Editoriale
E. Massimi
Tra parresia e profezia
Studi
L. Girardi
Canto, musica e cultura
J. Pereira
Esperienza musicale e memoria
E. Massimi
Udire l’Inaudito
V. de Gregorio
Oltre il sacro e il profano
F. Trudu
Storia recente di canto e musica
per la liturgia
P. Baccarini
Partecipo anche io?
A . Ruo Rui
Gli influencers cattolici
M. Tedeschini Lalli
Il ritmo del rito
M. Steinmetz
La sacramentalità della musica sacra
Formazione
A .M. Baldacci – M. Roselli
Ritualità della famiglia
5. L’incanto dell’invisibile
M. Belli
L’espandersi disinteressato della vita
5. Radunarsi
L. Palazzi – F. Manicardi
Corpo, spazio, rito
5. Accompagnare
Asterischi
S . Sirboni
La ministerialità
Segnalazioni
D . Locatelli
Traditionis Custodes
M. Gallo
Cantare la messa
L. Margaria
La scomparsa dei riti
______________________________________________________________
EDITORIALE
Elena Massimi
Tra parresia e profezia
Editoriale
1. Ma questo canto è liturgico? Questo canto è liturgico? Si può fare un canto alla Vergine Maria all’offertorio? E il canto finale esiste? Quante volte queste domande sono risuonate in corsi di formazione liturgico-musicale, negli incontri parrocchiali, nei gruppi liturgici, e quante volte le nostre aspettative sono rimaste deluse! Ci saremmo aspettati risposte nette, chiare, univoche (e a volte ci sono), come se un canto in assoluto possa essere liturgico o meno. In realtà la questione del definire cosa sia o non sia liturgico si dimostra molto più complessa e articolata e richiede molteplici competenze. 2. Discernimento, liturgia e cultura È bene innanzitutto evidenziare come una delle differenze fondamentali tra il Messale di Pio V e quello di Paolo VI è che, se nel primo tutto appare puntualmente definito, nel secondo è necessario un accurato discernimento. Significative a riguardo sono le indicazioni dell’OGMR 20: Poiché inoltre la celebrazione dell’Eucaristia, come tutta la Liturgia, si compie per mezzo di segni sensibili, mediante i quali la fede si alimenta, s’irrobustisce e si esprime, si deve avere la massima cura nello scegliere e nel disporre quelle forme e quegli elementi che la Chiesa propone, e che, considerate le circostanze di persone e di luoghi, possono favorire più intensamente la partecipazione attiva e piena, e rispondere più adeguatamente al bene spirituale dei fedeli. Il Messale oggi prevede la possibilità, da parte di colui che presiede insieme ai «ministri e con coloro che svolgono qualche ufficio nella celebrazione, senza escludere i fedeli in ciò che li riguarda direttamente» (OGMR 352), di scegliere i testi delle letture, delle orazioni, dei canti, tenendo presente il bene spirituale dell’assemblea che celebra. E scegliere, tenendo presente il bene spirituale di coloro che partecipano, non è cosa semplice. 3. Discernimento, musica e cultura Importanti sono i criteri ulteriori che l’OGMR ci offre relativamente al canto: «Nella celebrazione della Messa si dia quindi grande importanza al canto, ponendo attenzione alla diversità culturale delle popolazioni e alle possibilità di ciascuna assemblea liturgica» (40). La scelta del canto nella liturgia, quindi, non è solo legata alla sicurezza dottrinale dei testi, al loro pregio letterario, al valore musicale della melodia e naturalmente al suo essere elemento integrante dell’azione liturgica, ma alla cultura nella quale si inserisce l’assemblea celebrante, oltre che alle sue capacità. Per questo motivo uno stesso canto può andare bene in un determinato contesto culturale e non in un altro, proprio perché medierebbe esperienze differenti. Non in tutte le culture coloro che ascoltano, ad esempio, il canto gregoriano vengono immersi in una dimensione religiosa o sacra; dipende dal contesto di appartenenza, dalla storia personale, dalla formazione musicale, dalle esperienze celebrative pregresse. Ancora attuali sono le affermazioni del documento di Universa Laus, Musica, liturgia e cultura del 1980: Qualsiasi musica rituale è in rapporto di reciproco scambio con l’ambiente culturale in cui viene praticata. I cristiani non hanno una musica particolare, ma si servono delle varie musiche in maniera propria e singolare. Non vi è musica che sia in sé profana, sacra, liturgica o cristiana. Esistono però musiche rituali per il culto cristiano (n. 2.1). È questo l’orizzonte del presente fascicolo, che offre alcuni elementi e attenzioni per un fondato discernimento: il rapporto tra musica e cultura (in particolare contemporanea), tra musica e memoria, il rapporto tra musica sacra e musica profana, la questione della sacramentalità della musica/ canto nella liturgia, senza tralasciare l’insegnamento della storia recente. L’ipotesi che potremmo formulare è che proprio la poca consapevolezza della complessità della questione rende oggi la questione della musica liturgica uno dei nodi scoperti della pastorale. Nonostante le molteplici iniziative a livello diocesano, nazionale, o all’interno dei movimenti, le nostre celebrazioni sono carenti dal punto di vista liturgico/musicale: da una parte accolgono canti di dubbio valore artistico, dall’altra, seppur degni di entrare nel culto, essi non parlano a coloro che partecipano alla celebrazione. Tutto ciò dipende anche da un altro problema, quello dell’iniziazione/ educazione ai linguaggi dell’arte. 4. L’educazione musicale oggi: una opportunità per la liturgia In Italia da anni assistiamo ad un lento decadere della formazione musicale nella scuola di ogni ordine e grado1; tutto ciò inevitabilmente comporta delle conseguenze per il celebrare cristiano. Purtroppo proprio nel nostro paese, che ha dato i natali a grandi musicisti, è piuttosto disattesa una solida formazione musicale. Essa si riduce nella maggior parte dei casi a suonare con il flauto dolce (in modo eccessivamente semplificato che ne snatura la bellezza) le note dell’inno alla gioia di Beethoven2, contraendo la formazione su un mero attivismo pratico. Forse, più che pretendere un cambiamento del contesto, proprio come nei secoli passati, la liturgia potrebbe rappresentare quell’input per ridare slancio nel nostro paese ad una seria formazione musicale (pensiamo a Vivaldi nella Venezia del ’700). Le nostre comunità non potrebbero diventare quel lievito che potrebbe far riscoprire l’importanza della musica nella crescita umana e spirituale di ciascun uomo?