Karol Wojtyla dall'età di ventisei anni viveva delle autentiche esperienze mistiche. È questa una delle notizie che il libro di Antonio Socci offre, con testimonianze di prima mano, sull'uomo che più ha impressionato e commosso la nostra generazione. La natura di queste esperienze e le "rivelazioni" soprannaturali che egli custodiva spiegano anche i suoi gesti profetici? E illuminano il suo giudizio sul carattere "apocalittico" dei nostri anni?
Giovanni Paolo II è il primo slavo sulla Cattedra di Pietro, primo straniero da 500 anni, uno dei papi più giovani per uno dei pontificati più lunghi della storia della Chiesa, un Papa proveniente da un Paese dell'Est, il Papa che ha abbattuto i sistemi totalitari del blocco comunista, cambiando la storia del mondo, il Papa che ha portato la Chiesa nel terzo millennio e che, con la sua personalità, ha ridato forza al Papato suscitando lo stupore e l'ammirazione di tanti popoli, insieme all'odio di chi ha cercato di assassinarlo sul luogo stesso del martirio di San Pietro. Ma il suo è anche un pontificato misteriosamente annunciato e accompagnato da una serie stupefacente di profezie, di mistici, di avvenimenti soprannaturali e di manifestazioni della Madonna. Perché? Tanti segni e messaggi concordano nell'indicare il nostro tempo come lo scenario di drammatiche prove. Cosa sapeva Karol Wojtyla? E vero che lui stesso è riuscito a scongiurare un'immane tragedia che minacciava l'umanità? E come?
PREMESSA
di Antonio Socci
Avviso ai naviganti
Quale segreto custodiva Karol Wojtyla? Nel libro che avete fra le mani si indaga sul mistero dell'uomo che fu mandato a compiere una missione sovrumana e a preparare la Terra ai grandi avvenimenti che l'aspettano.
Cosa «sapeva»? Come ha potuto stupire e far innamorare così la nostra generazione? Non abbiamo ancora compreso l'uomo più amato e più odiato dei nostri anni. Il suo è stato uno dei pontificati più lunghi nella storia della Chiesa,' ma soprattutto uno dei più grandi. E dei più misteriosi.
Questo libro parla di ciò che è accaduto segretamente e che noi non vedemmo, né abbiamo finora conosciuto.
Parla anche di ciò che è accaduto davanti ai nostri occhi e che forse noi non abbiamo pienamente compreso.
Parla infine di ciò che sta per accadere, che non era mai avvenuto prima e che noi vedremo con i nostri occhi. Si tratta di qualcosa che ci riguarda tutti, che riguarda me e riguarda te, proprio te, amico che leggi, mon semblable, mon frère. Riguarda anche — e non è poesia — i ciliegi in fiore, i mari, i popoli, le città e i deserti, le madri e i figli. I loro occhi vedranno.
ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE
La scoperta inattesa
Un incontro enigmatico
Un giorno prossimo al Natale del 2007 arrivai a Roma, nei dintorni di piazza Risorgimento, avvolto dal rosso crepuscolo della capitale. Posteggiai l'automobile e m'incamminai lungo vie illuminate e addobbate, fra tanta gente spensierata, verso un palazzo di cui conoscevo solo il numero civico. Suonato il campanello, salii le scale con una strana sensazione, ero atteso su un pianerottolo e fui fatto entrare nella stanza dove un prelato cattolico dalla voce flebile e dalle parole misurate mi aspettava. Non potendo riportare il suo nome, lo chiamerò Petrus.
Al termine di quel colloquio, un'ora dopo, mi sentivo sottosopra, perché — sebbene giornalista — ho un cuore: pensavo a mio figlio, di dieci anni. Ero commosso, ma anche inquieto. Intuivo cosa avrei scoperto, nei mesi successivi, sulla scorta di quegli indizi...
Il prelato era molto affabile, aveva modi semplici. Mi offri un caffè e mi porse un vassoio con delle caramelle. Mi aveva fatto cercare e io avevo risposto al suo invito. Parlava poco e ascoltava molto. Mi chiese del mio passato e del mio lavoro. In realtà avevo la sensazione che conoscesse già quello che gli stavo riferendo di me. Nondimeno mi scrutava attentamente: sembrava mi stesse studiando, con discrezione.
Aveva letto i miei libri sui cristiani perseguitati, su Medjugorie, sul fenomeno dell'aborto, su Fatima e su padre Pio. Mi fece notare che in tutti c'era un nome che tornava, in modo non marginale, ma decisivo, un uomo del mio tempo, un padre della mia generazione: Karol Wojtyla. Era vero. Non ci avevo pensato. Mi chiese se non ritenevo che fosse proprio lui un mistero da studiare. Perché «mistero», chiesi? Parlammo a lungo del Papa polacco. Ricordai con emozione alcuni episodi, il suo sguardo, i miei incontri con lui, rammentai certe sue parole, le espressioni del suo volto, come ha toccato il cuore di tanti di noi.
