono avvalso dei lavori di tanti specialisti, di alcuni dei quali — in particolare — ho voluto qui illustrare nel dettaglio le preziose scoperte: penso a luminari come padre Jean Carmignac e padre José O'Callaghan S.J. e a studiosi di grande valore come John A. T. Robinson, Francesco Spadafora, Marta Sordi, Ilaria Ramelli, Carsten Peter Thiede e José Miguel Garda. Ma il cuore e la cornice del libro — cioè questa intuizione del cristianesimo — sono dovuti al padre e maestro della mia vita e della mia fede, don Luigi Giussani. È il mio piccolo contributo al grande compito a cui ci chiama instancabilmente, col suo meraviglioso magistero, Benedetto XVI.
È una difesa appassionata dei cristiani. Un intellettuale del II secolo, San Giustino, scriveva nella sua prima Apologia dei cristiani:
Io, Giustino, di Prisco, figlio di Baccheio, nativi di Flavia Neapoli, città della Siria di Palestina, ho composto questo discorso e questa supplica, in difesa degli uomini di ogni stirpe ingiustamente odiati e perseguitati, io che sono uno di loro.
Morì come martire attorno al 165 perché si rifiutò di sacrificare agli dèi e di sottomettersi all'editto imperiale.
La cosa più grande della vita è amare Gesù Salvatore difendendo i cristiani «ingiustamente odiati e perseguitati» e potendo dire: «io sono uno di loro».
«Jesu dulcis memoria...» A Te la gloria.
PREFAZIONE
Un caso di cronaca
Il 2 marzo 2011 a Islamabad, capitale del Pakistan, è stato assassinato il ministro (da tre anni) per le minoranze religiose, Shahbaz Bhatti, 43 anni, cattolico (l'unico nell'intero governo).
Lottava per cambiare le spaventose condizioni di vita dei cristiani, una delle minoranze perseguitate dalla maggioranza musulmana. E stava cercando di salvare Asia Bibi, la giovane mamma cattolica condannata a morte a causa della famigerata «legge contro la bestemmia», che commina la morte a chiunque sia accusato di aver offeso Maometto. La colpa di Asia è solo di essere cristiana.
«Ormai è assodato» scrive padre Piero Gheddo «che con quella legge qualunque cristiano (o indù) che dà fastidio può essere condannato a morte se due testimoni confermano l'accusa pretestuosa.» Per questo Matti lottava per l'abolizione di quella legge (anche il governatore del Punjah, Salman Tasser, un musulmano laico che si batteva per Asia Bibi e contro quella legge, era stato ammaliato nel gennaio dello stesso anno).
Il marzo 2011 il vaticanista Andrea Tornielli scriveva: «Il Papa ha ricordato all'Angelus di domenica il sacrificio del ministro pakistano Shahbaz Bhatti, ucciso lo scorso mercoledì dai fondamentalisti islamici. Benedetto XVI, che aveva ricevuto Bhatti in udienza nei mesi scorsi, ha auspicato che la sua morte risvegli nelle coscienze l'impegno a tutelare la libertà religiosa».
Shahbaz sapeva benissimo - come dicono molte testimonianze - che, per quello che stava facendo, sarebbe stato ammazzato. Il «testamento spirituale» che aveva scritto qualche tempo prima è impressionante:
Il mio nome è Shahbaz Bhatti. Sono nato in una famiglia cattolica. Mio padre, insegnante in pensione, e mia madre, casalinga, mi hanno educato secondo i valori cristiani e gli insegnamenti della Bibbia, che hanno influenzato la mia infanzia.
Fin da bambino ero solito andare in chiesa e trovare profonda ispirazione negli insegnamenti, nel sacrificio, e nella crocifissione di Gesù. Fu l'amore di Gesù che mi indusse ad offrire i miei servizi alla Chiesa. Le spaventose condizioni in cui versavano i cristiani del Pakistan mi sconvolsero. Ricordo un venerdì di Pasqua quando avevo solo tredici anni: ascoltai un sermone sul sacrificio di Gesù per la nostra redenzione e per la salvezza del mondo. E pensai di corrispondere a quel suo amore donando amore ai nostri fratelli e sorelle, ponendomi al servizio dei cristiani, specialmente dei poveri, dei bisognosi e dei perseguitati che vivono in questo paese islamico.
