Editoriale
R. Barile
La vecchiaia,
le età della vita e la liturgia
Studi
C. Doglio
«Sono stato giovane e ora sono vecchio»
C. Arice
Anziani, qui e oggi
R. Franchini
La spiritualità degli anziani
G . Casarotto
Testimoni e educatori della fede
C. Franco
Anziani a Messa
D. Chirc o
I ministri della consolazione
F. Feliziani K. – M. Gallo
Quando un nonno muore
A mo’ di intervista
L . Bettazzi – A. Albertazzi
«I vostri anziani faranno sogni»
Schede
M. Gallo
Papa Francesco e i nonni
F. Pestelli
La festa dei nonni
Formazione
A .M. Baldacci – M. Roselli
Ritualità della famiglia
2. Betel, casa di Dio
U. Patti
L’espandersi disinteressato della vita
2. Cantare
L . Palazzi – F. Manicardi
Corpo, spazio, rito
2. Immergere
Asterischi
S . Sirboni
L’OGMR: l’efficacia pastorale
Documenti
S . Zorzi
«Spiritus Domini»
Cronaca
Segnalazioni
EDITORIALE
Riccardo Barile
La vecchiaia, le età della vita e la liturgia
«Godi, o giovane, nella tua giovinezza » (Qo 11,9) perché arriveranno anni nei quali dirai: «Non ci provo alcun gusto» (Qo 12,1). L’anziano si avvia a uscire di scena e il distacco è stato ben espresso in una lettera del card. Biffi: «Mi sento più sradicato. Sono diventato straniero nel mondo di oggi: non riesco neppure più a capire i giornali, pieni di parole che non conosco e di sigle per me indecifrabili [...] la inattualità – una etichetta che talvolta apponevo alle mie pubblicazioni più che altro per civetteria – è diventata sul serio la caratteristica normale dei miei giorni»1. Cristianamente la tradizione dipinge quadri più consolanti. Ad esempio Antonio († 356), padre dei monaci e celebrato da sant’Atanasio († 373): morto a 105 anni, «i suoi occhi erano interamente sani e vedeva bene; dei denti non gliene era caduto neanche uno. I piedi e le mani erano rimasti in salute». Nella vecchiaia risultava come nella maturità quando non era né afflitto né ridanciano, né sconvolto né rallegrato dalla folla, «ma era in tutto uguale a se stesso, come un uomo governato dal Lógos»2. Il quadro considera la vecchiaia come un tesoro di maturità da comunicare in una condizione sana: così Antonio e così tanti anziani della letteratura monastica. Oggi invece molti anziani conoscono la decrepitas, cioè una condizione menomata di vita. Papa Francesco nell’udienza dell’11.3.2015 ha ricordato che «la preghiera degli anziani è un dono per la Chiesa, è una ricchezza», citando Olivier Clément († 2009) ahimè senza il rimando esatto. Spulciando un po’ tra le pubblicazioni di O. Clément, troviamo, ampliata, questa considerazione: «Nell’Oriente cristiano [...] si ama la vecchiaia, perché si pensa che sia fatta per pregare [...]. Una civiltà in cui non si prega più è una civiltà in cui la vecchiaia non ha più senso. Si cammina all’indietro verso la morte simulando la giovinezza: è uno spettacolo straziante [...]. Ogni monaco nel quale l’ascesi ha portato il suo frutto è chiamato in Oriente [...] un “bel vecchio” »3. Un primo approccio alla vecchiaia da parte di Tommaso d’Aquino († 1274) è l’ascolto della sapienza aristotelica: «I vecchi hanno più passato che futuro, per cui vivono più di memoria che di speranza»; sono poco propositivi perché nella vita «hanno sperimentato difficoltà e impedimenti» (I-II, q 40, a 6). Un secondo approccio è nel commento di Tt 2,2-3: «Gli uomini anziani siano sobri, dignitosi, saggi, ecc.». Qui da una parte si ammettono le buone qualità, ma dall’altra si nota che i vecchi tendono al contrario: è quasi naturale che siano increduli «poiché spesso hanno sperimentato di essere stati ingannati»; credendosi sapienti non sono aperti alla novità «e non credono agli altri»; spesso sono tristi e spengono l’amicizia perché «nessuno vuole convivere a lungo con persone tristi»; sperimentano i limiti delle forze e, «se non dispongono di gioie spirituali, ricercano quelle corporali», cioè la lussuria, ecc.4. Un terzo approccio è liturgico: «Quando nella Compieta di quaresima si cantava quel versetto “Non abbandonarci nel tempo della vecchiaia, quando verrà meno la mia forza”, [Tommaso] fu visto di frequente, quasi rapito e assorto in devozione, versare molte lacrime che sembravano tratte dagli occhi della pia mente»5. Oltre le analisi impietose, è la liturgia che dà consolazione. Il presente numero della RPL vuole aiutare ad andare verso una vecchiaia fortificata e consolata dalla preghiera liturgica. Quale liturgia? Tutta, ma in particolare l’ora di Compieta che, nella realtà della fine di una giornata, può simboleggiare la fine della vita. Questa interpretazione non è suffragata dalla normativa in corso, che si limita a caratterizzare l’ora liturgica come preghiera «prima del riposo notturno» e dotata di salmi «adatti a ravvivare specialmente la fiducia in Dio» (PNLO 84, 88); anzi, spesso ci si riferisce solo al giorno dopo. Tuttavia non pochi passi alludono alla vita eterna. L’inno Christe qui splendor et dies nella prima strofa evoca Cristo come luce che illumina i beati con un rimando alla luce della città celeste: «la sua lampada è l’Agnello» (Ap 21,23). Il responsorio «Signore, nelle tue mani affido il mio spirito» (cfr. Lc 23,46) per Gesù è una preghiera che precede la morte. Il cantico di Simeone (cfr. Lc 2,29-32) «cela, come soggiacente, il desiderio di un ritorno a Dio, un’aspirazione simile a quella del cupio dissolvi et esse cum Christo di Paolo (Fil 1,23)»6. Nel secondo schema della domenica, il finale del Salmo 90 può illuminare il fine vita negli ultimi tre versetti 14-16: «Lo sazierò di lunghi giorni e gli mostrerò la mia salvezza»; la lettura di Ap 22,4-5 è chiaramente escatologica e riguarda il paradiso illuminato dalla luce del Signore. Nell’orazione del lunedì si chiede che i germi di bene seminati nei solchi della giornata «producano una messe abbondante», che nella sua ultima accezione è la vita eterna. Il Salmo 129 (De profundis) del mercoledì richiama un perdono personale e una redenzione di Israele che evocano la vita eterna. Il Salmo 15 del giovedì nei vv. 10-11 ha l’interpretazione cristologica della risurrezione e della salvezza escatologica in chi aderisce a Gesù Cristo: «non abbandonerai la mia vita nel sepolcro, né lascerai che il tuo santo veda la corruzione. Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena nella tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra». La lettura breve del giovedì ammonisce di conservarsi irreprensibili «per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo» (1 Ts 5,23). Suggestivo anche il Salmo 87 del venerdì con espressioni di abbattimento e fiducia, anche se il v. 11 «Compi forse prodigi per i morti?» impedisce di collocare la preghiera dopo questa vita; più chiara è la prospettiva della orazione: unirsi alla morte e sepoltura di Gesù Cristo «per risorgere con lui alla vita nuova». Più che tante pietose preghiere dell’anziano o per l’anziano, la liturgia con la Compieta istruisce i giovani sulla vecchiaia e consola i vecchi che la stanno vivendo.