INDICE
editoriale
203 War, religions and history - La guerra, le religioni e la storia
Stefano Didonè
focus Riforma sinodale della chiesa cattolica e dialogo ecumenico: una possibile e feconda convergenza
207 Introduzione – Dall’ampiezza e dalla qualità dell’ascolto la portata della
Riforma
Luca Pertile
213 Luci dall’Oriente. Nota su dialogo cattolico-ortodosso e Sinodo
Alex Talarico
225 Una frontiera ecumenica. Per una lettura delle esperienze sinodali nelle chiese
della Riforma
Riccardo Burigana
243 Dal Sinodo alla sinodalità
Giacomo Canobbio
261 Quali potenzialità ecumeniche nel cammino verso il Sinodo del 2023?
Un utile confronto tra il Documento di Ravenna e il Documento preparatorio
Luca Pertile
Prolusione
277 Religioni e fratellanza in Europa, oggi. L’esortazione dell’enciclica Fratelli tutti
Miguel Ángel Ayuso Guixot
Agorà
297 Studiare il cervello. Intervista a Carlo Arrigo Umiltà
Leonardo Paris
309 Scrutare il reale. Intervista a Roberto Battiston
Simone Morandini
Ricerche
319 Introduzione – La lettura pragmatica della Bibbia in teologia pratica
Assunta Steccanella
321 Lectio divina e pragmatica biblica. Per una “conversione ecologica” alla sacra
Scrittura
Roberto Vignolo
339 Dimensione pragmatica della Bibbia e pastorale
Stefano Romanello
353 Racconto di fede e un racconto biblico: una via di ascolto per una centralità
della Scrittura in teologia pratica
Sara Biscaro
temi e discussioni
365 La collocazione dell’Anonimo Commentario al Parmenide nella storia
delle idee: la prospettiva gnoseologica come contributo alla questione
Zeno Carra
recensioni
379 Castiglioni L., Filles et fils de Dieu. Égalité baptismale et differénce sexuelle
(G. Osto)
382 Löser W., Elementi per una teologia delle religioni. Sguardi e passi oltre i confini
(G. Osto)
385 Bayne T., Filosofia della religione. Una breve introduzione (A. Sartori)
387 Celada Ballanti R., Filosofia del dialogo interreligioso (G. Osto)
390 Rossé G.-Coda P., Il grido d’abbandono. Scrittura, mistica, teologia (M. Ceschia)
393 Balzaretti C., 1-2 Samuele. Nuova versione, introduzione e commento (T. Lorenzin)
396 Carr D. M., Santa resilienza. Le origini traumatiche della Bibbia (T. Lorenzin)
399 Bellusci A.-Burigana R., Storia dell’Eparchia di Lungro. Le comunità albanofone di rito bizantino in Calabria 1439-1919, vol. 1; Storia dell’Eparchia di Lungro.
L’Eparchia di Lungro degli italo-albanenesi dell’Italia continentale, vol.2 (A. Talarico)
403 libri ricevuti
EDITORIALE
War, religions and history
La guerra, le religioni e la storia
All’indomani dell’11 settembre 2001 le tesi pubblicate qualche anno
prima (1996) da Samuel P. Huntington nel fortunato saggio The Clash of
Civilizations and the Remaking of World Order sembravano offrire al grande
pubblico un paradigma interpretativo unico – quanto controverso – con
cui affrontare il grande trauma collettivo subito dall’Occidente. In quell’operazione culturale era sottinteso che le cause remote dello scontro di civiltà erano imputabili alle religioni e alle rispettive pretese di universalità
e di unicità. Come spesso accade, ogni paradigma interpretativo unitario,
come il tentativo compiuto da Arnold Toynbee (1889-1975) di inglobare,
con metodo comparativo, la storia universale in un’unica direzione, appare
inadeguato.