Indimenticabili la sua fede rocciosa, la sua luminosa umanità, quel suo modo di pregare che incantava, la sua apertura al soprannaturale che lo rendeva così diverso da tanti ecclesiastici. Incidentalmente si accennò alla vicenda della statuetta della Madonna di Civitavecchia.
A questo punto — non ricordo come, con quali parole esatte — il mio interlocutore, che conosceva molto bene papa Wojtyla, lasciò cadere nel discorso — come buttate là, en passant — poche parole sussurrate: il Papa sapeva già che quel «segno» della Madonna, alle porte di Roma, sarebbe accaduto, così come conosceva in anticipo che la tragedia di un attentato islamico, quella che si sarebbe poi concretizzata l'11 settembre 2001 a New York, incombeva sugli Stati Uniti. Il prelato mi accennò che a papa
Wojtyla era stato preannunciato, o meglio rivelato, il futuro verificarsi di un certo numero di avvenimenti, alcuni dei quali erano già accaduti, mentre altri non si erano ancora compiuti.
Capii che c'entrava pure — non so come — qualcuno di quei mistici, che vivono, sconosciuti a tutti, nel silenzio di certi monasteri, con carismi straordinari e «contatti» con il Cielo. Ma soprattutto — e questa era la notizia — Wojtyla in persona viveva esperienze mistiche.
Cercai di saperne di più, provai a chiedere chiarimenti, ma il mio interlocutore eluse subito il discorso, parlando d'altro, come se non fosse proprio per confidarmi questo segreto che mi aveva convocato lì. Era evidente che voleva aprirmi gli occhi sul mistero che avvolgeva la persona di papa Wojtyla, ma non gradiva altre domande in proposito: non avrebbe proferito parola oltre a ciò che, con apparente noncuranza, mi aveva rivelato.
Volevo fare tante altre richieste di chiarimento, scavare, capire, ma il mio interlocutore, per quanto gentile, mi appariva ora un forziere inviolabile. Avrei voluto sapere soprattutto cosa sapeva Wojtyla, se si trattava di eventi che si sarebbero verificati tutti oppure di profezie sub condicione, cioè che potevano ancora essere scongiurate. Mille pensieri si affollarono nella mia testa. Ma soprattutto tornai a ripensare a quel «segreto» di Karol Wojtyla.
Veramente il Papa che abbiamo avuto sulla cattedra di Pietro per 27 anni e che è stato un ciclone per la nostra storia viveva nel tempo e nell'eternità? Questo tipo di esperienze straordinarie non sono infrequenti nella Chiesa di Dio: anche per altre due personalità del nostro tempo, Madre Teresa e il cardinale van Thuan, da poco scomparsi, sono venuti alla luce episodi soprannaturali e accadrà anche per altri. Tuttavia nel caso di Karol Wojtyla deve essersi trattato di un'esperienza mistica che ha accompagnato tutta la sua vita. Quali fenomeni sperimentò? Dove cercare conferme o smentite? Questa rivelazione è davvero la dimostrazione che la più formidabile forza di cambiamento storico scaturisce dalla profonda sorgente della contemplazione e dagli abissi insondabili della mistica.
Tutti abbiamo amato quel giovane Papa così vitale che si affacciò, come il sole dopo la notte, dalla terrazza di San Pietro il 16 ottobre 1978 e fin dall'inizio sconvolse tutti i cerimoniali, con la sua libertà assoluta, con quel sorriso pronto; un Papa capace di incantare, con le sue parole e il fascino della sua persona, milioni di giovani che correvano a incontrarlo a tutti gli angoli del pianeta, capace di scherzare con loro, di ridere, il Papa che a vent'anni era stato operaio, poeta, attore di teatro, «combattente» clandestino nella tragedia della sua terra invasa da nazisti e comunisti e devastata.
Karol Wojtyla fu seminarista clandestino, quindi giovane prete che amava andare in montagna con i suoi studenti, intrepido vescovo quarantenne che si oppose agli abusi della tirannia comunista a Cracovia e che poi partecipò al Concilio e quindi — eletto Papa — è stato il ciclone che ha abbattuto il moloch planetario del totalitarismo marxista con la forza inerme della sua testimonianza che ha sfiorato più volte il martirio.
Che quest'uomo dalla vita leggendaria, che ha percorso tutti i continenti, addirittura vedesse con gli occhi l'Eterno, che potesse ammirare il volto di Gesù e lo sguardo limpido della «Bella Ragazza» di Nazaret di cui parlava a tutta l'umanità, è una notizia che lascia senza parole.
Per diverso tempo quella strana conversazione restò in sospeso, nella memoria, con mille domande. Come e perché nulla era mai trapelato sebbene fossero usciti tanti libri su di lui? Mi aveva colpito ciò che Wojtyla aveva scritto all'inizio di un suo dramma teatrale, composto fra il 1945 e il 1950: «Sarà questo un tentativo di comprendere a fondo un uomo. Si tratta di un personaggio realmente esistito. Tuttavia tra il personaggio e il tentativo di comprenderlo s'interpone una zona inaccessibile alla storia (...). L'elemento extrastorico è insito in lui, anzi si trova alle origini della sua umanità. Non si può quindi cercare di capire a fondo l'uomo senza risalire a queste origini».