Mi sono state proposte alte cariche al governo e mi è stato chiesto di abbandonare la mia battaglia, ma io ho sempre rifiutato, persino a rischio della mia stessa vita. La mia risposta è sempre stata la stessa: «No, io voglio servire Gesù da uomo comune».
Questa devozione mi rende felice. Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei privilegiato qualora - in questo mio battagliero sforzo di aiutare i bisognosi, i poveri, i cristiani perseguitati del Pakistan - Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita.
Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire. Non provo alcuna paura in questo paese. Molte volte gli estremisti hanno desiderato uccidermi, imprigionarmi; mi hanno minacciato, perseguitato e hanno terrorizzato la mia famiglia. Io dico che, finché avrò vita, fino al mio ultimo respiro, continuerò a servire Gesù e questa povera, sofferente umanità, i cristiani, i bisognosi, i poveri.
Credo che i cristiani del inondo che hanno teso la mano ai musulmani colpiti dalla tragedia del terremoto del 2005 abbiano costruito dei ponti di solidarietà, d'amore, di comprensione, di cooperazione e di tolleranza tra le due religioni. Se tali sforzi continueranno sono convinto che riusciremo a vincere i cuori e le menti degli estremisti. Ciò produrrà un cambiamento in positivo: le genti non si odieranno, non uccideranno nel nome della religione, ma si ameranno le une le altre, porteranno armonia, coltiveranno la pace e la comprensione in questa regione.
Voglio dirvi che trovo molta ispirazione nella Sacra Bibbia e nella vita di Gesù Cristo. Più leggo il Nuovo e il Vecchio Testamento, i versetti della Bibbia e la parola del Signore e più si rinsaldano la mia forza e la mia determinazione. Quando rifletto sul fatto che Gesù Cristo ha sacrificato tutto, che Dio ha mandato il Suo stesso Figlio per la nostra redenzione e la nostra salvezza, mi chiedo come possa io seguire il cammino del Calvario. Nostro Signore ha detto: «Vieni con me, prendi la tua croce e seguimi». I passi che più amo della Bibbia recitano: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi». Così, quando vedo gente povera e bisognosa, penso che sotto le loro sembianze sia Gesù a venirmi incontro.
Per cui cerco sempre d'essere d'aiuto, insieme ai miei colleghi, di portare assistenza ai bisognosi, agli affamati, agli assetati. Credo che i bisognosi, i poveri, gli orfani qualunque sia la loro religione vadano considerati innanzitutto come esseri umani. Penso che quelle persone siano parte del mio corpo in Cristo, che siano la parte perseguitata e bisognosa del corpo di Cristo. Se noi portiamo a termine questa missione, allora ci saremo guadagnati un posto ai piedi di Gesù ed io potrò guardarLo senza provare vergogna.
L'inerme Shahbaz Bhatti, senza alcuna protezione perché — dopo le minacce ricevute — «non gli era stata concessa la scorta nonostante la pressione di varie ambasciate occidentali», è stato assassinato con trenta colpi di pistola.
Shahbaz è il simbolo della condizione dei cristiani del nostro tempo. E le sue parole esprimono il cuore dei cristiani: l'amore a Gesù Cristo fino al martirio, l'appartenenza alla Chiesa e la dedizione a essa e ai suoi figli perseguitati, la devozione per la Sacra Scrittura (voglio sottolineare l'importanza che gli dà nel suo testamento) e per la tradizione apostolica, la comunione con il Papa, la carità verso tutti i sofferenti, i poveri, gli abbandonati, il dialogo instancabile con tutti, con persone di culture e religioni diverse, per la reciproca comprensione, per costruire il bene comune e la pace.
Questo è un martire cristiano: una vittima inerme, oggi come duemila anni fa. Eppure certi intellettuali laici in questi anni, occupandosi dei primi martiri cristiani, li hanno addirittura accostati — con varie fumisterie — ai terroristi islamici che hanno abbattuto le Torri Gemelle di New York. Confondendo così vittime e carnefici.