Una breve biografia e i brani più profondi e suggestivi di papa Montini. Da queste pagine emergono la grandezza umana e la fede salda di un gigante del Novecento, sconosciuto ai più, che ha saputo annunciare il Vangelo in un tempo di epocale trasformazione.
INTRODUZIONE
Dalla nascita al sacerdozio
Le vicende terrene degli uomini sono spesso costellate di casualità che con il tempo rivelano un’insospettata profondità. Il 30 settembre 1897, a soli quattro giorni dalla nascita, Giovanni Battista Montini venne battezzato nella chiesa parrocchiale di Concesio (Brescia). In quello stesso giorno in una cittadina della Francia, Lisieux, Teresa di Gesù Bambino moriva e dal cielo iniziava la sua straordinaria missione di santità. Come ha ricordato Paolo VI al filosofo Jean Guitton, nel 1909 la Storia di un’anima – il libro in cui la giovane carmelitana francese aveva raccontato la sua vita – sarà letto da sua madre Giuditta Alghisi (1874-1943).
Il padre del futuro Paolo VI, l’avvocato Giorgio Montini (1860-1943), apparteneva a quel «movimento cattolico» che a partire dalla metà dell’800 animò, con straordinaria creatività di opere sociali ed educative e in un contesto fortemente ostile alla presenza dei cattolici, la società bresciana del tempo. Dal 1919 al 1926 egli fu anche deputato per il Partito popolare italiano al Parlamento nazionale. Le lettere che egli scrisse alla moglie Giuditta lasciano di lui l’immagine di un marito attento, premuroso e quasi devoto per il modo con cui ella vive la sua fede cristiana. In una di esse scriveva così: «Benedetta la tua bocca, che insegna ai miei bambini il nome e la vita del Signore». Ormai papa, nei suoi colloqui con Jean Guitton, Paolo VI ricorderà così la figura di suo padre: «A mio padre devo gli esempi, l’urgenza di non arrendersi supinamente al male, il giuramento di non preferire mai la vita alle ragioni della vita. Il suo insegnamento può riassumersi in una parola: essere un testimone». La famiglia Montini sarà rallegrata dalla nascita di altri due figli: Ludovico nel 1896 e Francesco nel 1900.
A causa di una salute non troppo forte, Giovanni Battista dovette sempre seguire i corsi scolastici come privatista: quelli liceali conclusisi nel 1916 e quelli della formazione seminaristica in vista del sacerdozio che ricevette il 20 maggio 1920 nella cattedrale di Brescia. Dal 1918 aveva cominciato a collaborare, scrivendo interessanti articoli, con il giornale studentesco «La fionda» fondato dall’amico Andrea Trebeschi che morirà nel campo di concentramento di Mauthausen nel 1945.
Ingresso in diplomazia
A Roma, dopo solo un anno di Filosofia, nell’ottobre 1921 Montini si iscrisse alla Facoltà di diritto canonico e cominciò a frequentare anche la Pontifica accademia ecclesiastica per poter poi entrare nel servizio diplomatico della Santa Sede. Laureatosi nel 1922 in Diritto canonico presso il seminario di Milano, dal giugno all’ottobre 1923 venne inviato alla nunziatura di Varsavia. Richiamato a Roma, mentre entrava a far parte della Segreteria di stato, il suo ministero sacerdotale si sviluppava in più direzioni e così dal 1925 al 1933 fu assistente nazionale della Federazione universitaria cattolica italiana (FUCI). Alla firma dei Patti Lateranensi (1929) il giovane Montini non mancò di esprime tutti i suoi timori, rivelatisi poi fondati, per il futuro della chiesa italiana.
Negli anni del secondo conflitto mondiale la sua vita fu divisa tra l’assunzione di sempre maggiori responsabilità come sostituto della Segreteria di stato e un instancabile impegno a favore dei profughi, dei dispersi e di quanti avevano bisogno di aiuto. La sua posizione lo mise in contatto con le maggiori personalità del tempo. Qui è sufficiente ricordare Alcide de Gasperi e Giorgio La Pira per l’Italia e il filosofo Jaques Maritain per la Francia.
Arcivescovo a Milano
Diversità di giudizio su questioni sociali e politiche e altri fattori indussero papa Pio XII a nominare, il 3 novembre 1954, Giovanni Battista Montini arcivescovo di Milano. Il 6 gennaio 1955 egli prese ufficialmente possesso della diocesi ambrosiana. Dopo oltre trent’anni passati al servizio della diplomazia vaticana, egli si trovò catapultato in una attività pastorale che assorbì da subito la totalità della sua esistenza umana e sacerdotale.
Milano era nel pieno della ricostruzione postbellica e la città andava affrontando grossi problemi di inurbamento con i relativi risvolti sociali. Una delle prime necessità che il neo arcivescovo dovette affrontare fu quella della costruzione di numerose nuove chiese nei quartieri periferici della città. La classe operaia, ma non solo, stava prendendo sempre più le distanze da una pratica e ancor più da una mentalità cristiana. Un tentativo di risposta a queste problematiche fu, nel 1957, la sua terza lettera pastorale significativamente intitolata Il senso religioso. Nel novembre dello stesso anno, con l’aiuto di centinaia di sacerdoti, di oltre venti vescovi e con l’intervento dei cardinali Giacomo Lercaro e Giuseppe Siri, diede vita a una gigantesca missione cittadina. Nei suoi quasi nove anni di episcopato egli visitò oltre ottocento parrocchie della sua vasta diocesi.