Nella Fenomenologia dello Spirito (1807), Hegel afferma che «la storia è il
divenire dello Spirito che sa e media se stesso». com’è noto, l’affermazione
si colloca nel quadro di un sistema di pensiero che Paul Ricoeur non esita
a smascherare come tentazione di rappresentare e di abbracciare il passato,
il presente e l’avvenire come un tutto, ovvero una modalità di «totalizzazione stessa del tempo nell’eterno presente»1. L’interpretazione dello Spirito
oggettivo come pensiero che si fa azione nelle istituzioni (famiglia, società,
stato) e nel dinamismo della storia risulta coerente quanto ancora non del tutto adeguata. E qui emerge il carattere paradossale, e perciò fecondo, di
un sistema di pensiero in cui anche la storia risulta soggetta anch’essa alla
«astuzia della Ragione», la quale manovra coloro che se ne credono protagonisti. Sotto questo profilo, la lezione di Hegel rimane come una moderna
“parabola” filosofica sulla storia, fonte di ispirazione per ogni riflessione che
voglia cimentarsi con il tema del senso e del fine ultimo del fluire delle vicende storiche nel loro insieme, ovvero una filosofia della storia aperta alla
riflessione sull’eterno, in qualsiasi senso lo si intenda.
La lezione di Hegel rimane come una moderna “parabola”
filosofica sulla storia, fonte di ispirazione per ogni riflessione
che voglia cimentarsi con il tema del senso e del fine ultimo
del fluire delle vicende storiche nel loro insieme,
ovvero una filosofia della storia aperta alla riflessione
sull’eterno, in qualsiasi senso lo si intenda.
In questa prospettiva, il 24 febbraio 2022 appare certamente come una
data dal valore simbolico. Non perché si colloca all’interno di una visione
ancora ingenuamente eurocentrica, quanto per l’imprevedibilità delle possibili ripercussioni economiche e sociali (in particolare migratorie) legate
al ritorno di uno scenario novecentesco come l’invasione su vasta scala di
un intero paese europeo. Al netto della retorica delle presunte ragioni storico-culturali e pseudoreligiose – se non persino “mistiche” – presentate
pubblicamente come giustificazione razionale per legittimare l’iniziativa militare, le conseguenze del ritorno della guerra in suolo europeo non sono al
momento prevedibili. L’unico dato certo è che si tratta dell’ultimo conflitto
in ordine di tempo rispetto alle 169 guerre già esistenti prima del suo inizio.
Anche in questa occasione, la voce del magistero ecclesiastico si distingue per il tratto profetico. Con lungimiranza papa Francesco, primo papa
non europeo, nell’enciclica Fratelli tutti (3 ottobre 2020) già tracciava una
diagnosi precisa circa gli ostacoli presenti nell’attuale congiuntura storica.
Egli vede nella pena di morte e nella guerra due «situazioni estreme» che
«in definitiva non fanno che aggiungere nuovi fattori di distruzione nel
tessuto della società nazionale e mondiale. Si tratta della guerra e della
pena di morte» (n. 255). Ora che la guerra è tornata in territorio europeo
è ancora piú evidente che essa non è «un fantasma del passato, ma è diventata una minaccia costante» (n. 256) per le nostre società. La questione
non è solo di intensità (“bassa” o “alta”), ma di equilibri mondiali, rispetto ai quali il continente europeo appare drammaticamente privo di visione e
soprattutto di un’anima comune. Il sogno dei padri fondatori dell’Europa
unita (Adenauer, Schumann, De Gasperi), appare di fatto evaporato dalla
Realpolitik che vede nella corsa al riarmo l’unica strada possibile per la sicurezza del territorio europeo.
Il sogno dei padri fondatori dell’Europa unita
(Adenauer, Schumann, De Gasperi), appare di fatto
evaporato dalla Realpolitik che vede nella corsa al riarmo
l’unica strada possibile per la sicurezza del territorio europeo.
