INDICE
Editoriale
P. Sorci
La lezione della pandemia
Studi
D. Balocco
La trascendenza in una stanza
L. Monti
Pregare nella sofferenza:
dai salmi a Gesù
E. Mazzon
La corporeità medicina dell’anima
C . Arice
Visitare gli infermi
R . Grimaldi
Visitare i carcerati
M. Gallo
Chi benedice colui che benedice?
R . Barile
Le parole dei riti
Esperienze
G. Ghisolfi
Celebrare con i carcerati
Formazione
M. Gallo
Schede
6. Preghiere e messe di guarigione
G. Tornanbè
Pietà popolare e liturgia
6. Nuova evangelizzazione e pietà popolare
Sussidi e testi
R. Barile
Dalla Parola alla intercessione
2. Preghiere dei fedeli
per la Quaresima
Segnalazioni
Indice 2020
EDITORIALE
Pietro Sorci
La lezione della pandemia
Quando fu progettato e programmato questo fascicolo della rivista nessuno prevedeva lontanamente quanto sarebbe successo nei primi mesi del presente anno con il
Covid 19, che ha costretto centinaia di milioni di persone, credenti e non credenti di tutto il pianeta, alla quarantena e all’isolamento.
La sofferenza si è fatta sentire particolarmente dai cristiani di ogni confessione per i quali riunirsi in assemblea per celebrare il mistero pasquale è costitutivo del loro essere chiesa. Essi sono stati costretti a rinunciare alle assemblee liturgiche, con l’impiego dell’intera corporeità e di tutti i codici del rito: raduno, ascolto, parola, canto; esercizio dei sensi: vista, tatto, olfatto, gusto; gestualità, atteggiamenti del corpo, movimenti processionali, offerta, comunione.
La sofferenze si è fatta sentire particolarmente nell’impossibilità di celebrare i riti della Pasqua, epifania del corpo ecclesiale, con tutte le manifestazioni della pietà popolare che in questi giorni pullulano in tutto il nostro paese, soprattutto nell’Italia meridionale.
I pastori si sono adoperati con grande fantasia, non sempre illuminata, per la verità – portare per le strade da soli l’ostensorio con il Santissimo Sacramento benedicendo chi si affacciava dalla finestra (?), e trovate simili – per rendere possibile un minimo di partecipazione, presiedendo assemblee virtuali, rappresentate da qualche ministrante e offrendo a chi voleva la possibilità di seguire in streaming la celebrazione della liturgia delle Ore e soprattutto quella dell’eucaristia domenicale e quelle del triduo pasquale. La dolorosa esperienza ci ha costretto ad aprire gli occhi sul fatto che
le situazioni di sofferenza e di povertà che richiedono un adattamento creativo della liturgia non sono estranee a nessuno, e costituiscono una straordinaria lezione per i casi contemplati dal presente fascicolo. Premesso che
non c’è soltanto la messa e che la partecipazione consapevole, attiva e piena, interiore ed esteriore alle azioni liturgiche, costitutiva della liturgia, che è azione di Cristo e della chiesa, in forza dell’iniziazione è diritto e dovere
di ogni battezzato, che
per ritus et preces entra nel mistero pasquale contenuto di ogni celebrazione, per cui la celebrazione esige la presenza partecipe dell’assemblea, l’impossibilità fisica di partecipare pienamente
non esime dal ricorrere a tutti i mezzi che non pregiudichino la natura della liturgia – azione di Cristo mediatore tra Dio e gli uomini, che attraverso azioni simboliche rituali attua il suo mistero pasquale – e siano rispettose delle persone. Perciò, fatta salva la liberta di Cristo, che in forza dell’incarnazione rispetta certamente la grammatica ecclesiale e rituale, ma non è costretto dentro di essa e, in presenza della fede, può comunicare se stesso e il suo Spirito anche prescindendo dai riti
, è dovere della comunità cristiana facilitare in ogni modo la partecipazione possibile, in ogni situazione, venendo incontro in modo particolare a coloro che a causa di limitazioni sono in situazione di sofferenza: detenuti, disabili, malati di depressione, malati di Alzheimer, malati terminali, inventando i modi più adatti per renderli soggetti attivi. Le celebrazioni presiedute da papa Francesco viste in televisione con la traduzione simultanea nel linguaggio dei non udenti costituiscono un incoraggiamento ad osare. Ciò che conta è la convinzione del dovere che ha la Chiesa di venire incontro a tutte le umane povertà.
Il rituale dell’Unzione e della Cura pastorale degli infermi offre in proposito una lezione di metodo, quando afferma che i malati, qualunque sia lo stato della loro infermità, non sono soltanto oggetto di cure, ma hanno nella chiesa una missione da compiere e una testimonianza da offrire: rammentare a chi è in salute che ci sono beni essenziali e duraturi da tener presenti, e che solo il mistero della morte e risurrezione di Cristo può redimere e salvare questa nostra vita mortale (
SUCPI 3). Questo principio vale per tutti coloro che si trovano in situazione di particolare disagio, soggetti a qualunque limitazione e povertà: essi sono soggetti attivi della chiesa. Da ciò deriva il diritto a un adattamento della liturgia alla loro particolare situazione. Il rituale raccomanda poi di prestare attenzione, nella celebrazione con gli infermi, allo stato di prostrazione e agli alti e bassi del loro fisico, anche nel corso della medesima giornata o di una stessa ora. Proprio per questo sarà possibile, secondo i casi, abbreviare la celebrazione (
SUCPI 40a) e adattarla alla situazione se il malato è degente in ospedale, e gli altri infermi della sala o della corsia rimangono del tutto estranei alla celebrazione (
ibid., 41). Sono tutti suggerimenti preziosi che valgono pure per gli altri casi di sofferenza.