Anche da arcivescovo ebbe modo di interessarsi di un ambito della cultura che, già da quando era giovane prete e fino al termine della vita, attirò la sua attenzione: quello dell’arte e della bellezza nelle sue più diverse manifestazioni. Nel 1929 per la rivista «Studium» aveva scritto che «la Bellezza rende sorelle la Mistica e l’Arte» e nel 1931 egli fu parte attiva nella nascita della rivista «Arte Sacra» per la quale scrisse anche alcuni brevi articoli. A Milano, quando gli impegni glielo permettevano, partecipava alla «messa degli artisti» che si celebrava ogni domenica nella chiesa di San Gottardo al Palazzo. Jean Guitton ha scritto che Paolo VI «aveva un grande senso della bellezza, al punto tale di voler quasi correggere il Vangelo di san Giovanni là dove dice che “il Verbo si è fatto carne” per tradurlo in “il Verbo si è fatto bellezza”».
Anche il tema dell’unità dei cristiani attirò la sua attenzione di arcivescovo. Alla vigilia del concilio, nel maggio 1960 nei Pareri e voti che indirizzò alla commissione antipreparatoria, parlando dei temi che il concilio avrebbe dovuto trattare, propose quello della ricomposizione dell’unità fra le chiese e offrì di fare della chiesa ambrosiana, sulla scorta di quanto accaduto a Malines in Belgio negli anni 1921-1925 durante le famose «conversazioni» tra cattolici e anglicani, un centro di incontro e di dialogo tra le diverse confessioni cristiane.
Cardinale negli anni del concilio
Il 15 dicembre 1958 papa Giovanni XXIII creò cardinale l’arcivescovo Montini.
Il 25 gennaio 1959 il papa annunciò la sua volontà di convocare per la chiesa cattolica un concilio ecumenico. Il giorno seguente da Milano il cardinale Montini nel suo Messaggio alla diocesi così scrisse: «Un avvenimento storico di prima grandezza sta per verificarsi [...]. Sarà il maggiore, questo concilio, che la Chiesa abbia mai celebrato nei suoi venti secoli di storia, per la confluenza spirituale e numerica, nell’unità totale e pacifica della sua gerarchia; sarà il maggiore per la cattolicità delle sue dimensioni, veramente interessanti tutto il mondo geografico e civile. La storia si apre con visioni immense e secolari ai nostri sguardi». Da questo momento il futuro concilio diventò una delle sue maggiori preoccupazioni.
Il 2 febbraio 1962 papa Giovanni XXIII stabilì che il concilio si aprisse l’11 ottobre dello stesso anno. La lettera pastorale che l’arcivescovo di Milano indirizzò alla sua chiesa per quella quaresima non poté che avere per titolo: Pensiamo al concilio. Riletta cinquant’anni dopo e alla luce di quanto avvenuto nel concilio, quel documento lascia trasparire l’animo di un pastore imbevuto della riflessione teologica di alcuni grandi teologi cattolici del ’900 – come Charles Journet, Henri de Lubac, Yves M. Congar – e totalmente immerso nella realtà della chiesa che «non è soltanto un complesso di dottrine, di precetti e di riti» ma è invece «un disegno, una presenza divina, un’azione divina», «un mistero che bisogna cercare nella mente di Dio» come scrisse nella citata lettera.
L’11 ottobre 1962 il concilio iniziò e il cardinale di Milano ebbe modo di far udire in più occasioni la sua voce. In una di esse poi, nella lettera del 18 ottobre al cardinale Cicognani, allora segretario di stato, stese un vero e proprio programma per il futuro dei lavori conciliari. Il 3 giugno 1963 papa Giovanni XXIII moriva non senza aver prima espresso, come ha recentemente ricordato il suo segretario e oggi cardinale Loris Capovilla, il seguente auspicio: «Il mio successore potrebbe essere Montini».
Inizio del pontificato e continuazione del concilio
Il 21 giugno 1963 il cardinale e arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini venne chiamato dai cardinali a succedere a papa Giovanni XXIII. Il nome che egli scelse, Paolo, contiene in nuce la traiettoria e la dinamica interiore del suo ministero: alla scuola dell’apostolo Paolo farsi discepolo e annunciatore di Cristo risorto. Un giorno parlando del nome che l’arcivescovo di Milano si era scelto, il patriarca di Costantinopoli Atenagora così si espresse: «Eccola, la vera teologia! È la predicazione del Cristo crocifisso e risuscitato. Se mi è accaduto di dare al papa Paolo VI il nome di Paolo II, è perché mi è sembrato che la sua missione consista nel riesprimere in termini nuovi questo grande messaggio paolino».
Il primo impegno che lo occupò fu la continuazione del concilio. Il 29 settembre, nel discorso di apertura della seconda sessione, ricordò ai padri conciliari che egli, pur «carico delle somme chiavi consegnate a Pietro da Cristo Signore» restava «il più piccolo» fra di loro. Tema principale di quella sessione dei lavori, e in verità dell’intero concilio, dovrà essere quello della Chiesa perché «è venuta l’ora [...] in cui la verità circa la chiesa di Cristo deve essere esplorata, ordinata ed espressa». L’anno seguente al tema della chiesa e al dialogo che essa deve direttamente intraprendere con tutti gli uomini – non credenti, di altre religioni, e delle altre confessioni cristiane – egli dedicherà la sua prima enciclica intitolata Ecclesiam suam e recante la data del 6 agosto, festa della Trasfigurazione del Signore.