INDICE
Editoriale
Nicaea. Testing a new language. Nicea, ovvero la fede alla prova del
linguaggio
Chiara Curzel-Maurizio Girolami
Focus Nicea andata e ritorno. Traiettorie di un Concilio
Quadro storico-teologico generale di Nicea
Emanuela Prinzivalli
Problemi di linguaggio: terminologia e immagini per comunicare la fede trinitaria
nei padri cappadoci
Chiara Curzel
Processo a Serdica (343): premesse, quadri teologici e istituzionali, esiti
Cristina Simonelli
Isaia 53,8 contro l’μοοσιος niceno: il sinodo di Sirmio del 357, radici e
reazioni
Zeno Carra
A solis ortu usque ad occasum. La ricezione di Nicea nell’Africa cristiana
Davide Fiocco
«Velut uno cunctorum ore et corde» (Rufino, HE I,5). Il concilio di Nicea nel
racconto di Rufino (HE I,1-6)
Giuseppe Laiti
Parresia laicale filonicena: il contraddittorio fra il laico Eracliano e il suo
vescovo
Alessio Persic
Liberale, patrono di Treviso, custode della fede nicena
Tatiana Radaelli
Predicare dopo Nicea /1. Echi della questione ariana e fotiniana nella predicazione
di Zeno di Verona
Paolo Cordioli
Predicare dopo Nicea /2. Echi della questione ariana e fotiniana nella predicazione
di Cromazio di Aquileia
Massimo Frigo
Fortunaziano, un protagonista da riscoprire
Maurizio Girolami
temi e discussioni
Ministeri laicali e carismi in Luigi Sartori
Antonio Ricupero
recensioni
Bourgine B., Così sta scritto. Saggio di teologia biblica (S. Zeni)
Campogalliani P., La scienza aperta (G. Trentin)
Toniolo A.-Steccanella A. (curr.), Le parrocchie del futuro. Nuove presenze di
chiesa (G. Giuffrida)
Halik T., Pomeriggio del cristianesimo. Il coraggio di cambiare (G. Zambon)
Marchetto M., Il coraggio della domanda. La questione del senso e la Laudato si’
(M. Dossi)
Tagliaferri R., Catarsi del corpo imperfetto. Malattia, salute e salvezza (A.
Albertin)
Stokes R.E., Satana. Come il giustiziere di Dio è diventato il nemico per eccellenza
(S. Vuaran)
Flanagan B.P., «Non guardare ai nostri peccati». Pensare una chiesa santa e peccatrice
(G. Zambon)
Zuccaro C., Le dinamiche del discernimento. Verso la soluzione dei conflitti morali
(G. Bozza)
Le Minh Thong J., Chi è «il discepolo che Gesù amava»? (A. Albertin)
Bonelli M., Un singolare aspetto della synkrisis nell’opera lucana. Tipologia della
ricerca fra Gesù e la chiesa (C. Broccardo)
Gasparro L., Gesù e il creato. Parole di ecologia nei Vangeli (A. Albertin)
Perroni M.-Salvarani B. (curr.), Guardare alla teologia del futuro. Dalle spalle dei
nostri giganti (G. Zambon)
Ferrari M., Venga il tuo regno. Dalla tirannia dell’istante alla pienezza del tempo
(G. Bozza)
Smith M.S., La genesi del bene e del male. La (ri)caduta e il peccato originale nella
Bibbia (A. Albertin)
segnalazioni
1. FILOSOFIA
Marchetto M., Scoprire Dio con Husserl (S. Didonè)
Maglio G., La filosofia politica e la sua storia. La riflessione sul senso e il fine della
città dell’uomo (G. Bozza)
2. SCIENZE UMANE
Bignardi P., Metamorfosi del credere. Accogliere nei giovani un futuro inatteso (S.
Didonè)
3. STORIA DEL CRISTIANESIMO
3.1 Biblico
Collin D., Credere nel mondo a venire. Lettera di Giacomo ai nostri contemporanei
(A. Albertin)
Ellul J., Una legge di libertà. Commento alla Lettera di Giacomo (A. Albertin)
3.2 Patristico e medievale
D’Antiga R., I Padri della Filocalia. Storia di un libro (G. Fedalto)
3.3 Moderno e contemporaneo
Burigana R.-Piatti P. (curr.), Un concilio di oggi. Memoria, recezione e presente
del Concilio di Firenze (1439-2019) (L. Bertazzo)
Dotta G., Storia della Congregazione di San Giuseppe (Giuseppini del Murialdo)
dal 1873 al 2006 (L. Bertazzo)
Fedalto G., In cammino tra fede e cultura. Saggi di storia e spiritualità (F.
Contessotto)
Ceschia M., Parole senza voce. Profilo spirituale di Madre Maria Teresa dell’Eucarestia
(L. Bertazzo)
4. TEOLOGIA
Vedelago L., Guardini e le figure della fede (S. Didonè)
Silber S., Una chiesa che esce da sé stessa. Sulla via della conversione pastorale (L.
