INDCE
Margareta Gruber – Po-Ho Huang
Gianluca Montaldi, Editoriale
Abstracts
I. Diversamente abile: per una chiesa cui tutti possano appartenere
1. Introduzione
Johannes S. Reinders, Teologia e studi sulla disabilità: una dolente rivalutazione
I/ Introduzione – II/ Il lavoro pionieristico di Eiesland – III/ Alla
larga dalla “religione” – IV/ La subordinazione della teologia –
V/ Un approccio teologico non apologetico – VI/ In conclusione
2. Leggere criticamente le nostre tradizioni
2.1 Veronica Donatello, Catechesi per persone con disabilità. Uno sguardo al cammino della Chiesa cattolica in Italia
I/ Il contesto: la discussione sulle disabilità – II/ L’attenzione
della catechesi alle persone con disabilità – III/ Una catechesi
inclusiva
2.2 Markus Schiefer Ferrari, Una lettura storpiata: approcci per una interpretazione critica dei racconti biblici di guarigione dal punto di vista della dis/abilità. L’esempio di Mc 7,31-37
I/ Pensare in modo nuovo la dis/abilità: conseguenze ermeneutiche
dei Dis/ability Studies – II/ Idee normalizzanti: prospettiva
medico-antropologica – III/ Possibilità di riconoscimento: prospettiva
spirituale-cristologica – IV/ Visioni di pienezza: prospettiva
escatologico-soteriologica – V/ Offerte esclusive: prospettiva
inclusiva, dalla critica della dis/abilità
2.3 Luca Badetti, Affrontare la disabilità.
La storia della prassi pastorale
analizzata attraverso i modelli di Chiesa
I/ Introduzione – II/ Quadro generale della costruzione e dell’identità
della disabilità nel corso del tempo – III/ La chiesa come
diakonía e la disabilità: prendersi cura della disabilità – IV/ La
chiesa sacramentale e istituzionale: rappresentare e affrontare la
disabilità – V/ La chiesa come araldo: annunciare la disabilità –
VI/ La chiesa come comunità di discepoli: un cammino inclusivo
di appartenenza
2.4 Huang, Po-ho, Ricostruire la missione cristiana
dalla prospettiva dei “diversamente abili discriminati”
I/ Introduzione – II/ Disabili e manipolazione del potere – III/
Rivisitare il concetto cristiano di imago Dei – IV/ Ripensare la
natura della missione a partire dall’attenzione per le “persone
diversamente abili discriminate” – V/ Re-immaginare il regno
di Dio trasformando chiese e comunità in chiese e comunità
inclusive – VI/ Chiesa inclusiva e missione cristiana inclusiva
3. Ripensare l’umano
3.1 Anne Masters, Ripensare la carità
I/ Le riserve rispetto alla carità – II/ Diritti vs carità – III/ Ripensare
la carità – IV/ La dignità umana rivendica la carità
3.2 Stephen Arulampalam, Vivere insieme
nella famiglia di Dio. Dalla prospettiva
delle persone con disabilità
I/ Introduzione – II/ Quale ecumenismo? – III/ Quale disabile?
– IV/ Disabilità e religione – V/ Disabilità e chiesa – VI/ La
comprensione biblica della disabilità – VII/ I disabili e l’eucaristia
– VIII/ La teologia a partire dalla prospettiva della disabilità
– IX/ Politica del corpo – X/ Immagine di Dio e disabilità – XI/
Conclusione
3.3 Naeimeh Pourmohammadi, Verso una teologia
della disabilità nel cristianesimo e nell’islam
I/ Teologia cristiana della disabilità – II/ La disabilità nelle fonti
islamiche primarie – III/ La disabilità nella vita e nell’insegnamento
(al-sra) del Profeta e degli imm – IV/ La disabilità nelle
scienze islamiche, e in particolare nella giurisprudenza islamica
– V/ La disabilità nella cultura e nella civiltà islamica – VI/ La
disabilità nel governo islamico: l’ayatollah Khomeini
3.4 Bernhard Nitsche, Disabilità e compimento
I/ Vivere nelle disabilità – II/ La bontà della propria vita – III/
Antropologia biblica: la persona integra – IV/ Fenomenologia
filosofica: il concetto di corpo – V/ Risurrezione e trasformazione
nella morte – VI/ Il messaggio biblico della trasformazione
4. Riformare la chiesa
4.1 Samuel George, Storia e considerazioni
sull’Ecumenical Disability Advocates Network
del Consiglio ecumenico delle Chiese
Introduzione – I/ Breve storia dell’EDAN – II/ Disabilità, teologia
e missione della chiesa – Conclusione
4.2 Talitha Cooreman-Guittin, «Trovare qualcosa
da far fare a Benedetta». Quale posto per donne
con diversità intellettiva nella liturgia eucaristica?
