EAN 9788839966698
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Un libro come questo non è facile da recensire; va letto, tutto; e meditato nel contesto ecclesiale che si sta vivendo in seguito alla pubblicazione del Motu proprio Summorum Pontificum. L'origine di una complessa problematica di cui non si riescono a percepire gli esiti e le conseguenze è qui; e non è facile venirne fuori, per lo meno in tempi rapidi.
Sembra far sorridere la dedica: «Ai bisnonni e ai pronipoti della riforma liturgica: perché quelli che non ci sono più, in comunione con quelli che non ci sono ancora, possano insegnarci non solo l'unum necessarium, ma anche il quod superest»; di fatto situazioni ecclesiali che dovevano fomentare una comunione più effettiva stanno creando una frattura inimmaginabile soprattutto nell'immaginario dei più giovani, attratti dalla novità, ma privi completamente di fondamento storico, e quindi senza canoni di riferimento per una valutazuiione obiettiva.
L'Autore riprende e rilancia idee che nella loro imemdiatezza possono costituire un punto di incontro per un dialogo; ma dialogo con chi? Mentre il movimento liturgico e il cammino della riforma liturgica è stato condotto con il riferimento a studi e ad approfondimento della tradizione - e in dialogo, ovviamente, con i problemi della Chiesa del tempo -, oggi fa cultura il confronto con gli abusi sbandierati come effetti ordinari della riforma liturgica. Dimenticando così la disattenzione che è stata realizzata nei seminari e in altre istituzioni a proposito di una educazione alla liturgia (e non solo).
Il volume si articola in quattro passaggi: Il Concilio Vaticano II e le nuove forme di primato del mistero; La partecipazione attiva da Pius Parsch a Redemptionis sacramentum; Prima e dopo Sacrosanmctum Concilium: l'attualità del Movimento liturgico; Dalla riforma necessaria alla riforma non sufficiente. Quattro passaggi per fotografare alcuni aspetti della realtà, e soprattutto per invitare ad una riflessione che tenga conto di punti di riferimento imprescindibili (storia, teologia, culto, ecc.) qualora non si voglia lasciare ai nostri nipoti una situazione liturgica qual è quella che si sta contemplando dopo un anno di Summorum Pontificum! Con ragione C. Valenziano si rifà a Rosmini e ad alcune affermazioni di quel santo filosofo-teologo; e viene da domandarsi: ma oggi a che punto si trova la situazione della «piaga della mano sinistra»?
(RL 2008)
«Né contro, né senza Pio V, ma oltre, come accade nella logica vitale del succedersi delle generazioni» (p. 17). Queste parole inquadrano bene la prospettiva nella quale si colloca il libro di A. Grillo, pubblicato nei primi mesi del 2007. In quelle settimane, attorno al «pronunciamento» con il quale Benedetto XVI, avrebbe — si diceva allora — soltanto «esteso» l'indulto per l'uso del Messale di Pio V, si inseguivano molte voci e c'erano poche certezze.
L'autore quindi, pur citando Pio V nel titolo del libro, non tratta, ovviamente, del Motu proprio col quale è stato ripristinato il Messale tridentino, ma spiega con la perspicacia e l'affascinante — e a tratti elegantemente ironico — argomentare che gli sono caratteristici, 126 CredOg n. 161 molto di ciò che è in gioco quando si affrontano questioni cruciali come quella della liturgia (è tuttavia interessante leggere, alla luce di quanto accaduto il 7 luglio 2007, le note 8 e 9 alle pp. 118-119). Grillo presenta i temi fondamentali sui quali intende riflettere: il significato del Vaticano II, la sua portata innovativa, il movimento liturgico e il suo rapporto con la riforma liturgica, il concetto chiave di «partecipazione attiva».
