Così credono i giovani
6. I giovani e la chiesa (P. Bignardi)
I nostri modi di dire
28. «Finché c’è vita c’è speranza»
1. «Finché c’è vita c’è speranza» (A. Carrara)
2. Coraggio e libertà nella preghiera dei Salmi (L. Monti)
3. Vivere della Speranza (A. Ravanello)
Spunti quotidiani di preghiera (R. Laurita)
Dalla 16ª alla 21ª domenica del Tempo ordinario
18 luglio / 22 agosto
16ª domenica ordinaria (M. Mazzeo, G. Canobbio, M. Roselli)
17ª domenica ordinaria (M. Mazzeo, C. Torcivia, M. Roselli)
18ª domenica ordinaria (M. Mazzeo, C. Cremonesi, M. Roselli)
19ª domenica ordinaria (M. Mazzeo, P. Caspani, M. Gallo)
Assunzione della Vergine Maria (M. Mazzeo, M. Gallo)
21ª domenica ordinaria (M. Mazzeo, + G. Ambrosio, M. Gallo)
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I giovani e la chiesa
di Paola Bignardi
Al Sinodo si è riconosciuto che «un numero consistente di giovani, per le ragioni più diverse, non chiedono nulla alla chiesa perché non la ritengono significativa per la loro esistenza. Alcuni, anzi, chiedono espressamente di essere lasciati in pace, poiché sentono la sua presenza come fastidiosa e perfino irritante». (Christus vivit, 40)
Con queste parole chiare e severe, nell’Esortazione apostolica conclusiva del Sinodo sui giovani, papa Francesco ha riconosciuto il distacco che si è consumato in maniera sempre più netta tra la chiesa e le giovani generazioni.
Ad un certo livello della vita ecclesiale vi è la consapevolezza che si è realizzata una frattura che sembra destinata ad approfondirsi: tutte le ricerche su questo aspetto lo confermano.
Per chi è abituato a frequentare i giovani, questa non è una novità, benché l’ascolto attento delle loro storie e dei loro pensieri renda consapevoli di quanto varie siano le ragioni di questa distanza, di quante e quali siano le sfumature dei loro atteggiamenti.
Innanzitutto i giovani distinguono tra la chiesa globalmente intesa e la comunità cristiana: quella concreta, di cui hanno fatto esperienza, nel bene e nel male. Su questa distinzione si basa l’ambivalenza delle loro posizioni.
«La chiesa è un’istituzione inaffidabile»
Nell’immaginario giovanile la chiesa è un’istituzione di cui fidarsi poco. Le ricerche dell’Osservatorio Giovani Toniolo danno percentuali in continuo calo relativamente al grado di fiducia nella chiesa da parte dei giovani. Su una scala da 1 a 10, i giovani pongono la loro fiducia in genere a metà, un po’ sotto i 5 punti. Afferma questa giovane: «Non credo nella istituzione della chiesa, credo che ci sia un Dio, ma che non sia il Dio che mi dicono loro. Non credo nel loro Dio, ma credo nel mio»1. Il recente sondaggio effettuato durante i mesi della pandemia – ad aprile 2020 e ripetuto a ottobre dello stesso anno – ha registrato una diminuzione tra la prima e la seconda rilevazione, come se i giovani volessero dire che le posizioni sostenute dalla chiesa in quei mesi (chiese aperte o chiuse, celebrazioni in presenza o in streaming…) li hanno delusi. Al di là di questo caso specifico e della particolarità della situazione, occorre notare che l’opinione nei confronti della chiesa, in quanto istituzione, subisce la sorte di tutte le altre istituzioni, verso le quali i giovani hanno un discreto sospetto.
Quando i giovani pensano alla chiesa, la associano a tre temi: il Vaticano, i preti e la morale, soprattutto in ambito sessuale e familiare. Papa Francesco è un caso a sé.
Rispetto al Vaticano, i giovani ribadiscono obiezioni antiche: fanno problema le sue ricchezze rese evidenti dallo sfarzo di celebrazioni che sanno di antico; il Vaticano è un centro di potere dove la corruzione regna come altrove.
La chiesa poi, nell’immaginario popolare, sono i preti. In questo caso, posto che l’atteggiamento dei giovani dipende dalle persone concrete che hanno incontrato, in generale la loro posizione è di benevola indifferenza; è inimmaginabile una chiesa senza preti, e tuttavia molti dichiarano di poterne fare tranquillamente a meno. Le notizie di scandali, diventati pubblici negli ultimi anni e molto discussi sui media, hanno ulteriormente contribuito alla perdita di credibilità della chiesa, e soprattutto dei sacerdoti.
Fa eccezione papa Francesco, per il quale i giovani hanno simpatia, affetto, ammirazione, come se non fosse al vertice di quell’istituzione di cui non si fidano e se non fosse anch’egli un prete. Papa Francesco è amato per il modo semplice con cui interpreta un ruolo così importante, per il modo diretto di comunicare, perché rifugge dagli atteggiamenti che in genere i “grandi” tendono ad assumere. «Lui ascolta», dice questa giovane, «ha voglia di ascoltare, e soprattutto si è spogliato di tutte queste cose sfarzose che avevano gli altri».
Ciò che fa più problema ai giovani è lo stile complessivo del rapporto della chiesa con i credenti, è il carattere perentorio – percepito dai giovani come coercitivo – delle sue indicazioni, soprattutto in campo morale. Si potrebbe persino passare sopra alla questione degli scandali, ma il carattere assoluto, che non ammette dialogo e obiezioni, degli indirizzi della chiesa risulta intollerabile. Tanto più che le sue indicazioni sono valutate come fuori dal tempo, con un sapore di vecchio che ne accresce la pesantezza. Questa è l’opinione dei giovani che si sono allontanati da essa, abbandonando spesso anche la fede. D’altra parte, nemmeno nell’esperienza dei giovani che sono rimasti nulla è scontato, come si può cogliere dalle affermazioni di questa giovane: «Se il papa dice che è sbagliata una certa cosa, non è che io l’accetto punto. Ne parlo, ne discuto, cerco di capirlo, poi chiaro che mi fido del suo giudizio. Ma questo non vuol dire che non abbia dubbi, che non ne parli o non cerchi di approfondire la questione».
Così, molti giovani si allontanano dalla chiesa, diventando cristiani solitari, senza “famiglia”, senza confronto con nessuno, destinati a passare, spesso in un tempo breve, nella nutrita pattuglia di quelli che credono a modo loro; spesso verso la chiesa non avranno più obiezioni legate alla sua azione, ma obiezioni […]