L'incredibile e luminosa storia di fede e resistenza di un monastero di clarisse guidato da Caritas Pirckheimer, negli anni della riforma luterana e in un mondo in bilico tra sincero ardore religioso e ottuso fanatismo.
INTRODUZIONE
Gli avvenimenti che vogliamo raccontare si svolsero in Germania, a Norimberga, in un periodo critico della storia d’Europa e della storia della chiesa: la prima metà del XVI secolo. E ci vengono subito alla mente Lutero, la riforma protestante e le guerre di religione. Sono infatti elementi decisivi della vicenda che ci interessa. Norimberga è una città situata nel Land della Baviera (attualmente è la seconda città della Baviera, dopo Monaco) e il suo nome significa «monte roccioso», perché si estende ai piedi di un’alta collina che la domina tutta. È attraversata da un fiume che, dividendosi in vari bracci all’interno dell’abitato antico, la rende pittoresca e suggestiva. Alle origini di questa città troviamo il nome di una donna. Il più antico scritto che documenta l’esistenza di Norimberga è infatti un atto imperiale col quale Enrico III dichiara libera dalla schiavitù della gleba una certa Sigena. Siamo nel 1050.
Anche questo libro parla di una donna, la cui vita è fortemente legata alla storia della città. Si tratta di Caritas Pirckheimer. Il suo nome in Italia dice poco, è anche difficile da pronunciare, lo conoscono solo gli storici che si interessano dell’umanesimo. In realtà è una figura di grande rilievo, sia per la sua personalità ed esperienza spirituale, sia per il momento particolare, drammatico e confuso in cui si trovò a vivere e a operare: la Norimberga che passa in toto alla riforma protestante. La nostra Caritas era alla guida di un grande monastero di clarisse e i riformatori spingevano verso l’abolizione di tutte le forme di vita religiosa. Ha raccontato quegli anni difficili in una cronaca dettagliata e lucidissima che è giunta fino a noi e che coinvolge profondamente il lettore nella vicenda, pur essendo semplicemente una cronaca. Caritas ci offre uno spaccato della vita di una città, Norimberga appunto, che accogliendo la riforma protestante assume in breve tempo un assetto religioso notevolmente diverso da quello che la caratterizzava fino a poco tempo prima. Per qualcuno il nuovo corso risultò liberatorio, per altri, come Caritas e le sorelle, fu fonte di soprusi e di grandi sofferenze. Oltre al memoriale che dal 1524 al 1528 riporta gli avvenimenti drammatici riguardanti il monastero, Caritas lascia un buon numero di lettere, alcune in latino, altre in tedesco, che ci permettono di conoscere qualcosa di lei come donna, totalmente dedita a Dio e vivamente interessata agli sviluppi culturali dell’umanesimo. A completare il quadro restano parecchie altre lettere che furono indirizzate a Caritas o che in qualche passaggio parlano di lei.
Tanti tasselli, piccoli e grandi, che ci permettono di seguire dal vivo, attraverso qualcuno che li ha vissuti dall’interno, anni significativi nella storia dell’Europa. Norimberga anche dal punto di vista culturale e artistico era una città di primo piano. Un nome per tutti: Albrecht Dürer, il grande pittore e incisore, che visse a Norimberga contemporaneamente a Caritas e fu per tutta la vita il miglior amico del fratello di lei, Willibald. Negli scritti di Caritas ritroviamo tutto questo mondo e in esso lei e le sorelle sono dapprima serenamente accolte e inserite, poi, nel giro di pochi drammatici anni divengono un corpo estraneo, tollerato ma non più capito né apprezzato.
ESTRATTO DAL PRIMO CAPITOLO
Gli anni giovanili A cavallo fra il XV e il XVI secolo Norimberga era città imperiale vivacissima, economicamente molto sviluppata, retta da un borgomastro e da un consiglio del quale facevano parte gli esponenti delle famiglie più in vista. Barbara (Caritas) Pirckheimer nacque proprio in una di quelle famiglie illustri, anche se non era una delle più antiche. Il primo Pirckheimer di cui si abbia notizia, risulta essere stato un commerciante di nome Hans e lo troviamo inscritto nel registro cittadino di Norimberga a partire dal 1359. Dev’essersi inserito molto bene e aver rapidamente acquistato una posizione, perché già suo figlio faceva parte del consiglio della città, insieme ai membri delle famiglie considerate di antica, originaria residenza.
