Dopo mezzo secolo dal Concilio Vaticano II l'approccio alle Scritture nella Chiesa cattolica ha conosciuto uno straordinario sviluppo. Il volume presenta un'analisi del cammino già fatto e una prospettiva per un ulteriore avanzamento. L'esempio di san Francesco d'Assisi e sant'Antonio di Padova si rivela prezioso e quanto mai attuale. Da una parte per fare delle Scritture una miniera di conoscenze; dall'altra per permettere alla vivente profezia contenuta nella Bibbia di ispirare la nostra azione dentro la storia e la società.
PREFAZIONE
di Luciano Bertazzo
Nel valore fondante della parola di Dio, accolta, pregata, annunciata, don Chino Biscontin ci propone un sintetico, ma denso, itinerario da san Francesco a papa Francesco. Rapidi e profondi squarci sulla storia di una passione che ha attraversato il tempo della chiesa e la sta attraversando con la figura particolarmente significativa, provocante del papa, dalle radici gesuitiche, ma dalla francescana passione per i poveri, in periferie da lui stesso esistenzialmente abitate nell’esercizio del suo servizio episcopale, pastore chiamato «quasi dalla fine del mondo» a guidare il gregge affidatogli nel ministero petrino.
Ascoltare, leggere don Chino è sempre un’esperienza tonificante. È un ascolto e una lettura in cui si coglie la passione di un’esperienza personale, diventata anche «professionale» sia nella direzione di riviste specializzate nella predicazione, sia nell’insegnamento di omiletica. Parola «tecnica» ma che dice che l’annuncio della parola di Dio nasce, prima ancora che da capacità espositive, da un incontro esperienziale con la persona di Gesù Cristo, la Parola con cui il Padre ha voluto dirci della sua passione per l’uomo.
In questo denso testo, occasionato da un incontro formativo sulla Parola vissuta e annunciata da san Francesco e dal suo «egregio discepolo» Antonio, don Chino rivela la sua competenza espositiva, chiara e nitida, con la profondità della dottrina della tradizione vivente della chiesa circa il modus vivendi perché la Parola si faccia annuncio. Vi ritroviamo il salto qualitativo avvenuto dopo il concilio Vaticano II, particolarmente con la costituzione Dei Verbum, la sua riproposta attualizzata nell’esortazione apostolica post-sinodale Verbum Domini di Benedetto XVI e ancora nell’esortazione Evangelii gaudium, la gioia dell’annuncio del Vangelo di papa Francesco, che cita il suo predecessore: «All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con una Persona che dà alla vita un nuovo orizzonte». E don Chino incalza: «Non la conoscenza della dottrina cristiana, non la pratica dei precetti cristiani fa di una persona un cristiano, ma il vissuto dell’incontro e della relazione con Gesù e con Dio, il Padre».
La lettura della Scrittura ha proprio lo scopo di nutrire questo reale incontro. La credibilità dell’annuncio può provenire solo da questo incontro, collegandosi strettamente nello «stare» con la Parola; è la «ruminatio» della tradizione della lectio divina, appannaggio non più solo di anime elette ma, dopo il concilio, via restituita all’esperienza di tutto il popolo.
Nella sua proposta don Chino accompagna lucidamente il lettore/ascoltatore con la riflessione teologica nella sua attualizzazione per l’oggi, una riflessione ravvivata – secondo le migliori tecniche espositive (molto in uso nel medioevo, meno «buio» di quello che si pensa!) – nella proposta di esempi calzanti, con sintesi conclusive, prima di ripartire con ulteriori riflessioni.
È un percorso che, oltre a essere accompagnato dalla ricorrente citazione del magistero di papa Francesco, vede la presenza anche di due altri volti, Francesco e Antonio. Entrambi vivono della Parola e sapientemente ci dice l’Autore che «Dio non ha tanto bisogno di parole quanto di parlanti». La conversione del Santo di Assisi, oltre che dall’inquietudine esistenziale, è mossa dall’ascolto di una Parola che lo mette in movimento, come il giovane contadino egiziano, Antonio, spinto sempre di più nella radicalità evangelica fino a farlo diventare l’abbà, il padre di quanti cercano il volto di Dio; fino all’esperienza carnale delle stimmate, in Francesco, mosso dalle parole di un crocifisso fino ad essere lui stesso crocifisso come il suo Signore.
In Fernando da Lisbona/Antonio di Padova è una passione che dalla testimonianza martiriale si fa predicazione con una parola annunciata in modo credibile. La sua prima biografia lo definisce un novello Giovanni Battista che annuncia la presenza del Signore nella storia degli uomini. Antonio, l’uomo dalla parola potente perché amava i grandi silenzi in cui far generare la Parola, capace di auscultare questa, come il «grido sofferente» del popolo, indicando sì il cielo, ma anche convertendo cuori induriti e cambiando le stesse strutture sociali nella loro ingiustizia verso i più deboli.
Leggere don Chino è ravvivare quindi una passione. La vive lui stesso, e lo sa chi lo conosce; una passione che ha abitato la vita della chiesa con testimoni credibili, Francesco e Antonio; una passione che abita, oggi, la comunità credente guidata da papa Francesco, venuto dalla periferia del mondo per ravvivare la gioia dell’annuncio cristiano.
ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE
Leggere la Bibbia con occhi di fede
1. La conoscenza della Bibbia prima e dopo il Vaticano II
Sono nato e cresciuto in una famiglia di contadini del Friuli occidentale. I miei genitori erano credenti sinceri e praticanti. Tuttavia, fino agli anni sessanta del Novecento, in famiglia non c’era una Bibbia e neppure semplicemente un testo contenente i Vangeli. Per la gente del mio paese il contatto con le Scritture avveniva durante la messa festiva. Esse venivano lette in latino dal prete, che volgeva le spalle all’assemblea e stava a un lato di un altare posto a notevole lontananza anche dalle prime file di banchi. Leggeva velocemente e a mezza voce, dando per scontato che nessuno fosse in grado di capire quanto egli leggeva. Ma nella prima parte della predica egli riprendeva il brano del Vangelo e ne offriva una rinarrazione, con tagli, variazioni e aggiunte, che andavano a comporre una specie di colorita traduzione inculturata nella parlata locale.
È noto come nei ceti popolari della chiesa cattolica questa situazione fosse generalizzata fino a ridosso del concilio Vaticano II, pur esistendo traduzioni in lingua volgare della Bibbia fin dalla seconda metà del Quattrocento. La concezione piramidale della chiesa, l’ampio analfabetismo del popolo nel passato, i costi delle pubblicazioni fino all’epoca dell’industrializzazione, la presa di distanza dalla Riforma protestante che assolutizzava la Parola: tutto questo aveva impedito un contatto diretto tra i ceti popolari cattolici e la Sacra Scrittura, e ciò fino a tempi recenti.
Con il concilio Vaticano II le cose sono decisamente cambiate. Il primo documento approvato dall’Assemblea dei vescovi, il 4 dicembre 1963, la Costituzione sulla liturgia Sacrosanctum Concilium, al n. 24 afferma: «Per promuovere la riforma, il progresso e l’adattamento della sacra liturgia, è necessario che venga favorito quel gusto saporoso e vivo della sacra Scrittura, che è attestato dalla venerabile tradizione dei riti sia orientali che occidentali».
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Don GIOVANNI PIAZZA il 7 febbraio 2019 alle 10:36 ha scritto:
Molto bello! Arricchente