INDEX
Chiesa domestica (a cura di M. Zilio)
3. Casa della Custodia
(Vallio di Roncade TV)
Leggere l’esperienza
3. Gruppo Biblico Universitario
Roma La Sapienza (S. Sanchini)
San Giuseppe… a colori
Due celebrazioni guidate dall’arte
(M. Panzanini)
Tempo di Quaresima 2025
5 marzo/19 aprile
Mercoledì delle Ceneri (G. Carrega, R. Laurita)
1ª domenica di Quaresima (G. Carrega, R. Laurita)
2ª domenica di Quaresima (G. Carrega, R. Laurita)
3ª domenica di Quaresima (G. Carrega, R. Laurita)
4ª domenica di Quaresima (G. Carrega, R. Laurita)
5ª domenica di Quaresima (G. Carrega, R. Laurita)
Domenica delle Palme (G. Carrega, R. Laurita)
Giovedì santo (R. Laurita)
Venerdì santo (R. Laurita)
Veglia pasquale (R. Laurita)
RUBRICA
3. Casa della Custodia (Vallio di Roncade TV)
1. Che cos’è la casa della custodia
La genesi delle due parole, casa e custodia, ha radici lontane,
cresciute e maturate nel desiderio di chi scrive e di don
Paolo di offrire un volto di chiesa familiare e ospitale, come
quella di una casa. Espressione anche della diversità di ministeri
di uomini e donne che, nella dualità femminile e maschile,
esprimono la multiforme ricchezza del volto e della
creatività di Dio.
Dopo anni di incontri, di gruppi, di vita parrocchiale dove
abbiamo proposto contenuti ed esperienze significative, è
nato, in chi accompagnavamo, il desiderio e il bisogno di vivere
relazioni più personali, un tempo più disteso dove depositare
e custodire le cose apprese nell’ascolto della parola di
Dio e farle diventare vita nel quotidiano.
Il desiderio ha cominciato a prendere forma tenendo
aperta la porta di una canonica un giorno alla settimana, nel
piccolo paese di Marteggia. In seguito, per tre anni, abbiamo
vissuto questa esperienza durante i fine settimana presso
una casa di spiritualità della diocesi di Treviso, a Crespano.
Qui si è creato un luogo accogliente, dove le persone potevano
sostare da sole ma anche insieme ad altri, per vivere con semplicità un week-end di vita condivisa, con altre famiglie
o persone singole, di diverse età, ognuno con i propri vissuti,
vocazioni e provenienze. L’intento era di offrire alle persone
la possibilità di riprendere un ritmo più rispettoso, quello del
cuore. Succedeva spesso di trovare negli spazi della casa, nelle
passeggiate, chi si mettesse in ascolto dell’altro, aiutandosi
reciprocamente. I bambini stessi si raccordavano tra loro con
giochi e attività che li spingevano a far emergere creatività
e immaginazione. Un clima di famiglia, ricco di presenze varie,
dove il piccolo si poteva specchiare negli occhi del grande,
dove l’adulto poteva trovare nel bambino colui che gli
indicava la strada, in semplicità e gioia di vivere. In questo
contesto di cura reciproca si constatava la differenza tra una
chiesa ristretta dentro i confini dei praticanti e delle cose di
sempre, e la custodia sperimentata in questi tempi di condivisione.
Tra le persone che ci frequentavano con più assiduità
è nato il bisogno di vivere questa ospitalità come segno di
chiesa che sta e cammina tra le case.
Approdiamo così all’ultima esperienza, che stiamo facendo
da quattro anni in un’altra canonica di una piccola parrocchia,
Vallio, sempre in diocesi di Treviso. In questo paese
siamo arrivati nel tempo del Covid e all’inizio del cammino
sinodale della chiesa italiana. Ora la casa è tenuta aperta per
quattro giorni alla settimana, non solo dalla sottoscritta e da
don Paolo, ma anche da altre persone che, una volta sperimentata
l’ospitalità, hanno maturato il desiderio a loro volta
di ospitare. Non si tratta di famiglie che abitano stabilmente
in forma comunitaria, né di un gruppo o un movimento che
si ritrova per vivere momenti di condivisione, bensì una fraternità
di persone, con differenti vocazioni, che si danno il
turno per attendere chi arriva.
2. Una sana inquietudine
Nei vari traslochi quella che è rimasta viva è stata la chiamata
alla custodia, intesa come luogo dove ascoltare e raccogliere
intrecci di storie differenti. In questo cammino abbiamo
trovato una consonanza con le varie esperienze della
rete Chiesa domestica, che mette insieme lo stile familiare ed
ecclesiale. Nella nostra esperienza la parola casa è spesso un
rebus, perché risveglia vissuti contrastanti, soprattutto di chi
vive ferite legate ad abbandoni, lutti, conflitti e nostalgie, che
a volte complicano la ricerca comune.
Quando parliamo di chiesa per molti di noi è difficile legarla
alla sfera domestica, viene più spontaneo pensare a
preti, vescovi… alle strutture e attività parrocchiali. Fare
chiesa è percepito come un uscire dalla propria casa per partecipare
a un organismo più grande. Non ci sentiamo popolo
in cammino, ci siamo dimenticati troppo presto “quanta
chiesa” abbiamo fatto nella Pasqua del 2020, chiusi in casa
per il Covid.
Il rebus non è solo questione di termini, ma di riconoscimento.
La canonica dove siamo attualmente era abitata da
parroci e poi da missionari, che avevano un’identità chiara
a livello di parrocchia e di diocesi. Oggi ci viene domandato,
anche inconsapevolmente, di essere presenti con un modo di
fare che assomigli a quello di chi ci ha preceduto. Il panorama
ecclesiale però è cambiato molto in questi anni: le parrocchie
hanno subìto il crollo delle vocazioni femminili ed è
necessaria una redistribuzione del clero per una crisi vocazionale
più accentuata di altri periodi. È come una tempesta
che ha abbattuto presenze secolari, lasciando scoperto un
territorio abituato a un servizio religioso capillare e presente
in loco. Ora che ci troviamo ad abitare questo terreno ferito,
una volta ricco di alberi ora ricoperto di erbacce, salta all’occhio
più il confronto con il passato che le nuove sperimentazioni.
La funzione delle erbe però è salvaguardare l’humus [...]