La posizione di radicale condanna della guerra da parte di papa Francesco
non riscrive la dottrina cattolica, ma ne prosegue lo sviluppo dell’insegnamento avviato all’inizio del Novecento. Sviluppo certamente recente, se paragonato alla posizione storicamente favorevole alla “guerra giusta”. Agostino
sviluppò una criteriologia razionale per la giustificazione della guerra, sistematizzata poi da Tommaso nella quaestio 40 nella Secunda Secundae della Summa
(De bello). La prima domanda che si pone Tommaso riguarda la liceità morale
della guerra (utrum bellare semper sit peccatum) e prevede che la legittimità di una
guerra (aliquod bellum sit iustum) risponda a tre condizioni: l’autorità del principe, una giusta causa (una colpa da parte di coloro contro cui si fa la guerra) e
che l’intenzione di chi combatte sia retta, cioè che miri a promuovere il bene
e a evitare il male. Successivamente la Seconda scolastica con Francisco de
Vitoria allarga la giustificazione della guerra come rimedio estremo quando
sono stati esauriti tutti gli altri mezzi per la soluzione del conflitto, quando c’è
ragionevole previsione di successo, quando il successo non abbia come conseguenza danni peggiori di quelli per cui la guerra è stata scatenata e, infine,
con il divieto assoluto di coinvolgere civili innocenti. L’equilibrio di questa
teologia dipende dalla concezione del «principio di proporzionalità». Solo a
partire da Benedetto XV (1854-1914) la chiesa cattolica si pronuncia contro il
ricorso alle armi in occasione dei conflitti. Per una vera e propria condanna
decisa della guerra occorre attendere Giovanni XXIII con l’enciclica Pacem
in terris del 1963, in cui il papa proclama l’irrazionalità del ricorso alla guerra
come soluzione dei conflitti umani (n. 67) e denuncia la disumanità di ogni
guerra. L’enciclica, proprio per la sua indole di razionalità condivisibile a tutti,
è rivolta agli uomini di buona volontà in quanto tali e non solo ai cristiani.
Questi brevi e fugaci cenni per suggerire l’apprezzamento per l’evoluzione
interna al magistero ecclesiastico su un tema altamente sensibile.
La posizione di radicale condanna della guerra da parte
di papa Francesco non riscrive la dottrina cattolica,
ma ne prosegue lo sviluppo dell’insegnamento
avviato all’inizio del Novecento.
In questo frangente storico in cui l’etica dell’informazione è la prima
forma di virtú civile da perseguire per combattere ogni forma di manipolazione della verità, Studia patavina continua il suo percorso, offrendo
una riflessione pacata sulla possibile convergenza tra la riforma sinodale
della chiesa cattolica e le istanze del dialogo ecumenico. Il Focus dal titolo
Riforma sinodale della chiesa cattolica e dialogo ecumenico: una possibile e feconda
convergenza si collega idealmente con i precedenti approfondimenti sulla
sinodalità nel primo millennio della chiesa (si veda Studia patavina 1/2021 e
2/2021), sulla quale pesano evidentemente le incertezze legate alla guerra e
alle presunte ragioni di credibilità per la sua legittimazione nella lotta culturale contro l’Occidente. Ciononostante, come osserva il coordinatore del
Focus, Luca Pertile, l’invito all’ascolto, anche di ordine teologico, mantiene
la sua validità. «L’ascolto teologico, soprattutto quando riguarda elementi
essenziali della vita della Chiesa, non s’improvvisa, ma va pazientemente
costruito e affinato, anche perché non è mai disgiunto da un “atteggiamento ecclesiale complessivo” nei confronti di chi ci si propone di accostare e
ascoltare».
La rubrica Agorà ospita due approfondite interviste legate al tema fede
e scienza, proseguendo idealmente il dialogo con il mondo universitario
in occasione degli 800 anni dell’Ateneo di Padova (si veda l’editoriale del
n. 1|2022). Infine, la sezione Studi e ricerche presenta il lavoro sulla giornata
di studio dedicata alla lettura pragmatica della Bibbia nel metodo teologico-pratico, svoltasi nella sede della Facoltà il 28 ottobre 2021.
Stefano Didonè
direttore