PRESENTAZIONE
1. La firma, da parte del papa, dell’enciclica Fratelli tutti alla tomba di san Francesco (3 ottobre 2020) mi resta nel cuore come una delle esperienze più intense del mio ministero episcopale ad Assisi. Fu una decisione papale a sorpresa. Il contesto, quello della pandemia, ci rendeva tutti pensosi. Mai come in questo periodo l’umanità ha sperimentato di trovarsi tutta nella stessa barca: fraternità nel dolore. La venuta del papa ad Assisi, con una sobrietà insolita per le visite pontificie, era essa stessa un messaggio. Come nella Laudato si’, il papa si faceva ancora una volta forte del messaggio del Poverello. E chi più di quest’ultimo ha incarnato il messaggio evangelico della fraternità? Dire “frate” era per lui la forma stessa del suo sguardo, uno sguardo che si allargava ben oltre l’orizzonte umano: “frate sole”, “sora luna”, “frate vento”, “sora acqua”, fino a “sora nostra madre terra”. Il Cantico delle creature snocciola fraternità. E come poteva essere diversamente? Il giorno in cui l’ex “re delle feste” gettò al vento non solo il denaro, ma perfino gli indumenti, in definitiva strappando sé a se stesso, la paternità di Dio brillò come una luce nel suo corpo nudo. Ben lo esprime Giotto, quando lo raffigura, in quel gesto profetico, con le braccia levate verso la mano del Padre, traduzione iconica delle sue parole scandite come un manifesto di nuova storia e nuova umanità: «non più padre Pietro di Bernardone, ma Padre nostro che sei nei cieli». Finalmente “uno” con la povertà e la bellezza del creato, in una sorta di balzo indietro nell’Eden, la fraternità assume nel giovane convertito di Assisi un respiro universale. Con quello sguardo sconfinato – che non negava le differenze, ma le armonizzava – Francesco celebrava insieme la fraternità cosmica e quella umana. A quest’ultima si avvicinava senza barriere e senza frontiere, non a caso cominciando dagli ultimi. Lui, ormai povero, i poveri li portava con sé. Era stata una scalata di balze progressive: di povertà in povertà, di fraternità in fraternità. Aveva cominciato con l’aprire il cuore ai poveri dando il ricavato della vendita della sua merce (a Foligno aveva venduto perfino il suo cavallo). Aveva proseguito abbracciando i poveri, nel celebre episodio del bacio al lebbroso. Aveva poi raggiunto il culmine, nella spogliazione, facendosi povero. Cominciando dalla povertà e dai poveri, non gli fu difficile ritrovare l’intera fraternità umana: quella inscritta in ogni persona, in forza dell’immagine di Dio che ciascuno porta con sé, e in forza dell’elevazione di grazia compiuta da Cristo, il Verbo incarnato che «non si vergogna di chiamarci fratelli» (Eb 2,11). In Francesco tornava a fiorire la fraternità originaria, ferita dal peccato, negata dalla mano omicida di Caino. Affrancato dalle catene dorate di Bernardone, il corpo di Francesco, il suo sguardo, le sue braccia, diventano un ricamo di fraternità. Presto sarebbero venuti anche i “fratelli” consacrati, ammaliati dalla sua nuova vita, desiderosi di condividere il suo ideale. Non se li cercò: vennero, come un dono. Lo dice egli stesso nel Testamento: «Il Signore mi diede dei frati». Nella Sala della Spogliazione, nel vescovado di Assisi, un piccolo ma intenso programma iconografico mette in evidenza questo passaggio dalla spogliazione alla fraternità attraverso la collocazione simmetrica di due grandi affreschi: uno, quello attribuito a Cesare Sermei, fissa il momento della spogliazione; l’altro, posto dirimpetto, rappresenta la Porziuncola, riprodotta in una prospettiva dinamica: quella chiesa povera e diruta, nella quale Francesco avrebbe trovato il segreto delle sue ascensioni mistiche, ha già intorno una rete di persone – perfino una famiglia con un bambino – per dire che quel gesto di rottura con cui Francesco aveva lasciato la sua famiglia terrena – in realtà abbattendo l’idolo del denaro che la dominava – era diventato generativo: nasceva una nuova famiglia, una nuova fraternità. Il Poverello riprendeva così la “tessitura” cominciata da Cristo quando, oltrepassando i legami di carne, aveva dichiarato fratelli e sorelle, e perfino madre, coloro che fanno la volontà di Dio (cf. Mc 4,34-35; Mt 12,46-50). 