EAN 9788825032925
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Nessun altro termine, più di quello di «crisi», è oggi in grado di restituire alla nostra intelligenza e alla nostra anima il tempo che stiamo vivendo. Ovviamente il pensiero corre immediatamente ai postumi infausti del grave dissesto economico creatosi a partire dal 2008 e scatenato per l’azione irrazionale di un sistema finanziario che, nell’illusione dei soldi che creano soldi, ha inteso e fino a un certo punto è riuscito a spremere l’inclinazione al debito dei cittadini, con investimenti che si sono poi rivelati del tutto infondati.
L’insolvenza di questi ultimi ha poi prodotto la crisi del sistema bancario e a turno delle economie reali di molti paesi europei. Ma la parola «crisi» evoca anche e più in profondità quel senso di sfiducia nelle risorse simboliche e culturali della civiltà occidentale in ordine all’allestimento di un futuro nel segno della convivenza della libertà e della ricerca del bene comune. Pare infatti che la soggettività postmoderna, sempre più tentata da un cinico narcisismo, fatichi non poco a immaginare scenari di solidarietà e giustizia intergenerazionali oltre che intragenerazionali. Insomma, a vederci da fuori, noi occidentali, non ci facciamo proprio una gran bella figura!
Di fronte a tutto ciò il cristiano non può non sentirsi toccato e quindi desideroso di rimettere in maggiore circolazione quell’ordine dell’amore che plasma di sé ogni pagina del vangelo. Il compito, tuttavia, non si presenta semplice. Non è, del resto, affatto temerario parlare anche di una crisi della chiesa e di una più specifica crisi della fede: tra scandali, scarsità di vocazioni, infecondità delle attuali prassi di iniziazione cristiana, una certa stanchezza del laicato anche più impegnato, età media piuttosto alta dei consacrati e delle consacrate, lo stesso scenario della fede presente e venturo non si annuncia affatto felice. La situazione richiede, pertanto, un investimento di analisi, l’audacia di tenere gli occhi aperti su questo mondo, la forza di una progettualità pastorale a largo respiro. Proprio una tale triplice connotazione caratterizza il recente libro del padre Sartorio che qui presentiamo. Mettendo insieme la sua formazione teologica e la sua straordinaria competenza giornalistica ed editoriale, l’autore colloca al centro della sua indagine la seguente domanda: «Questo tempo di crisi economica e non solo è favorevole alla fede, oppure no?». E la risposta che egli dà sta nel metodo stesso con cui imbastisce il suo lavoro: è un’operazione di essenzializzazione, di recupero dello spessore autentico e promettente dei punti cardinali di un cristianesimo che si voglia all’altezza dei tempi, perché all’altezza del vangelo.
L’epoca che viviamo è, dunque, un’occasione per la chiesa di «ripensare se stessa e recuperare fiducia in una missione che prima di essere compito è sorgente di identità, in un annuncio che prima di essere un dire è un dirsi, declinazione di ciò che si è che veramente si crede, in una relazionalità comunitaria intensa e personalizzata ». Ed è proprio dal modo con cui questa occasione verrà accolta che sapremo se questa crisi non sarà passata invano. A tale scopo, in ogni caso, Sartorio analizza e meglio focalizza alcuni cardini del credere cristiano: la fede e le forme attuali del non credere, l’annuncio, la missione, la conversione, la pietà popolare. Il risultato complessivo è quello di una sorta di prolegomeni a ogni futura possibile nuova evangelizzazione.
È dunque una lettura caldamente consigliata e sicuramente fruttuosa. Un’ultima osservazione. Gli ultimi due capitoli, esplicitamente dedicati alla forse inattesa attuale vitalità della pietà popolare, sono quelli che più potranno sorprendere il lettore, tanto più che il testo è collocato in una collana che si vuole esplicitamente in dialogo con i «gentili» del nostro tempo. Eppure, superato un primo spaesamento, si dovrà accordare una certa simpatia intellettuale alla scelta fatta dall’autore.
La pietà popolare è la traduzione vivente di una fede che si mette in cammino, di una fede che si fa risposta a un appello, di una fede che si fa storia nel solco di una tradizione che ha origini lontane, di una fede che si riconosce nella fede di tantissimi altri credenti che prima hanno solcato quei sentieri e quelle strade. Nessuno ancora sa se la crisi che viviamo sarà o meno favorevole alla fede cristiana, se l’impegno generoso di tanti verso la nuova evangelizzazione sarà fecondo o meno, se ci troviamo al tramonto di un certo modello di società e di chiesa o all’alba di un nuovo mondo, in ogni caso restare fermi e immobili, in attesa che tutto ritorni come prima, non è la direzione giusta.
Tratto dalla rivista "Credere Oggi" n. 6 del 2012
(http://www.credereoggi.it)
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