Sguardi in pastorale
4. Le preghiere eucaristiche. Appunti
per una buona esecuzione (A. Carrara)
I nostri modi di dire
34. La Croce è la nostra salvezza
1. La croce, il Crocifisso, lo sguardo (A. Carrara)
2. «Noi predichiamo Cristo crocifisso!» (1 Cor 1,23)
(G. Pulcinelli)
3. Croce o crocifisso (G. Canobbio)
Prepariamo la prima comunione in famiglia
(R. Laurita)
Tempo pasquale 2022
17 aprile / 5 giugno
Domenica di Pasqua (M.L. Mino, G. Tinello)
2ª domenica di Pasqua (M.L. Mino, G. Tinello)
3ª domenica di Pasqua (M.L. Mino, G. Tinello)
4ª domenica di Pasqua (M.L. Mino, G. Tinello)
5ª domenica di Pasqua (M.L. Mino, G. Tinello)
6ª domenica di Pasqua (M.L. Mino, G. Tinello)
Ascensione del Signore (M.L. Mino, G. Tinello)
Domenica di Pentecoste (M.L. Mino, G. Tinello)
4. Le preghiere eucaristiche.
Appunti per una buona esecuzione
di Alberto Carrara
Come ci troviamo con il nuovo Messale? La data di inizio, 29 novembre 2020, già discretamente lontana, permette di tentare di rispondere a una domanda simile, tanto impegnativa quanto generica. Proprio perché impegnativa e generica, richiede di essere circoscritta a un ambito il più possibile limitato. Quindi vorrei dire qualcosa semplicemente sui testi italiani del Messale e limitatamente alle preghiere eucaristiche. Con l’osservazione scontata che molte – o forse quasi tutte – le osservazioni che si possono fare non riguardano solo il nuovo Messale, ma anche l’antico. Dunque, si propongono semplici considerazioni sui testi italiani delle preghiere eucaristiche contenute nel Messale che è di fatto in uso nelle comunità cristiane italiane oggi, dal prefazio alla dossologia. Quando si dice, poi, “semplici considerazioni” si intende proprio parlare di considerazioni semplici, frutto di immediata reazione da parte di chi quei testi li legge e li ascolta. I limiti di un simile punto di vista sono evidenti: nulla di scientifico e di specialistico. Come capita spesso, tuttavia, i limiti si possono rovesciare in vantaggi: le reazioni di un semplice celebrante o di un semplicissimo fedele sono – o dovrebbero essere – preziose perché il tesoro dei “santi misteri” non appartiene in esclusiva ai “chierici” (nel senso medievale del termine: gli esperti, gli addetti ai lavori), ma a tutti.
1. La (troppo) complessa solennità dei prefazi
Già in alcuni prefazi appare la preferenza, caratteristica di molti passaggi delle preghiere eucaristiche, per un tipo di frase complessa, con una evidente preferenza per la subordinazione o per la coordinazione multipla. Nel mistero adorabile del Natale egli, Verbo invisibile, apparve visibilmente nella nostra carne, per assumere in sé tutto il creato e sollevarlo dalla sua caduta. Generato prima dei secoli, cominciò a esistere nel tempo, per reintegrare l’universo nel tuo disegno, o Padre, e ricondurre a te l’umanità dispersa (Prefazio di Natale II). Tu riapri alla Chiesa la strada dell’esodo attraverso il deserto quaresimale, perché ai piedi della santa montagna, con il cuore contrito e umiliato, prenda coscienza della sua vocazione di popolo dell’alleanza, convocato per la tua lode nell’ascolto della tua parola e nell’esperienza gioiosa dei tuoi prodigi (Prefazio di Quaresima V). Entrambi i passaggi denotano una certa difficoltà a usare la frase semplice, isolata. Avviene qualcosa di simile a quello che capita in una celebrazione liturgica. Il celebrante principale, per apparire davvero come principale, non deve essere solo ma deve essere accompagnato dagli inservienti. Così nei prefazi la frase principale è seguita o preceduta da frasi subordinate che quasi sempre la arricchiscono, talvolta la precisano. Spesso le frasi sono spezzate da parentetiche che obbediscono alla necessità di enunciare nella maniera più completa possibile il mistero celebrato. Talvolta la frase è introdotta da un «perché», più spesso finale che causale: il “dato” della celebrazione diventa auspicio di una più piena partecipazione ai misteri da parte dei fedeli. Particolarmente estesa la “narrazione” del mistero cristiano in molti prefazi della Vergine. Questo però comporta una conseguenza inevitabile: la frase si allunga e le parole portanti si allontanano le une dalle altre. Per cui diventa difficile collegarle sia per chi legge, sia soprattutto per chi ascolta. Mediatore tra Dio e gli uomini, giudice del mondo e Signore dell’universo, ci ha preceduti nella dimora eterna non per separarsi dalla nostra condizione umana, ma per darci la serena fiducia che dove è lui, capo e primogenito, saremo anche noi, sue membra, uniti nella stessa gloria (Prefazio dell’Ascensione del Signore I). Qui la complessità è moltiplicata da due titoli plurimi («Mediatore tra Dio e gli uomini, giudice del mondo e Signore dell’universo ») che fanno da soggetto al verbo principale («ci ha preceduti ») il quale viene, a sua volta, precisato da due espressioni coordinate fra di loro («non per […] ma per») che convergono, finalmente, su un verbo, allontanato però da una nuova qualifica del Risorto («capo e primogenito») per precisare, alla fine, il senso ultimo della speranza dei credenti («dove è lui, capo e primogenito, saremo anche noi, sue membra») illustrati da una attribuzione finale («uniti nella stessa gloria»). Davvero si ha a che fare con dei piccoli dedali linguistici, che fanno pagare cara la comprensione in cambio di una relativa ricchezza di contenuto. Non tutti i prefazi sono così. Succede che la complessa articolazione di molti di essi viene in qualche modo denunciata dalla strepitosa semplicità di altri. Questa, confrontata con quella, fa sorgere la domanda se l’enunciazione dei misteri nella liturgia sia più efficace quando si sforza di dire molto con molte parole o quando si sforza di dire l’essenziale con poche. Problema probabilmente di difficile soluzione, ma interessante per chi lavora sui testi liturgici e per chi ne fruisce. Restando sempre nei prefazi, gli esempi di stringata semplicità sono più di uno. Per mezzo di Cristo, tuo amatissimo Figlio, hai creato l’uomo a tua immagine e lo hai rigenerato a vita nuova (Prefazio comune III). Uniti nell’amore, celebriamo la morte del tuo Figlio, con fede viva proclamiamo la sua risurrezione, attendiamo con ferma speranza la sua venuta nella gloria (Prefazio comune V). Egli è la salvezza del mondo, la vita degli uomini, la risurrezione dei morti (Prefazio dei defunti III).
2. Le ardue complicazioni delle preghiere eucaristiche I problemi nati dalla complessità delle espressioni diventano più evidenti nei testi delle diverse preghiere eucaristiche che seguono il prefazio e il Sanctus. Prendiamo un passaggio della Preghiera eucaristica I, il Canone romano. In quella che viene chiamata «epiclesi per la trasformazione delle oblate»1 leggiamo: Ti supplichiamo, Dio onnipotente: fa’ che questa offerta, per le mani del tuo angelo santo, sia portata sull’altare del cielo davanti alla tua maestà divina, perché su tutti noi che partecipiamo di questo altare, comunicando al santo mistero […]