Fin dall’inizio i Pirckheimer appaiono persone facoltose, con possedimenti terrieri, ma la loro ricchezza proveniva soprattutto dal commercio, attività che a Norimberga era molto sviluppata. Gli scambi commerciali si volgevano soprattutto all’Italia, al Belgio, alla Francia e al Portogallo. Più tardi tuttavia i Pirckheimer si dedicarono prevalentemente agli studi, soprattutto agli studi giuridici, senza per questo intaccare la ricchezza di prima e i beni immobili. Fra i nomi illustri della famiglia di Caritas spicca un suo zio, Tommaso Pirckheimer, che studiò a Pavia, e la sorella di questi, Caterina, famosa per la sua cultura. Nel Quattrocento l’Italia era il luogo della cultura per eccellenza e le famiglie che potevano inviavano qui i propri figli per gli studi. Il primo della famiglia a venire in Italia per studiare fu il nonno di Caritas, anche lui Hans Pirckheimer come il suo antenato, che soggiornò a Perugia, Bologna e Padova. Qui entrò in contatto con il nuovo spirito umanista e ne divenne un propagatore entusiasta, tanto che lo possiamo annoverare tra i primi umanisti. Tornato a Norimberga fu per lungo tempo consigliere. Dalla prima moglie, Barbara Holzschuher, ebbe un figlio, Giovanni, che fu poi il padre di Caritas. Anch’egli studiò in Italia e conseguì il dottorato a Padova nel 1465. Tornato a Norimberga sposò una ricca orfana di nome Barbara Löffelholz. Ben presto la coppia si trasferì ad Eichstätt, dove Giovanni era entrato a servizio del vescovo come consigliere. E qui nacque nel 1467 la primogenita, che fu chiamata Barbara, come la madre e come la nonna: si tratta della nostra Caritas. Sembra che il vescovo stesso sia stato suo padrino di battesimo. Ad Eichstätt nacque anche Willibald nel 1470, il fratello che le fu sempre vicino e che divenne uno dei più stimati umanisti della Germania, in relazione con studiosi del calibro di Erasmo da Rotterdam.
Dopo la nascita di un altro figlio, nel 1475 il padre divenne consigliere del duca di Baviera Alberto IV e la famiglia si spostò a Monaco, dove nacquero gli altri figli. In tutto furono dodici e, delle figlie, sei si fecero religiose; una sola si sposò, la sorella Giuliana, con un consigliere della città di Norimberga, Martin Geuder. Tutti questi cognomi tedeschi per noi sono difficili da pronunciare e da ricordare, ma nella storia di Norimberga sono nomi di rilievo e li troveremo ripetutamente. Di alcune di queste famiglie patrizie sono ancora presenti in città i discendenti. Non sappiamo per quale motivo, Barbara non si spostò a Monaco con i genitori, ma fu mandata a Norimberga, nella casa del nonno Hans. Qui rimase dagli otto fino a dodici anni, affidata alle cure della seconda moglie del nonno, Walpurga, alla quale si affezionò molto. Nella casa del nonno ricevette una buona istruzione; se ne occuparono il nonno stesso, lo zio Thomas e la zia Caterina, che si presero cura soprattutto di insegnarle bene il latino, la lingua internazionale di allora, la lingua degli studiosi, la lingua anche della preghiera liturgica. Dev’essere stata una brava allieva, dato che anni dopo Willibald Pirckheimer, scrivendole, la definisce «ciò che di più colto, dotto e perfetto abbia mai visto questa città dopo la nostra zia Caterina: a lei tu assomigli perfettamente, Caritas, con le tue attitudini intellettuali, tanto che la discepola permette di riconoscere il modello della maestra». A dodici anni Barbara fu affidata al monastero Santa Chiara di Norimberga nel quale, secondo l’uso del tempo, si provvedeva all’educazione di un certo numero di ragazze.