Nel 50° anniversario della morte, gli scritti più intensi e significativi per conoscere l'esperienza umana e il cammino di fede di Benedetta Bianchi Porro.
ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE
La vita Benedetta nasce l’8 agosto 1936 a Dovadola, in provincia di Forlì. Figlia di Guido ed Elsa Giammarchi, seconda di sei figli – oltre a lei c’era già Leonida e dopo nacquero Gabriele, Manuela, Corrado, Carmen –, già da piccola fu colpita dalla poliomielite che, una volta guarita, le lasciò come conseguenza l’accorciamento della gamba destra. Tutto questo sarà solo l’inizio di una via crucis, in un crescendo di rabbia e ribellione, prima, e di fiducia e abbandono alla volontà del Padre, poi, tanto da arrivare a scrivere ad alcuni amici: «Io so che attraverso la sofferenza il Signore mi conduce verso una strada meravigliosa»; «Io so che in fondo alla via, Gesù mi aspetta». Ma questo sarà solo il traguardo di un cammino che la vedrà impegnata in lotte, ribellioni, crisi, per poi alla fine «rassegnarsi all’Amore di Dio». Trascorsi i primi anni a Dovadola, la famiglia si trasferisce poi a Sirmione sul Garda, dove il papà lavora ormai da alcuni anni presso lo stabilimento termale.
Di questo progressivo cammino umano e cristiano di crescita abbiamo la fortuna di custodire gran parte dei diari della sua infanzia e delle lettere, un autentico tesoro grazie al quale possiamo conoscere l’evolversi del vissuto interiore di Benedetta. Certo, i diari non ci rivelano particolari esperienze spirituali, anzi: sono un monotono ripetersi di azioni quotidiane ma ci permettono di affiancarci al cammino di Benedetta sentendoci alla «sua pari». Fatiche e lotte, desideri e speranze, sogni e fragilità che ci accomunano e ci fanno sentire a nostro agio nello stare accanto a Benedetta. Almeno finché non spiccherà il volo, in una sempre più intensa vita spirituale-mistica. Dicevo alla pari: sì, perché talvolta si corre il rischio di pensare che santi si nasca. Ma non è così. Lo si diventa.
E lo si diventa passo dopo passo, fatica dopo fatica, caduta dopo caduta. I testi di Benedetta ci aiutano a cogliere tutta questa ricchezza di umanità e spiritualità: ci aiutano a capire che l’umano non è un’esperienza altra dalla vita spirituale, ma è il terreno nel quale attecchisce, germoglia e cresce la vita spirituale. Benedetta ci fa capire che il vivere quotidiano è «luogo teologico», è lo spazio dove Dio prende dimora e parla ai suoi amici. E in questo umano, costellato di gioie e amarezze, di conquiste e debolezze, di ballo e studio, di orecchini e collane, di cinema e teatro… Benedetta cresce. Come noi. E se all’inizio viene facile sentirla «una di noi», col passare degli anni – e della lettura delle sue lettere – potremmo dire che lei «inizia» dove molti di noi finiscono. Sì, lei spicca il volo… invitandoci a divenire come lei. Sulle orme di Gesù. Ma andiamo con ordine. Benedetta era una giovane appassionata alla vita e desiderosa di viverla con intensità e gioia, come scrive all’età di otto anni nel suo diario: «Che bello vivere!». E qualche anno dopo, annota: «È un inverno magnifico e mi stupisco che il sole faccia tutti i giorni capolino sulla terra» (1948). I Diari iniziò a scriverli all’età di otto anni, su imposizione della madre, la quale riteneva che scrivere «è un esercizio che insegna ad esprimersi correttamente. Inoltre, impone uno studio introspettivo, un inquadramento del carattere, e aiuta a raggiungere l’equilibrio».
Col tempo, questa sana abitudine si trasformerà in una sorta di «amico» con il quale confidarsi:
Caro libro che sei stato il mio compagno di vita, ora ci lasciamo […]: tu racchiudi i miei dolori, le mie gioie, tutta la mia vita, conservali che ti siano care fino a che il mio cuore abbia l’ultimo battito. Ciao, forse da grande ti sfoglierò ed allora potrò in te ricordare ciò che passai nella mia fanciullezza, io sono molto contenta di me e sento di voler tanto bene a tutti.
Tra le sue predilezioni d’infanzia troviamo la lettura. Molti infatti saranno gli autori che lei citerà nei suoi diari. E questa predilezione alla lettura, la faciliterà nell’accostarsi prima ai testi di Dostoevskij, e successivamente ai testi classici cristiani, di autori quali sant’Agostino, san Francesco, santa Teresa d’Avila, santa Teresa di Gesù Bambino. Si lascia così attrarre dalla Sacra Scrittura, della quale predilige i Salmi, preghiere a lei gradite di cui dirà che dicono tutto il nostro «io», e le lettere di san Paolo. Una miniera grazie alla quale Benedetta imparerà a leggere e decifrare il suo vissuto interiore e l’evolversi della sua stessa vita. Dalla lettura dei suoi diari cogliamo che Benedetta cresce come tutte le sue coetanee: vivace, allegra, piena di sogni e di speranze. Sogni e speranze che, però, s’infrangono di fronte all’acuirsi della malattia. Scrive nel 1949: Oggi ho pianto perché mi lamentavo che devo portare sempre le scarpe alte. Dapprima piangevo per questo, ma poi piangevo perché ero stata così infelice.
Lamentarmi di simili sciocchezze, ha messo in subbuglio la mamma ed ora essa mi vuol far fare le scarpe basse a posta […] sembra che si agiti in me quasi il rimorso di quel pianto con quello che mi pare di aver aperto una ferita nel cuore di mia madre [...] Oggi sono andata a Bologna con la mamma per farmi un busto se no la schiena mi si deforma. Sono stanca, tanto stanca, quante cose ci vogliono per le mie gambe e quanti soldi si devono spendere! Accidenti a tutte le paralisi e altre malattie e disgrazie [...] Stamattina ho messo per la prima volta il busto: che pianto! Mi stringe […] mi pare ora quasi di constatare di più le cause della mia disgrazia: prima ero sempre spensierata e mi credo quasi uguale agli altri, ma ora… che precipizio ci separa non potrò mai avere le gambe uguali e se non portavo il busto sarei forse diventata gobba? Ma nella vita voglio essere come gli altri, forse di più vorrei poter diventare qualcosa di grande… Ma la malattia la obbligherà a prendere vie diverse, costringendola spesso a restare a letto per dolori alla testa e difficoltà motorie, ma senza destare particolari sospetti. Il 1953 segna un anno di cambiamento o, come sostiene Divo Barsotti, segna la prima conversione di Benedetta.
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Beatrice Polo il 16 ottobre 2014 alle 17:34 ha scritto:
UNA RACCOLTA DI POESIE ISPIRATE DALLA CRESCITA NELL'AMORE E NELLA FIDUCIA A GESU'.
Catia Bianchi il 4 dicembre 2019 alle 19:13 ha scritto:
Libro di una intensità di sentimenti infinita.
Per capire la vita, per non lamentarsi per sciocchezze, per essere consolati in momenti difficili. Benedetta merita senz'altro di essere ricordata tra i Santi.