Tonello)
Sequeri P., Iscrizione e rivelazione. Il canone testuale della parola di Dio (S. Didonè)
O’Collins G., Ispirazione. Verso un’interpretazione cristiana dell’ispirazione biblica
(G. Zambon)
Pasquale G., Introduzione alla teologia e al mistero di Cristo (S. Didonè)
libri ricevuti
EDITORIALE
Nicaea. Testing a new language
Nicea, ovvero la fede alla prova del linguaggio «Crediamo in un solo Dio Padre onnipotente […] e in un solo Signore Gesù Cristo […]». Le prime parole del simbolo di Nicea, che i cristiani professano nel giorno del Signore, sono già emblematiche della portata rivoluzionaria che la fede condivisa porta con sé. «Crediamo»: la prima persona plurale, il noi ecclesiale, è il soggetto della fede. Celebrare Nicea significa innanzitutto e primariamente questo: ripartire dal considerarsi un noi, lasciando che l’io, tanto seguito da Cartesio in poi, possa essere ricollocato nella societas di relazioni e di persone che ne danno pieno significato. La prassi liturgica lungo i secoli ha preferito adattare la formula nicena alla prima persona singolare, per dare massima responsabilità all’individuo credente, senza che la dimensione ecclesiale possa diventare un alibi per nascondere i propri dubbi o il necessario impegno personale. A Nicea, però, il soggetto fu il “noi”, quella nuova comunità diversificata per luoghi e culture ma accomunata dalla fede condivisa e da questo momento in poi da un condiviso modo di esprimerla e di trasmetterla. Il cammino sinodale che stiamo compiendo in questi mesi ci riconsegna l’importanza di ripartire da questo assunto fondamentale: la fede è un dono dato a una comunità di discepoli e questi insieme credono, insieme celebrano, insieme testimoniano la loro appartenenza a Cristo. Dal Dio creatore al Dio Padre. Il primo termine che il simbolo di Nicea sceglie per parlare di Dio è quello di “Padre”. È il cuore della rivelazione cristologica e dunque della novità cristiana: Gesù è venuto per rivelarci questo volto di Dio e per renderci tutti partecipi della sua relazione filiale, figli nel Figlio. Pertanto Dio non è un architetto dell’universo, tantomeno è un creatore anonimo che sa compiere bene il suo lavoro, affidando alla ignota sorte il destino delle sue creature. Egli è Padre perché genera, perché ama, perché dispone e accompagna alla maturità della vita i suoi figli e le sue creature. La vita, infatti, può rimanere per molto tempo allo stadio infantile anche quando l’età avanza: la paternità di cui Dio è capace è spazio di crescita per tutte le sue creature, perché giungano alla «conoscenza della verità» (1Tm 2,4), che è la pienezza di vita di cui Gesù si è fatto rivelatore (Gv 10,10). Dalla paternità alla figliolanza. Termine chiave di tutta la discussione svolta a Nicea e negli anni successivi fino al Costantinopolitano (381) fu l’homoousios, il consustanziale, termine con cui, in funzione antiariana, fu definito il Figlio rispetto al Padre. Proprio il dibattito sull’uso di questo termine, pur con la dovuta distanza culturale che ci separa, può essere di grande attualità per l’“oggi” della fede, sia per il significato stesso del generare, sia per una riflessione più ampia sull’uso del linguaggio, quando si parla di Dio. Generare non significa clonare, fotocopiare, riprodurre, elaborare, emanare. La generazione del Figlio è un atto divino che non comporta decadimenti, diminuzioni o corruzioni. In una società, come quella occidentale, diventata avara di figli, Nicea ricorda che l’atto divino per eccellenza di Dio Padre è generare il Figlio, una generazione eterna senza interruzioni o interposizioni, che non ammette differenze di grado e sa accogliere come pienamente sensata la distinzione tra colui che dona e colui che riceve, senza incorrere in uno schema verticale di superiorità e inferiorità. La cultura contemporanea sembra non riconoscere più il valore della generazione, innamorata della serie ripetitiva degli stessi oggetti, o della produzione in serie, e d’altra parte incapace di cogliere il legame con le generazioni che l’hanno preceduta, di sentirsi “figlia” ed “erede” di un patrimonio a lei affidato. Generare significa riconoscere che ogni generazione ha il suo posto nel piano dell’umanità e che ciascuna sa dare il proprio contributo nel dialogo con chi viene prima e pensando a chi viene dopo. Il dialogo tra generazioni, al quale tante volte richiama papa Francesco, è una vocazione di umanità che attende da tutti attenzione e cura, perché anche così si prende coscienza dell’essere generati e della potenzialità di essere generatori di futuro. Anche la vita ecclesiale, che trova il suo cuore nelle celebrazioni sacramentali, rischia di ridurre la vita di preghiera alla ripetizione di riti e di privare i sacramenti del potere generativo di