EDITORIALE
2 M. GALLO
La liturgia tra ieri, oggi e domani
STUDI
4 T. CITRINI
Tradizione, rinnovamento,
improvvisazione
9 M. NICOLACI
La genesi del linguaggio rituale
dei credenti in Gesù
15 M. BELLI
Disinnescare futuri
19 R. MAIER
Una finestra aperta per Peter
Il futuro tra fantasia e memoria
24 D. PIAZZI
Nuovi gesti e nuovi linguaggi
29 M. BALDACCI
Nuovi ministeri
per un rinnovamento ecclesiale
34 L. PALAZZI
Spazi di creatività liturgica
39 P. CHIARAMELLO
Nuova pluralità:
luoghi, destinazioni, assemblee
44 F. MARTIGNANO
Liturgia, realtà virtuale
e nuove tecnologie
49 S. MARELLI
I giovani tra riti tristi e ritualità felice
FORMAZIONE
55 F. TRUDU
La liturgia fuori dalla parrocchia
3. I movimenti (I)
60 G. ZANCHI
I luoghi della liturgia
3. La cifra mistica del gotico
ASTERISCHI
64 R. BARILE
Lectio Ritus
3. I prefazi dei defunti
69 E. MASSIMI
I canti della liturgia
3. L’importanza del ritmo
1. Prevedere, sognare, riformare, generare
Come immaginare la liturgia del futuro? Tra le mani avete un numero paradossale di Rivista di Pastorale Liturgica, pagine godibilissime in cui alcuni esperti offrono considerazioni su riti che ancora non esistono, immaginando i loro gesti, i linguaggi, i nuovi ministri, i testi, le pluralità, le tecnologie ad essi collegate e, _nalmente, i nuovi nati che li eserciteranno senza di noi che ne scriviamo. Scrivere sul passato o sul presente è atto assai diverso dall’offrire analisi sul futuro. Come si scrive dunque sul futuro? Si può operare per intuito e con perizia, considerando le tendenze di grandi fenomeni in atto. Sul tema liturgico, non è dif_cile immaginare, ad esempio, che la secolarizzazione occidentale prosegua la sua radicale incidenza sul fenomeno religioso cristiano cattolico in Europa. Accanto ai macro-fenomeni, è decisivo intuire sapientemente ciò che pare meno chiaro agli occhi dei più, e provare a pre_gurarne il seguito. Tra macroscopico e microscopico, il liturgista che guarda al domani trova addirittura una forma condivisa di sapere, la futurologia scienti_ca. I future studies, con serissima metodologia e grandi responsabilità, prevedono quando _niranno le risorse naturali sulla terra, o quali forme di energie diventeranno accessibili. Non si può governare responsabilmente senza questa competenza, e parimenti potremmo quindi affermare che non si parla di liturgia senza futurologia, a cui la teologia non è certo estranea. Non è da poco ricordare che per lungo tempo l’unica cattedra di Previsione umana e sociale in Italia era presso l’Università Gregoriana di Roma, af_data alla celebre sociologa Eleonora Barbieri Masini (1928-2022). Ma la previsione accorta non è l’unico esercizio possibile. Ci si può dedicare evidentemente anche al sogno e alla profezia, pratiche tutte umane che ci spostano, a modo loro, in ciò che non è e non può (ancora) essere. Riabilitato in senso clinico da Freud e in _loso_a da Zambrano, sognare è un atto potentissimo, da sempre rivoluzionario per la sua ef_cacia sul rapporto con il tempo presente. L’utopia messianica è un esercizio di immaginazione, con forte impatto sulla speranza. Esso apre, nei tempi maturi e in epoche determinate, all’altra opera particolare in rapporto con il futuro, che è la riforma. Operazione delicatissima e coraggiosa, la riforma si assume la responsabilità di incidere la linearità dei fenomeni per innestare qualcosa che organicamente non sorgerebbe. Come l’immaginazione, anche riformare è un atto (ancora più) rivoluzionario, perché un’auctoritas che ne ha la facoltà sposta la comunità in una nuova epoca, nel futuro. La riforma nasce certamente sia dall’opera faticosa dell’animal laborans che lavora ai fenomeni a cui mette mano, ma anche dall’animal onirico che ha sognato in anticipo ciò a cui aspira. Il nostro elenco non può ancora fermarsi qui. Tutta una fondamentale serie di altre pratiche in rapporto al futuro si raccolgono attorno a un’ulteriore azione, che è quella di generare. La generatività è la pratica più potente e incisiva di tutte rispetto al tempo che ancora non c’è, perché trasmette la vita, rinnovando. Come magistralmente raccolto da Hannah Arendt, l’unica vera novità che rompe in modo assolutamente indeducibile con il passato, ed è quindi la radicale forma di futuro, è la nascita, il venire al mondo di una nuova vita. Ogni nato inaugura una serie di azioni indeducibili ed originali, sicché è la nascita la matrice di ogni azione in generale.
2. Liturgia e creatività
Tutto lo strumentario del lavoro di previsione, delle visioni oniriche, dei criteri di riforma e generatività è necessario per parlare della liturgia del futuro. Ne parliamo a sessant’anni dalla riforma post-concilio Vaticano II, con l’accortezza di precisare che cosa signi_ca. Ci pare che il tema della creatività nel celebrare viva ora una stagione più pacata, dopo la dialettica tra l’entusiasmo post-conciliare e la reazione ad essa successiva. Dopo il Concilio, si è coraggiosamente messo mano ad ogni parola e a quasi tutti i gesti del celebrare cattolico. Lo si è fatto in modo ecclesiale, con un processo che oggi ci appare degno di un’impresa eroica, a lungo sognata dal XVIII secolo: preparato da lunghi studi, diffuso con riviste di incomparabile successo e valore rispetto ad oggi, seppe conquistare lo spirito dei padri conciliari e di chi fu incaricato dopo di loro di lavorare ai nuovi libri rituali. Ma negli stessi anni, lo si è fatto altresì – senza vederne sorprendentemente _no in fondo l’incoerenza – anche in modo individuale e arbitrario, colpendo la natura dei riti: mentre prima del Concilio tradire una rubrica era percepito come grave colpa, per troppi anni questo è stato fatto alla leggera. Sembra oggi _nalmente terminare il tempo in cui tanti celebranti e tante comunità hanno trattato il gesto rituale con improvvisazione, facendolo occasione di altri pur nobili interessi. Ne è scaturita un’azione che ha lecitamente voluto reagire a queste forme di arbitrio, spesso _nendo per immaginare ritorni nostalgici, in cui rendere reversibile ciò che è irreversibile (Francesco, 24 agosto 2017). Ad oggi, risulta più evidente che la forza creativa della liturgia non sta nella sua in_nita riforma, ma nella sua capacità di generare il nuovo. Il futuro è, in un certo senso, dentro l’agire rituale, nella sua dinamica teologica che sposta nell’escatologico ogni breve preghiera, ogni comunità puntuale, ogni biogra_a che vi entra. Ragionare di liturgia del futuro è operazione estremamente istruttiva, perché rinnova la consapevolezza della natura dell’atto rituale, ci impone di immaginarne le s_de che già si annunciano e ci conferma nella cura di atti già ricchi di domani.