Introduzione – I/ Applicare le regole: l’istruzione Redemptionis
sacramentum – II/ Sacerdote, profeta e re… – III/ Il sacerdozio
comune dei fedeli – IV/ L’irruzione di Dio nelle nostre vite e la
dimensione estetica della liturgia – Conclusione
4.3 Miriam Spies, Immaginazione liturgica
a tutto campo. Possibilità di ruoli di leadership
per persone con disabilità
I/ Perfezione e leadership – II/ Un tempo liturgico “storpiato” –
III/ Presiedere alla comunione
4.4 Martin M. Lintner, Relazioni solidali
come eterotopie di salvezza per persone
con (e senza) disabilità
I/ Osservazioni terminologiche preliminari come introduzione
– II/ Invalidità, vulnerabilità e relazionalità – III/ L’aspirazione
a una vita realizzata – IV/ Una società solidale come eterotopia
salutare
II. Forum teologico
Margareta Gruber, Sacramento
per un mondo malato. Riflessioni
sul lockdown sacramentale durante la pandemia .
I/ Due voci profetiche – II/ Una nuova comprensione della sacramentalità
e del ministero ordinato? – III/ Rilevanza delle donne
per una chiesa diaconale
III. Rassegna bibliografica internazionale
IV. Indice dell’annata 2020
Editoriale
Non appena ci si domanda cosa sia la disabilità, e ancor più quando cerchiamo di definire una persona disabile, insorgono molte difficoltà: prescindendo dalla distinzione tra “fisico” e “mentale”, quand’è che un impedimento o una disfunzione si trasforma in una disabilità che caratterizza l’esistenza di una persona? È qui determinante una funzione (assente o insufficiente) del corpo? Poiché il “mio” corpo è essenzialmente finito, cos’è che davvero limita la mia esistenza e il mio corpo? La disabilità, se vogliamo continuare a utilizzare questa parola, dipende dall’età, dalla situazione, dalla famiglia, e tocca tutti i livelli dell’esistenza umana: corpo, mente, apprendimento, comportamento… e religione. La base di questa riflessione è pertanto l’antropologia: anzi, l’antropologia delle religioni potrebbe aiutare o negare l’identità delle persone. Dal punto di vista della teologia critica, è innanzitutto importante analizzare cosa, nella storia del pensiero, ha differenziato il “diverso” o, più direttamente, quali sono state e seguitano ad essere le condizioni che escludono dal bene comune le persone che non vogliono o non possono essere assimilate o “normalizzate”. Tra questi presupposti, vi sono anche le posizioni di svariate religioni e, in particolare, la percezione che il cristianesimo ha avuto e tutt’ora ha delle malattie e delle limitazioni quali conseguenze di una storia di peccato. Atteggiamenti come questi e altri simili pongono una sanzione concreta e concorrono a configurare la paura pre-religiosa della diversità: a partire da qui, contribuiscono a creare la figura del “mostro”, della “strega”, del “disgraziato” (letteralmente, privo di grazia) che devono essere nascosti, fatti sparire. Soprattutto, nella società moderna liberale e consumista, una certa spiritualità e una certa teologia portano con sé anche il rischio di approvare con la propria benedizione l’ideale di un corpo e di un’esistenza secondo i canoni di una perfezione (an)e- stetizzante, destinata a generare soltanto ulteriore sofferenza. Al contrario, riformare la chiesa equivale a costruire una chiesa nel segno dell’ospitalità. Su questo punto, si tratta di dar voce alle esperienze positive che si dimostrano resistenti a qualunque forma di normalizzazione del diverso. Riteniamo, tuttavia, che sia importante dar voce anche alle famiglie e alle persone che vivono le proprie vite in compagnia di un’invalidità permanente. Troppo spesso le persone non disabili pregiudicano questo discorso. Lasciare la parola agli altri potrebbe rivelarsi probabilmente istruttivo e di certo meno paternalistico; può aiutare la teologia a ripensare in profondità la sua antropologia e la sua visione della chiesa. Dopotutto, peccare significa ribellarsi al fatto che il limite costituisce il centro del giardino (D. Bonhoeffer), che diversità e identità contribuiscono assieme al pieno sviluppo umano, che il valore di una persona è la capacità di condividere la fragilità del nostro essere creati, che è grazia. Quando pensiamo a delle capacità diverse stiamo di fatto pensando a delle questioni di potere e stiamo chiedendo la possibilità di migliorare (empower) le persone. Gli articoli del presente fascicolo sono divisi in quattro parti. La sezione introduttiva contiene soltanto il testo di Hans S. Reinders, a cui abbiamo chiesto di presentare la teologia della disabilità in quanto tale; e il suo saggio evidenzia la tensione creata dagli studi sulla disabilità in campo teologico. La seconda parte offre una lettura critica delle nostre tradizioni: dal punto di vista della catechesi e della formazione (Veronica A. Donatello), dell’ermeneutica biblica (Markus Schiefer Ferrari), della teologia sistematica (Luca Badetti) e della comprensione ecclesiale (Po-Ho Huang). Partire dalla prospettiva delle persone disabili dona nuove occasioni di riflessione. Un ripensamento dell’umanità è il compito che si prefigge la terza parte.
