Una preziosissima e gioiosa testimonianza di fede e comunità. Con ironia e sincerità don Giorgio Ronzoni racconta la sua esperienza attraverso il tremendo incidente d'auto, la paralisi quasi totale e il ritorno, nonostante tutto, alla sua parrocchia.
INTRODUZIONE
di Gianpiero Dalla Zuanna
Giorgio Ronzoni scopre la sua vocazione in parrocchia e nel mondo dell’Azione cattolica, ed entra in seminario alla fine del liceo scientifico, nell’ottobre del 1980. Appena ordinato sacerdote, per tre anni è viceparroco a Santa Croce, parrocchia del centro di Padova. Poi va a Roma a studiare catechetica all’Università Salesiana. Tornato a Padova nel 1995, per tredici anni dirige l’Ufficio catechistico diocesano e insegna in seminario. Intanto, continua a studiare, a predicare esercizi spirituali, a scrivere di pastorale, a coltivare qualche passione, come la musica e l’arrampicata in montagna. In quegli anni, don Giorgio scrive una rubrica di catechesi per il settimanale diocesano, molto letta per la chiarezza dei contenuti, ma soprattutto perché intrisa di arguzia e umorismo. Don Giorgio è nato a pochi chilometri da Giovannino Guareschi, e l’umorismo ce l’ha nel sangue, come l’amore per la cucina emiliana.
Nel settembre del 2008, don Giorgio diventa parroco di Santa Sofia, un’altra parrocchia del centro di Padova. Qui si divide fra l’attività pastorale ordinaria e il difficile impegno di coordinare il restauro radicale di uno dei monumenti più insigni dell’arte romanica italiana. Sfrutta l’esperienza di scrittore umoristico per comunicare ogni settimana con i suoi parrocchiani, attraverso «Pace a voi», il bollettino parrocchiale.
Il 7 agosto del 2011, don Giorgio sbaglia una curva della statale Valsugana ed esce di strada, schiantandosi dopo un volo spaventoso. Viene salvato in extremis, ricoverato con la schiena rotta all’ospedale di Vicenza. Dopo un lungo percorso di cura e riabilitazione, don Giorgio resta tetraplegico, anche se riacquista parte dell’uso del braccio sinistro.
Venti giorni dopo l’incidente, dal letto della rianimazione don Giorgio detta il suo primo nuovo «Pace a voi», che per alcuni mesi diventa lo strumento principale per parlare con i suoi parrocchiani. Senza mai rinunciare all’umorismo, don Giorgio condivide la sua storia: la speranza di guarire; la consapevolezza del suo nuovo stato; la caparbia volontà di acquisire il massimo possibile di autonomia; la gioia di poter concelebrare e poi celebrare la messa; la gratitudine verso i suoi parrocchiani per aver chiesto al vescovo di mantenerlo a fare il parroco malgrado le limitazioni fisiche, creando le condizioni perché questo potesse accadere; la gioia per il ritorno in parrocchia, prima nei week end, poi definitivamente, nel settembre del 2012.
Questi brevi testi raccontano anche un’altra storia. Don Giorgio scopre di essere chiamato a un ministero nuovo. Il Signore gli chiede di seguirlo in modo radicale, per confermare nella fede i suoi parrocchiani, i suoi amici e i suoi lettori attraverso un difficile viaggio di kenosis, di svuotamento delle sue precedenti certezze. Per imitare Cristo nella debolezza, piuttosto che nella forza. Seguendo le tappe dell’anno liturgico, don Giorgio illustra da questa nuova prospettiva il Natale, la Pasqua, la prima comunione, la cresima, la giornata del malato, la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, ma anche l’apertura del patronato, l’ansia per l’enorme debito parrocchiale…
Non è un caso se il vescovo Antonio Mattiazzo ha deciso di confermare a un prete tetraplegico il mandato di parroco. Al di là della vicenda personale di don Giorgio, questa scelta è il frutto di un lungo cammino di valorizzazione della disabilità nella chiesa padovana. Un cammino che – negli ultimi decenni – ha conosciuto tappe importanti.
