E. Castellucci
Per onorare il mandato del RICA
Studi
P. Sorci
La preistoria del RICA
W. Ruspi
Il sogno del RICA
R. Lacroix
Uno sguardo al mondo francofono
W. Krieger
Uno sguardo all’area linguistica tedesca
A. Ilunga Nkulu
Uno sguardo alla realtà africana
A. Grillo
La dinamica dell’iniziazione
E. Massimi
I linguaggi dell’iniziazione
M. Magoni
Cambiando l’ordine degli addendi,
il risultato cambia?
A.-M. Boulongne
La trama del tempo nella mistagogia
G. Compagno
Iniziazione e fragilità
Formazione
L. Palazzi – L. Balugani
Ascoltarsi
N. Toschi
L’identikit dei lettori e accoliti istituiti
G. Locatelli
L’attore
A. Join-Lambert
Le circostanze favorevoli
Asterischi
D. Piazzi
Il Lezionario
2. L’una e l’altra mensa
M. Gallo – G. Tornambè
Sulle spalle dei giganti
2. Pierre-Marie Gy
_______________________________
EDITORIALE
Erio Castellucci
Per onorare il mandato del RICA
Inutile negarlo: la maggior parte degli operatori pastorali – dalla catechista al vescovo – quando pensa all’iniziazione cristiana, immagina automaticamente il percorso di un fanciullo dalla seconda elementare alla celebrazione della confermazione. Nonostante tutto, permane un modello para-scolastico di iniziazione, per cui l’età è quella dell’istruzione obbligatoria, le tappe sono i passaggi da un ciclo all’altro, i riferimenti sono i libri del catechismo, gli educatori sono gli insegnanti e il luogo dell’incontro è l’aula. Sono considerazioni ripetute migliaia di volte, nei convegni pastorali come nelle riunioni parrocchiali: è necessario riplasmare l’iniziazione sul catecumenato degli adulti, sganciandola da schemi troppo legati alla formazione scolastica; eppure fatichiamo, perché non riusciamo a vedere chiaramente l’alternativa. Nessuno del resto ha la ricetta pronta, come risulta molto bene dagli interessanti e documentati contributi di questo fascicolo. È sempre più chiara la necessità di trasformare i programmi in percorsi, i concetti in esperienze, le lezioni in laboratori – papa Francesco ci ha ormai abituati ad orizzonti aperti, ad esplorazioni nuove, a categorie dinamiche – e tuttavia non sappiamo bene come muoverci. Il RICA ci ha comunque mostrato chiaramente come l’iniziazione cristiana sia modellata sugli adulti: con loro e attraverso di loro rifluisce sui bambini, i ragazzi, i giovani. La quasi totale assenza di una certa fascia di adulti in molte comunità cristiane non deve far pensare che siano “irrecuperabili”: oltre alla fetta, ormai non trascurabile, di cosiddetti ricomincianti, esistono quelli che si riaffacciano. Lo fanno per diversi motivi: incuriositi dal nuovo corso di papa Francesco, impauriti dalla pandemia, attratti da qualche celebrazione di figli o nipoti, colpiti dalla bella testimonianza di un amico praticante, o chissà ancora da che cosa. Il cammino sinodale potrebbe intercettare anche altri che non si riaffacciano, ma possono riattivare il loro interesse per il Vangelo se vengono invitati ad esprimersi e ascoltati. In fondo l’esperienza cristiana, che fin dalla comunità di Gerusalemme si gioca attorno alle dimensioni della predicazione, celebrazione, comunione e orazione (cfr. At 2,42), si può scoprire o riscoprire entrando da una qualsiasi di queste quattro porte. L’importante è che vengano proposti degli itinerari, appunto, esperienziali: ascolto e dialogo, celebrazione e preghiera, servizio e gesti di fraternità, incontri con testimoni, attività e momenti festosi. E non sempre al “centro”, ma anche nelle case, nelle strade, nei luoghi di aggregazione, di svago e di cura. Proprio uscendo dal “centro”, almeno mentalmente, si incontrano quelle situazioni di marginalità – materiale, morale, affettiva, spirituale – che risultano sanamente provocatorie per l’iniziazione cristiana e rinsaldano spontaneamente l’anno liturgico alla vita quotidiana. La lettera di un detenuto svela alcune sfumature della virtù della speranza che aiutano a vivere meglio l’Avvento; l’incontro con gli operatori di un centro di aiuto alla vita fa risaltare aspetti inediti del Natale, così come il contatto con una persona malata o colpita da un lutto illumina l’itinerario quaresimale e la visita a una casa della carità o la testimonianza di un operatore Caritas insinua il senso della vita nuova e della risurrezione che la Pasqua proclama; qualsiasi esperienza missionaria, raccontata o vissuta, costituisce un’ermeneutica della Pentecoste e l’incontro con le figure dei santi – magari anche della porta accanto – incoraggia il cammino cristiano di ciascuno. Sono solo frammenti, del tutto esemplificativi, della riscoperta possibile di un metodo che è stato definito «esperienza pensosa» (fr. Enzo Biemmi) e che accoglie pienamente una delle prospettive di Evangelii Gaudium, «la realtà è più importante dell’idea» (nn. 231-233); dove il concetto non è abbandonato – come teme chi paventa un abbandono della dottrina – ma è estratto dall’esperienza e rilanciato verso una nuova esperienza. Se l’iniziazione cristiana è un itinerario, se il suo paradigma è quello catecumenale, dobbiamo ricordare che non si tratta primariamente di un cammino che ci porti a costruire faticosamente dei metodi, delle tappe, delle mete... ma si tratta primariamente di individuare le orme di Dio nel suo cammino verso di noi, le tracce del suo Spirito che continua ad operare. E pare che il Signore, come attesta il Vangelo, non ami i binari precostituiti, ma si muova su sentieri spesso inattesi, trascurati, dimenticati. Se noi, come Chiesa, abbiamo il coraggio di cercarlo lì, tra le persone che non attirano interesse perché non possono esibire ricchezza, potere, successo, bellezza e salute, certamente gli itinerari di iniziazione cristiana potranno incrociare i passi incerti e fragili di tanti che sono collocati normalmente fuori dai riflettori. Quelli con cui il Signore vuole costruire il suo regno.