rinnovamento della storia; rischia di non conoscere più l’arte del trasmettere la fede, che sta al cuore dell’identità missionaria della comunità cristiana. Qui si innesta l’altro grande contributo di Nicea che è la riflessione sul linguaggio. Proprio la ricerca di una parola non biblica – homoousios – che però potesse esprimere, pur in modo non del tutto inequivocabile, il mistero della generazione, richiama al necessario compito di cercare in ogni epoca e contesto le parole più proprie per esprimere la fede, senza che la ripetizione del già conosciuto possa diventare una coartazione allo spirito creativo che anima la vita di tutta la chiesa. Lo Spirito santo, protagonista del cammino sinodale, accompagna da sempre la vita della comunità dei credenti, perché siano corpo di Cristo che nella storia umana feconda, illumina, rende saporoso il vivere umano (cf. Francesco, Discorso di apertura dell’Assemblea generale del Sinodo dei vescovi, 4 ottobre 2023). L’impegno di trovare parole per dire «Gesù è Signore» in questo nostro tempo è la sfida che ci raggiunge da Nicea. Dalla formula battesimale alla vita immersa in Cristo. La professione di fede nicena è amplificazione della formula battesimale consegnata da Gesù risorto ai suoi discepoli mandati in missione (Mt 28,19). Nel cammino sinodale che si sta vivendo in questi anni, facendo eco al primato del battesimo ben evidenziato dalla Lumen gentium, l’essere battezzati non riguarda un rito chiuso nel passato, ma una vita che si rinnova ogni giorno nella certezza della fedeltà di Dio e nell’impegno per esprimere il dono ricevuto, che introduce il cristiano nella vita divina, fatta di paternità, di figliolanza, di comunione. Senza la vita battesimale, il rito in sé resta sterile e muto. Avrà senso allora, ritornando a Nicea, ripartire proprio da questo punto essenziale e vitale per la chiesa: essere immersi nel mistero pasquale di Cristo, il Figlio del Padre e il giudice dei vivi e dei morti, è un dono che ogni battezzato è chiamato a far fruttificare. Da Nicea la chiesa indivisa. Un ulteriore contributo che viene da Nicea è la memoria di un reticolato di chiese divise e litigiose che trovarono nel simbolo del 325 un punto di convergenza. In duemila anni le chiese hanno conosciuto tante separazioni, troppe e tutte dolorose. A Nicea solo venti canoni furono aggiunti alla professione di fede, quasi a dire che la dimensione istituzionale e organizzativa resta sempre subordinata alla natura dell’essere chiesa. Nel 2025, con felice coincidenza, la Pasqua dei cattolici cadrà nella stessa data delle chiese ortodosse, il 20 aprile. Proprio a Nicea, per volere dell’imperatore Costantino, si propose una soluzione che uniformasse almeno il tempo della celebrazione pasquale. Per questo «lo stile e le decisioni del Concilio di Nicea devono illuminare l’attuale cammino ecumenico» (Francesco, Discorso ai partecipanti all’Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, 6 maggio 2022), perché insieme si ritorni sull’essenziale del vivere in Cristo e si collabori per un mondo più giusto e rispettoso della dignità dell’uomo. Non ultimo e non meno provocante è ricordare Nicea per il fatto che fu un imperatore a convocare il Concilio, a chiedere con forza ai vescovi di mettersi d’accordo su una formula comune e a farsi carico di applicare le decisioni prese. Costantino riuscì a fare, con le sue forze e la sua prospettiva, quello che non erano riusciti a fare i capi delle chiese: mettersi d’accordo, rimanere uniti, trovare soluzioni comuni. Ogni qual volta i cristiani si sono divisi, sono rimasti sempre perdenti e, in molte zone dove fiorirono, furono spazzati via dal vento della discordia. Ricordare Nicea mette tutti in guardia a vigilare e impegnarsi per vivere l’appartenenza all’unica chiesa, quella apostolica, santa, cattolica, perché destinata a tutte le genti. I contributi di questo fascicolo vengono dal convegno della Facoltà teologica del Triveneto, organizzato dai docenti dell’area patristica (Nicea andata e ritorno. Traiettorie di un Concilio, Treviso 14 ottobre 20231). Essi scandiscono un percorso fatto di un primo passo, dedicato alle più generali questioni storiche, teologiche, linguistiche, scritturistiche, e di un secondo passo, che guarda alla ricezione di Nicea nel nostro territorio del Nord Est italiano. Ciascun contributo è un’occasione di approfondimento accademico di queste tematiche, offerto a docenti e studenti, ma anche un invito per tutti a ripensare quella formula di fede che recitiamo la domenica e che costituisce un cibo duro da masticare, per il suo linguaggio e per il suo contenuto, ma che continua a provocare ciascun credente a dire oggi chi è per lui Gesù e a trasmetterlo alle generazioni che verranno.
Chiara Curzel
Maurizio Girolami