L’OPSA (Opera della Provvidenza di S. Antonio) sorge nei pressi di Padova nel 1955 per iniziativa del vescovo Girolamo Bortignon. Oggi ospita più di 600 disabili, assistiti da 500 dipendenti, 45 religiose e più di 200 volontari. Recentemente, l’OPSA ha realizzato al suo interno la Casa Madre Teresa di Calcutta, per l’assistenza dei malati di Alzheimer.
Numerose cooperative sociali, con il coinvolgimento attivo di disabili, sono nate per iniziativa di sacerdoti e laici della chiesa padovana. Ad esempio, la Cooperativa Sociale Leg.Art. è nata a Padova nel 1979, per iniziativa di don Augusto Busin, con l’intento di occupare persone con handicap psico-fisici. Leg.Art. è ormai da trent’anni nel mercato della rilegatoria e del restauro libri; la scommessa (per ora vinta) è stata quella di correre alla pari con gli altri operatori del mercato. Attualmente Leg.Art. conta sei soci lavoratori, quattro soci volontari, tre soci operatori. Nel 2000 su impulso di Leg.Art. è sorta un’altra cooperativa sociale che gestisce un Centro diurno per disabili e offre spazio a persone con handicap più gravi.
L’associazione Saint Martin CSA (Apostolato sociale cattolico) è nata nel 1997 a Nyahururu (200 chilometri a nord di Nairobi), nelle missioni padovane in Kenya, su iniziativa di don Gabriele Pipinato, sacerdote diocesano. L’organizzazione lavora con un approccio comunitario, secondo cui è la comunità stessa a farsi carico dei bisogni dei suoi membri attraverso i mezzi di cui dispone: il suo obiettivo diretto non sono i beneficiari, ma la promozione di solidarietà all’interno della comunità. Il lavoro del Saint Martin viene svolto grazie a una rete di oltre 1400 volontari provenienti dalle comunità, che lì risiedono. Questi volontari lavorano a tutti i livelli dell’organizzazione, inclusi quelli gestionale, di programmazione e di direzione dei vari programmi. Il lavoro dei volontari viene supportato da una squadra di circa cento membri del personale. Le attività del Saint Martin sono organizzate in programmi comunitari specifici, ma allo stesso tempo interdipendenti tra di loro, che si occupano rispettivamente di: persone con disabilità; bambini di strada; pace e riconciliazione; malati di Aids e abuso di alcol e droghe.
Infine, non va dimenticata la continua e silenziosa opera di valorizzazione e integrazione dei disabili nella vita delle parrocchie. Perché nessuno, come il paralitico di Betzatà, sia più costretto a dire: «Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima di me» (Gv 5,7).
L’integrazione della disabilità nella vita della chiesa ha un significato che va oltre l’aiuto verso i più deboli. Con storie come quella di don Giorgio, la chiesa ricorda a se stessa «di non essere una Ong filantropica, ma la sposa del Signore» (discorso di insediamento di papa Francesco). La chiesa confessa che «il Signore mi ha detto: “Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza”. Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo» (2Cor 12,9). È grazie a scelte come queste che la chiesa ha ancora molto da dire agli uomini di oggi.
I «Pace a voi» riportati in questo libretto vanno da quello successivo all’incidente (28 agosto del 2011) a quello del 29 giugno, scritto al ritorno da un pellegrinaggio a Lourdes, quando il reinserimento di don Giorgio in parrocchia può dirsi compiuto. Li riportiamo integralmente, con alcune note indispensabili per rendere comprensibile il significato di qualche passaggio.
L’ultima parte del libro è la trascrizione di un’intensa conversazione pubblica fra don Giorgio e Damiano Zampieri – presidente della sezione di Padova dell’Unione italiana lotta alla distrofia muscolare, anch’egli disabile in carrozzina – avvenuta il 28 febbraio 2013 nel corso de «La pietra scartata», evento annuale organizzato da varie realtà padovane (Fondazione Fontana, Centro missionario, Atantemani, OPSA, UILDM e Ufficio catechistico) che dal 2010 aiuta a riflettere come nelle comunità i «poveri», le persone «fragili» siano un’opportunità per riconoscere le nostre debolezze e aiutarci a rendere sempre più autentiche e profonde le nostre relazioni. Questa conversazione fra due persone toccate dalla sofferenza, ma non sconfitte, è la sintesi commovente e nello stesso tempo lucida, di percorsi di vita difficili, ma dove la luce riesce a vincere le tenebre.