Si tratta di rivedere le nostre idee di cosa significhi essere umani e quale sia la funzione della sua storia (Bernhard Nitsche). Per esempio, ripensare il modello della carità può anche contribuire a migliorare il percorso per la difesa dei diritti delle persone con disabilità a partire dalla nostra comune dignità (Anne Masters) e dal nostro vivere in solidarietà e compassione in una casa comune (Stephen Arulampalam). Da questo punto di vista, la teologia cristiana può offrire un modello anche al di fuori della propria tradizione (Naeimeh Pourmohammadi). La quarta parte propone alcune provocazioni per continuare la riflessione teologica. Un breve commento del lavoro svolto in questi anni dal Consiglio ecumenico delle chiese (Samuel George) aiuta a mettere in luce quanto già viene fatto a livello mondiale. Due contributi prendono come punto di partenza la posizione delle persone disabili nella liturgia (Talitha Cooreman- Guittin) e nel ministero (Miriam Spies), due aree sensibili che si rivelano non di rado dei momenti in cui vari discorsi possono risultare falsificati. Il progetto di questo fascicolo termina con uno sguardo sull’eterotopia dei luoghi in cui il volto buono della solidarietà può essere mostrato e nei quali siamo confortati dalla speranza di essere guariti nelle nostre ferite (Martin M. Lintner). Mentre stavamo ideando e costruendo questo fascicolo di Concilium siamo stati toccati da due avvenimenti in particolare. Il primo riguarda la notizia degli abusi commessi da Jean Vanier. Sebbene questi crimini li abbia commessi contro donne adulte e non disabili, la sua figura certamente ne rimane segnata e i suoi scritti e il suo pensiero ne ricevono una luce del tutto spiacevole: come testimoniato dal presente numero, non possiamo agire in compartimenti stagni, ma l’intersezionalità dei problemi ci costringe ad avere uno sguardo critico che punta alla trasformazione strutturale del problema. Dobbiamo riconoscere i meriti dell’Arca per aver avuto il coraggio di svolgere un’indagine indipendente e trasparente sull’accaduto1. La seconda pietra d’inciampo è stata la pandemia che ha colpito tanto duramente il mondo intero recandogli danno nel suo insieme. Ci siamo sentiti fiaccati nelle nostre possibilità: non solo noi, sapendo che gran parte dell’umanità si trova ancora in questa situazione. Abbiamo vissuto confinati, tagliati fuori dalle decisioni, impediti negli spostamenti e guardati a vista. La normalità si è fatta anormale, o forse abbiamo soltanto visto più chiaramente che mai quelle barriere e quelle divisioni che la cosiddetta normalità è in grado di innalzare. L’egoismo del mondo ricco ha sperimentato la violenza delle sue società volgersi contro di sé. Ciò non ci consente di relativizzare la questione della disabilità, ma di affermare che essa è un’espressione della violenza della società moderna: lo stato di eccezione (G. Agamben) ha svelato il proprio potere globalizzante. La chiesa non ne è immune. Margareta Gruber Po-Ho Huang Gianluca Montaldi Vallendar (Germania) Tainan (Taiwan) Brescia (Italia) (traduzione dall’inglese di Chiara Benedetti)