Indice
Stefanie Knauss – Gusztáv Kovács
Editoriale
Abstracts
I. Danza, arte, resistenza 27
1. Riflessioni bibliche e teologiche
1.1. D ieudonné Mushipu Mbombo, La danza come arte di resistenza nella Bibbia ebraica
I/ Introduzione
II/ La danza nella Bibbia
III/ La danza come espressione della resistenza
IV/ Conclusione
1.2. R iyako Cecilia Hikota, La danza come cartina di tornasole della fede cristiana?
I/ Introduzione
II/ La danza per Nietzsche
III/ Tommaso d’Aquino sull’eutrapelia e la teologia del gioco e della danza di Hugo Rahner
IV/ Riflessioni conclusive
1.3. Á ngel F. Méndez Montoya, Danza e corpi dirompenti:
lesioni e lezioni per un’altra teologia possibile
I/ La traversata: danze contorte di corpi dirompenti
II/ (Com)muoversi: danzare al ritmo della vulnerabilità divina
III/ Conclusione
1.4. T e Aroha Rountree, Haka, himene, alleluia!
Canti e danze alter-native per resistere
I/ Introduzione
II/ Dominio dei Pkeh e resistenza Mori
III/ Il razzismo nella formazione teologica
IV/ Canti e danze Mori come teologia
V/ Riflessioni sulla fede cristiana Mori
VI/ La teologia Mori come resistenza
1.5. Lúcia Pedrosa-Pádua, Danza e resistenza nell’Amazzonia indigena: sfide per la teologia
I/ Introduzione
II/ Una storia di distruzione e di resistenza
III/ L’Amazzonia indigena danza
IV/ Teologie indigene amazzoniche per la danza rituale
V/ Alcune indicazioni per la teologia cristiana
VI/ Conclusione
2. Prospettive storiche e culturali
2.1. I stván Csonta, Danza e resistenza: il movimento delle “case da ballo” della Transilvania a salvaguardia dell’identità ungherese
I/ Introduzione
II/ Termini chiarificatori: una breve panoramica della storia delle danze popolari ungheresi
III/ La riscoperta delle case da ballo
IV/ Conclusione
2.2. C arl Petter Opsahl, B-Boy for Life: la break dance come pratica spirituale di resistenza
I/ Introduzione
II/ La Break dance
III/ La break dance nel Terzo spazio
IV/ Vite estreme
V/ Spiritualità del Terzo spazio
2.3. T atjana K. Schnütgen, «Break the Chain!».
La danza come forma di protesta e risorsa nella resistenza contro il sessismo e la somatofobia antifemminista
I/ Introduzione
II/ La danza come evento di risonanza
tra sfera privata e sfera pubblica
III/ La resistenza come azione politica delle donne
nella sfera pubblica.
L’esempio della campagna One Billion Rising
IV/ La continua necessità di una rilettura dei corpi femminili nello spazio pubblico
V/ La danza come risorsa spirituale nella resistenza alla violenza sessista
2.4. Katherine C. Zubko, Sovvertire la figura dell’eroe attraverso l’umorismo: la danza di una partizione narrativa Vidushaka nel Bharatanatyam
I/ Introduzione
II/ Bharatanatyam
III/ Analisi della performance
IV/ Resistere con l’umorismo
V/ Conclusione
II. Forum teologico: A sessant’anni dalla promulgazione di Lumen gentium
1. P aul M. Zulehner, “Laico” è ecclesiologicamente una non-parola
I/ Rimodellamento della Chiesa del sacerdozio e del servizio
II/ Chiesa di vocazione battesimale
2. Jaisy A. Joseph, Sessant’anni dopo Lumen gentium: discepolato missionario, corresponsabilità e discernimento comunitario
I/ Introduzione
II/ Lumen gentium
III/ La corresponsabilità dei discepoli missionari
IV/ Discernimento comunitario
3. O ttilia Lukács, Il laicato sessant’anni dopo Lumen gentium
Editoriale
Danza, arte, resistenza
Tutto danza. La danza è una pratica universale che attraversa il tempo e lo spazio, le culture e persino le specie: la primatologa Jane Goodall ha incontrato nel suo lavoro un gruppo di scimpanzé che danzava sotto una cascata, rispondendo all’ambiente e alle sue caratteristiche attraverso il movimento ritmico dei loro corpi. La danza, costituita dal movimento, dal ritmo e dal suono (musica, battito di mani, battito di piedi, ecc.), mette in relazione gli individui con se stessi, in quanto essi sperimentano il proprio corpo attraverso il movimento e il posizionamento nello spazio, e con gli altri, esseri umani e non umani, e il mondo che li circonda. Nella danza si superano i confini e si creano relazioni: tra gli individui e i gruppi, tra i danzatori e il loro contesto, con la terra su cui danzano e con l’intero cosmo di cui i danzatori sono parte e in cui si estendono muovendosi con i loro corpi. Poiché i corpi danzanti sono aperti gli uni agli altri e al mondo che li circonda, la dimensione spirituale della danza può essere sperimentata nella concretezza materiale del momento della danza, che è situato in un tempo e in