Sottolinea l'atteggiamento di fondo del concilio, quello di «simpatia da parte della chiesa cattolica nei confronti del mondo e dell'uomo moderno» (p. 22), atteggiamento bene illustrato da Paolo VI che sottolineò come all'attenzione dei padri si presentò «l'uomo vivo..., tutto l'uomo fenomenico». Grillo evidenzia, inoltre, che «la grande sintesi conciliare ci consegna non tanto singoli contenuti nuovi, ma un rapporto metodologicamente rinnovato conforme di vita e con esperienze elementari nelle quali la chiesa si trova simbolicamente unita al suo Signore» (p. 24). Proprio qui si colloca la «questione liturgica», fra teologia e antropologia, alla ricerca di nuove forme di primato del mistero e qui diviene centrale l'idea di «partecipazione attiva». Dopo un breve, ma preciso excursus sulla storia di questo concetto, l'autore mostra come iniziando dalle intuizioni di P. Parsch, fino a giungere al n. 48 di Sacrosanctum concilium, si opera una rivoluzione copernicana nel modo di intendere la partecipazione al mistero eucaristico, inteso come actio sacra (cf. il «per ritus et preces» di SC 48), coinvolgente tutto l'uomo (a partire dal corpo!), con l'attenzione centrata più sull'atto che sul significato e la conseguente urgenza di un'articola zione spazio-temporale dell'azione eucaristica. Grillo ritiene che nell'Istruzione Redemptionis sacramentum del 2004 della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, la concezione di «partecipazione attiva» slitti dal Vaticano II «alla lettura riduttiva e sostanzialmente ancora tridentina di Mediator Dei» (p. 51). «In tal modo si smarriscono i motivi elementari che ci hanno faticosamente condotto alla riforma dell'ultimo concilio e se ne scalzano dunque le giustificazioni di fondo, preparando di fatto il terreno a revisionismi e alle conseguenti tentazioni di "riformare la riforma"» (pp. 52-53).
Precisata così la posta in gioco, Grillo dedica il terzo, consistente, capitolo a un approfondimento del movimento liturgico che nella sua ottica non si conclude col concilio, ma lo comprende e lo segue, articolandosi dal suo inizio, fino a oggi e, ancora per il futuro, in tre fasi aventi ognuna caratteristiche, scopi e compiti diversi. La terza fase, quella in cui ci troviamo, richiede oggi, al di là della retorica e delle proclamazioni di principio, un ritorno alla liturgia come fonte, come luogo generativo dell'esperienza cristiana e non soltanto come celebrazione esterna, quasi rappresentazione, di un già saputo o già appreso altrove. Molto interessanti i cinque concreti e «quotidiani» esempi di situazione in cui il movimento liturgico sarebbe oggi chiamato a recuperare alla e nella prassi celebrativa il suo statuto di fons et culmen.
In questo capitolo si trova una sintesi della riflessione teologica dell'autore già espressa in modo più approfondito in altri libri e articoli. L'ultimo capitolo conclude la riflessione riformulando e approfondendo quale sia la «questione liturgica» e quale la sfida per l'attuale movimento liturgico, presentato non più come causa, ma come effetto della riforma. Una riforma che fu necessaria, ma non sufficiente e da non considerarsi compiuta e conclusa, bensì completamente aperta sulle vie dell'iniziazione e della formazione. Tutto questo coinvolge il metodo della teologia e della pastorale, chiede di saper superare posizioni opposte: disperazioni, pessimismi e immobilismi, intellettualismi, con la coscienza che la liturgia è, e qui parafrasiamo S. Marsili citato all'inizio dell'Epilogo, una realtà viva, ma fragile; viva solo se dinamica e di un dinamismo che si compie tra due poli: un mistero di salvezza realizzato da Cristo e lo stesso mistero da realizzarsi in noi. Il libro è di quelli che portano a riflettere. Non è certamente di facile lettura e richiede una buona conoscenza degli argomentie del linguaggio teologico-liturgico. E quindi necessario un certo impegno, assolutamente giustificato dall'ampiezza e dall'originalità delle prospettive che vengono aperte. Merito di Grillo è certamente il saper andare sempre oltre a ciò che sembra scontato o già assodato e saperne cogliere valenze e implicazioni. Da queste pagine emerge chiaramente come la «questione liturgica» oggi sia più che mai aperta come punto cruciale nella vita della chiesa, per la coscienza di sé e per il suo interagire col mondo.
Tratto dalla rivista "Credere Oggi" n.5 del 2007
(www.credereoggi.it)
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