Una riflessione sulla fiducia tema che conduce al centro della spiritualità cristiana. Magari sepolta dietro esperienze negative, dentro ciascuno di noi esiste sempre la capacità di confidare: aver fiducia è forza, fermezza, sicurezza di sé. Sperimentare questa forza è indispensabile per la vita di relazione: è riuscire nella vita.
PREFAZIONE
Nel i secolo a.C. viveva a Roma un liberto di nome Publilio Siro. Era originario della Siria ed era stato deportato a Roma come schiavo. Grazie alla sua intelligenza e alla sua arguzia fu dichiarato libero e compose numerose pantomime. Furono molto conosciute soprattutto alcune delle sue sentenze molto brevi che trovarono poi collocazione all’ingresso delle scuole di carattere umanistico. In esse si parla ripetutamente della fiducia. «Chi perde la fiducia, non ha più niente da perdere». Evidentemente Publilio Siro ha sperimentato da schiavo che chi ha perso la fiducia in se stesso e nella vita non ha più nulla a cui potersi aggrappare. In definitiva ha abbandonato se stesso. E soltanto chi non abbandona la fiducia riesce anche ad avere fiducia negli uomini e a liberarsi dalla spiacevole situazione in cui si trova. Quest’esperienza si manifesta anche in due altre sentenze che trattano della fiducia: «Se uno perde la fiducia, con che cosa potrà ancora salvarsi?» e ancora: «La fiducia è comunque sempre necessaria, anche quando essa ti ha abbandonato».
Publilio Siro esprime nelle sue sentenze la sua personale esperienza. Da schiavo non avrebbe avuto alcuna prospettiva di realizzare qualcosa nella sua vita se non si fosse aggrappato alla fiducia nelle sue capacità. Le sentenze però non indicano una strada per trovare la fiducia. Si limitano a descrivere quanto sia importante non abbandonare la fiducia. Soltanto se leggiamo le parole di Publilio Siro avendo presente la sua esistenza, riusciamo a trovarvi una via che è valida anche ai nostri giorni. Egli ci indica come possiamo aggrapparci alla fiducia persino quando la situazione esterna appare del tutto disperata. Essendo schiavo egli non aveva a Roma alcun diritto. Era preda dell’arbitrio del suo padrone. Molte persone si sentono così anche oggi. Hanno la sensazione di dipendere dall’arbitrio del loro datore di lavoro. Oppure hanno fatto l’esperienza che il destino è cattivo con loro. Di fronte a un destino assurdo che li aggrava di continue sofferenze, sembra loro di non avere più alcuna prospettiva. Il destino di questo liberto romano ci mostra però che anche quando la situazione esterna è opprimente, anche quando sembra difficile trovare una possibilità di cambiamento, è importante aggrapparsi alla fiducia. Dentro di noi c’è il presentimento che ci dice che possiamo avere fiducia. In ciascuno di noi esiste la capacità di confidare. Spesso questa capacità è sepolta sotto esperienze e sentimenti di segno contrario. La vista però di questo schiavo che non ha abbandonato se stesso vuole invitare anche noi a guardarci dentro e a scoprire il fondamento su cui possiamo costruire. Questo fondamento è la fiducia che Dio ha posto come capacità nel cuore di ogni uomo. Dobbiamo solamente crederci. A volte l’osservare il destino di altre persone ci aiuta a credere alla fiducia che è disponibile anche dentro di noi, anche quando la situazione esterna assomiglia tantissimo alla condizione di schiavitù in cui Publilio Siro si trovò suo malgrado. E la fiducia – questa era la sua convinzione – non gliel’avrebbe potuta togliere nessuno. L’aggrapparmi a essa o l’abbandonarla dipende esclusivamente da me. Se mi aggrappo alla fiducia e non la abbandono, in qualche modo c’è sempre una salvezza.
La fiducia è indispensabile per la vita di ogni persona, in ogni tempo, in tutte le culture. La riflessione sulla fiducia ci porta anche oggi al centro della religione e della spiritualità. Ogni lingua collega alla parola fiducia la sua esperienza e quindi esprime già qualcosa di ben definito. Il termine latino fiducia è strettamente collegato a fides (fede), che risale a sua volta al termine greco pístis. Questa parola ricorre molto spesso nella Bibbia. Nel greco classico la parola aveva il significato di fidatezza, certezza, fedeltà. Si pensava sempre quindi a una relazione. Giuro all’altro che rispetterò quanto gli ho promesso. La pístis può designare sia la fiducia di cui uno gode come anche la fiducia che uno possiede. Ognuno è degno di fiducia. Ma ognuno ha anche fiducia nell’altro, perché crede che questi rispetti quanto gli ha promesso. In Grecia il termine pístis caratterizza prima di tutto la relazione con un’altra persona. Nel Nuovo Testamento invece la pístis si riferisce al rapporto dell’uomo con Dio. Io credo e confido in Dio. Devo prestare fede a Dio, alle sue parole e alle sue opere. E la fede è un essere saldi in Dio. E questo è sempre collegato anche alla speranza. In Paolo, nella fede, si tratta prima di tutto di confidare nel messaggio di Gesù e di trovare in esso la salvezza. Nel vangelo di Giovanni la fede ha un significato diverso. Nella fede io conosco la realtà così com’è. Oltrepasso l’apparenza che copre ogni cosa e arrivo al vero essere. Chi crede ha la vita. Già adesso è passato dalla morte alla vita.
La lingua tedesca collega la propria esperienza al termine fiducia (Vertrauen). La parola è collegata all’aggettivo treu (fedele) e significa ‘diventare saldo’. Può significare anche infondere fiducia, affidarsi a qualcosa, osare qualcosa. La lingua tedesca ha inteso quindi il termine fiducia più in senso psicologico e meno in senso religioso, come fa invece la Bibbia con il concetto di pístis. Avere fiducia è possedere la forza di reggere, di essere fermi in se stessi. E significa avere una relazione produttiva con un'altra persona. Se ho fiducia in qualcuno, gli sono anche fedele, sto con lui, parteggio per lui. La lingua da sola non ci dice come possiamo imparare la fiducia; ci indica solamente la qualità di essa. La fiducia è collegata a saldezza e fedeltà. Sono saldo in me stesso. Parteggio per me. Garantisco per me. E così sono capace di prendere anche le parti di un altro, di offrirgli e trasmettergli fiducia. Chi sperimenta questa sicurezza e questa fermezza, trova la sua forza di vita. E può rafforzare anche la forza di vita di altri e aiutarli a far sì che la loro vita riesca.
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Padre Devis Rocco il 7 febbraio 2015 alle 11:44 ha scritto:
Leggendo e rileggendo questo libro di 167 pagine, attraverso uno sguardo biblico e contemporaneo allo stesso tempo, l'autore ci introduce gradualmente in un itinerario di rinnovamento del nostro io più profondo. Fiducia non è semplicemente una parola, bensì un itinerario di crescita nel triplice rapporto con noi stessi, com gli altri e con Dio.