Sguardi in pastorale
15. Il peso del passato.
Come tornarvi e come leggerlo
alla luce del presente (A. Carrara)
I nostri modi di dire
45. «Seguire Dio, non il mondo»
1. «Seguire Dio, non il mondo» (A. Carrara)
2. Seguire Dio, ma nel mondo (I. Pagani)
3. Fuori dal mondo? (A. Matteo)
Suggerimenti di preghiera
(A. Martinelli)
Dalla 22a alla 28a domenica
del Tempo ordinario
3 settembre / 15 ottobre
22ª domenica ordinaria (Redazione, S. Dianich, G. Tornambé)
23ª domenica ordinaria (Redazione, L. Monti, G. Tornambé)
24ª domenica ordinaria (Redazione, M. Cinquetti, M. Roselli)
25ª domenica ordinaria (Redazione, G. De Simone, M. Roselli)
26ª domenica ordinaria (Redazione, + G. Ambrosio, M. Roselli)
27ª domenica ordinaria (Redazione, S. Segoloni Ruta, A. Ghersi)
28ª domenica ordinaria (Redazione, P. Pasqualini, A. Ghersi)
15. Il peso del passato.
Come tornarvi e come leggerlo alla luce del presente
di Alberto Carrara
Mi ha preso la mania di tornare a leggere alcuni testi della letteratura
classica. I grandi classici non sono mai soltanto classici e
non sono soltanto appartenenti al passato. Più classici sono e più
attuali continuano a essere. Dipende da come si leggono.
Mi sono lasciato prendere, in prima battuta, da un testo che
appartiene a un passato che sembra aver ispirato profondamente
il nostro presente, per andare a morire, un po’ mestamente, insieme
con esso: il Settecento, con il suo corteo di enfasi razionale
e illuminista. È un tentativo molto artigianale di tornare alle
nostre radici per capire – anche – perché quelle radici, nei tempi
più vicini a noi, si stiano seccando.
1. La città degli uomini e i due paradisi.
Spunto (1) dalle Lettere persiane di Montesquieu
Prendo in mano le Lettere persiane di Montesquieu, uno dei
protagonisti del Settecento francese, il secolo dei «philosophes»
e dell’Encyclopédie, grande sintesi di quella filosofia e di quella
cultura. Le Lettere persiane sono un romanzo epistolare. Usbek
e Rica lasciano la loro città persiana di Ispahan e intraprendono
un viaggio in Europa. Guardano con occhi disincantati le istituzioni
europee, soprattutto francesi, e le sferzano con la loro
ironia caustica. Questa impostazione del romanzo lo rende un
testo esemplare per un esercizio utile: arrivare a guardare con il
disincanto giusto le cose che ci appassionano troppo.
Leggo la Lettera XI e le successive: è la storia dei trogloditi.
I cattivi trogloditi, quelli della prima generazione, iniziano con
l’assassinio del loro re, poi passano all’abolizione progressiva di
tutti i doveri e degli oneri sociali, delle leggi che regolano i rapporti
con gli altri… e finiscono per perire tutti «a causa della loro
stessa malvagità, vittime delle loro stesse ingiustizie» (Lettera
XI). I trogloditi buoni, invece, nati da due famiglie sopravvissute
al dramma precedente, rispettano le leggi, vivono le relazioni,
osservano la giustizia perché «la giustizia verso altri è carità verso
noi stessi» (Lettera XII). Alla fine, però, arrivano allo stesso
punto dal quale erano partiti i cattivi trogloditi: decidono di scegliersi
un re. Designano un saggio anziano il quale, però, non accetta
di diventare re. Non vuole, infatti, arrivare a imporre con
l’autorità ciò che ognuno deve invece osservare per semplice,
naturale inclinazione…
Storia molto illuminista. Da notare che i buoni trogloditi
“nascono” da due nuclei buoni rimasti dopo la fine tragica dei
trogloditi cattivi. Interessante: all’inizio sta il male, il bene è residuale
e successivo rispetto al male.
In principio era il male, dunque. Il contrario della prospettiva
biblica che, invece, pone il bene – il paradiso terrestre – agli
inizi, con il male e la disarmonia che vengono dopo, come tragica
conseguenza del peccato originale. Sempre a proposito di
confronti con le prospettive bibliche, va notato anche che, nelle
Lettere persiane, male e bene, società conflittuale e società armonica
sono totalmente umane, nascono dai rapporti violenti
o fraterni che le persone stabiliscono tra di loro. In termini biblici
si potrebbe dire che non esiste redenzione. O meglio: non
esiste redenzione che viene dall’alto, gli uomini si condannano
o si redimono da soli. Da qui, forse, viene anche la visione così
profondamente manichea di Montesquieu: la storia o è cattiva
o è buona.
Per tornare al mondo biblico, invece, bene e male si mischiano
e la redenzione esiste, già oggi, ed esisterà definitiva, alla fine.
La storia è iniziata con un paradiso e finirà con un altro paradiso.
Nel frattempo, però, la storia scorre, storia “mischiata”,
dice Agostino nel De civitate Dei: bene e male insieme, anche
perché, in quella storia, Dio ha fatto capolino.
Alla luce di questi spunti, si può ipotizzare che, forse, una
delle imprese culturali del nostro tempo post-illuminista, tempo
di grandi tensioni, di guerre e di spaventose povertà, è rendersi
conto che, appunto, bisogna essere salvati. E rendersi conto anche
che le buone salvezze che gli esseri umani si costruiscono
sono più radicate, più durature, se poggiano su una qualche forma
di salvezza che «viene dall’alto».
2. Si è come si appare.
Spunto (2) dalle Lettere persiane di Montesquieu
Mentre Usbeck è a Parigi diventa oggetto di interminabili
attenzioni da parte dei parigini. Per stare più tranquillo si veste
all’europea.
Libero di tutti gli ornamenti stranieri, mi vidi apprezzato nel mio
giusto valore. Avrei avuto di che lamentarmi del mio sarto, che in
un attimo mi aveva privato dell’attenzione e della considerazione
pubblica: precipitai all’improvviso in un nulla spaventoso. A volte
rimanevo per un’ora in una compagnia senza che nessuno mi
guardasse, e senza avere l’occasione di aprire bocca. Ma se qualcuno,
per caso, rivelava ai presenti che ero persiano, subito udivo
un brusio intorno a me: «Ah! ah! Il signore è persiano? Ma è incredibile!
Come si può essere persiano?» (Lettera XXXI).
Tutto dipende dal vestito, dunque. Si è persiani perché si è
vestiti alla persiana. E quando non si è vestiti alla persiana ci
si chiede come si possa essere persiani. Non si appare come si
è, ma si è come si appare… Ecco un altro tratto, sorprendente […]