un luogo particolari, ma che allo stesso tempo trascende questa situazione. Pur essendo universale come forma di espressione e di creazione di significato del mondo e di ciò che è al di là del mondo, la danza è però anche molto particolare: i gruppi e gli individui sviluppano i propri schemi di ritmo e di movimento, di suono e di colore e – come dimostrano i contributi di questo numero di Concilium – le loro danze possono svolgere un’ampia gamma di funzioni diverse, come espressione e realizzazione di identità, ricordo, meditazione, esperienza spirituale, cerimonia, celebrazione, seduzione, erotismo o esercizio fisico, passando dallo spettacolo al teatro, al gioco, al rituale, all’arte, allo sport o al piacere – o tutte queste cose insieme. Con queste diverse funzioni, la danza è strettamente legata alla sfera religiosa, può essere uno spazio di esperienza religiosa e una fonte di riflessione teologica. Non sorprende che la danza svolga un ruolo importante nei rituali religiosi, con i danzatori che talvolta interpretano il ruolo di esseri divini o accedono alla sfera spirituale attraverso i loro movimenti. Nel cristianesimo occidentale, tuttavia, la danza è stata a lungo considerata con sospetto a causa dei suoi legami con quelle che erano considerate forme pagane di religione e a causa della sua associazione con altre forme di intrattenimento considerate problematiche. La dipendenza della danza dall’espressione corporea e dalla materialità e la stretta associazione del corpo con la (pericolosa) sessualità e la femminilità hanno inoltre contribuito alla marginalizzazione della danza nella pratica e nella teologia cristiana. Con poche eccezioni, il giudizio di Giovanni Crisostomo «Dove c’è la danza, c’è il diavolo»3 ha plasmato gran parte delle risposte cristiane alla danza nel corso dei secoli. Il legame della danza con la religione non è però andato del tutto perduto, anche se la danza è fiorita per lo più al di fuori della sfera strettamente religiosa: la celebrazione delle feste religiose attraverso la danza, che István Csonta ricorda nella sua discussione sul ruolo della danza popolare per l’identità della minoranza ungherese in Romania, è un promemoria della relazione di lunga data tra danza e religione. Tuttavia, come nota Tatjana Schnütgen nel suo contributo incentrato sulla danza di protesta di One Billion Rising contro la violenza sulle donne, è solo nel XX secolo che la dimensione spirituale della danza viene riscoperta in Occidente, nel movimento di danza moderna ispirato da Isadora Duncan e altri, per poi farsi nuovamente strada anche nella pratica liturgica e nella riflessione teologica. Questa rinnovata consapevolezza, relativamente recente, del ricco e sfaccettato potenziale spirituale e teologico della danza in Occidente, di cui fa parte il contributo di Riyako Cecilia Hikota che discute i riferimenti di Tommaso d’Aquino al gioco insieme alla teologia del gioco e della danza di Hugo Rahner, è contrastata dal modo in cui nelle tradizioni indigene la danza è sempre stata praticata con la consapevolezza delle sue dimensioni spirituali come parte del loro approccio olistico al mondo, come descritto, ad esempio, nella panoramica e nella riflessione teologica di Lúcia Pedrosa-Pádua sulle diverse forme e funzioni della danza nelle comunità indigene dell’Amazzonia. In questo numero proponiamo di concentrarci specificamente sulla danza come arte di resistenza: un’espressione ed esperienza di resistenza e resilienza sia estetica che pratica in cui le risorse culturali, religiose e spirituali si fondono per contrastare le strutture oppressive e incarnare nella danza altre possibilità di vita fiorente, di giustizia e di relazioni eque. Come arte di resistenza, il fenomeno multisensoriale e multimediale della danza come movimento dinamico nel tempo e nello spazio è particolarmente adatto a superare i binari che favoriscono l’oppressione e l’ingiustizia, come corpo contro mente, fisico contro spirituale, individuale contro collettivo, cultura contro religione, maschile contro femminile, noi contro loro. Come dimostrano i contributi di Schnütgen e Csonta e la discussione di Carl Petter Opsahl sulla break dance come forma di resistenza all’ingiustizia sociale e come opportunità di vita al di là della povertà e della criminalità che caratterizzano i contesti di molti breakers, la danza non solo visualizza simbolicamente, ma realizza la resistenza e crea un’istanza di vita […]