2. Questa storia cristiana della fraternità conoscerà, in epoca moderna, elementi di continuità e discontinuità. La Rivoluzione francese la riprese disancorandola dalla fede con la parola d’ordine liberté, égalité, fraternité: motto non certo disprezzabile, dato che, anche alla luce di una ragione ben costruita, si coglie in qualche modo il valore della fraternità. I fatti tuttavia dicono che, proprio in tema di fraternità, lo slogan illuministico risulta ampiamente fallimentare. Abbiamo sotto gli occhi un mondo in cui, in mille modi, la fraternità è calpestata. Basti pensare ai grandi divari generati da un’economia che “uccide” (cf. Evangelii gaudium 53), nei confronti della quale papa Francesco ha innescato un cammino di riflessione critica e progettuale (Economy of Francesco) aperto a tutti, ma affidato soprattutto ai giovani. Spesso accompagno i giovani economisti coinvolti in questo percorso nella visita alla Sala della Spogliazione e li vedo così toccati da quell’icona del Sermei, in cui Francesco è rappresentato non come l’eroe giottesco ormai libero di volare, ma come il giovane abbandonato che cerca conforto tra le braccia del vescovo: tra quei due poli, il gruppo Francesco-vescovo, e il Bernardone accigliato e “armato” del piccolo gruzzolo dei vestiti del figlio, si confrontano due mondi, due ideali, due economie. Ma la fraternità, quella autentica, sta tutta sul versante di Francesco. 3. La Fratelli tutti porta questo segno. Sono pertanto felice di introdurre gli studi che a essa si ispirano in questo denso numero monografico di Asprenas, rivista alla quale mi lega il ricordo dei miei anni di insegnamento nella Sezione San Tommaso d’Aquino della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale e anche dei miei contributi da essa accolti soprattutto in tema di teologia spirituale. Questo fascicolo che ho l’onore di presentare si concentra tutto sul tema della fraternità. Le riflessioni si snodano dalla prospettiva biblica a quella dogmatica, etica e spirituale fino a quella del dialogo interreligioso. Un affresco multicolore che si disegna sullo sfondo dell’enciclica papale. Introducendoli, rivivo anche la fraterna amicizia sviluppata, nei miei anni “napoletani”, con tanti colleghi e discenti. Una Facoltà Teologica ha ragioni particolarmente forti per “pensare” la fraternità, ma soprattutto per viverla. L’enciclica papale ci ha offerto a tal fine stimoli ispiranti. I fondamenti della fraternità, la sua bellezza, ma anche le insidie e le tentazioni a cui è esposta, e il traguardo, sempre più alto ed esigente, a cui ci chiama, sono proposti alla riflessione teologica come un tema tutt’altro che marginale, nel quale si incontrano il mistero del Dio trinitario e il mistero dell’uomo come “essere in relazione”. Una riflessione che qui trova degne trattazioni, ma che deve continuare. Su questo tema l’approfondimento sarà tanto più penetrante e convincente, se si ispirerà non solo al dato biblico e all’argomentazione teologica, ma anche a quel “vissuto” teologico che emerge specialmente nella vita dei santi – canonizzati e non! –, nell’esperienza dei mistici (si pensi al tema dell’amicizia spirituale) e in quello dei “santi della porta accanto” (cf. Gaudete et exsultate 6-9), che si esprimono nei volti di tante mamme dedite senza misura, di tanti operatori che si spendono accanto ai più fragili – li abbiamo notati con ammirazione in questo tempo di pandemia – in tante persone che, senza nemmeno pensarci tanto, guardano agli altri con il sorriso cordiale e la disponibilità ad ascoltare, facendo fiorire la fraternità semplicemente seminandola nei mille solchi della vita quotidiana. Mi auguro che i contributi belli e seri di questa pubblicazione, oltre ad arricchire il “pensiero” della fraternità, contribuiscano soprattutto a promuoverla nella vita.
DOMENICO SORRENTINO
Arcivescovo-Vescovo
di Assisi e Foligno